Sciopero all’università bicocca contro tagli governo e precarietà nel mondo accademico

I lavoratori precari delle università italiane manifestano a Milano contro i tagli ai fondi e la riforma Bernini, denunciando la crescente precarietà e il rischio di privatizzazione del sistema universitario.
L’articolo descrive la protesta dei lavoratori precari dell’università Bicocca di Milano contro i tagli ai fondi pubblici, la precarietà e la riforma Bernini, denunciando la crescente privatizzazione e frammentazione del sistema universitario italiano. - Unita.tv

Nel contesto attuale delle università italiane, si sono intensificate le mobilitazioni dei lavoratori precari contro le riduzioni di fondi e la crescente precarietà. Ieri mattina, davanti all’università Bicocca di milano, si è tenuta una manifestazione che ha richiamato l’attenzione sulla situazione critica delle università pubbliche. Lo sciopero nazionale, indetto dal sindacato di base Cub, ha puntato i riflettori sulle politiche governative che penalizzano la ricerca, la didattica e chi vi lavora con contratti instabili.

La manifestazione dei lavoratori precari a milano bicocca

Il presidio si è svolto in piazza dell’Ateneo Nuovo, proprio sotto l’Edificio U6 dell’università Bicocca. I lavoratori precari, tra ricercatori, docenti e personale tecnico-amministrativo con contratti a termine o part time involontari, hanno esposto uno striscione all’interno dell’ateneo e hanno voluto rendere visibile il loro dissenso con una presenza decisa. Sono scesi in piazza per denunciare i tagli al finanziamento pubblico che rendono difficile garantire condizioni di lavoro dignitose e un ambiente di ricerca stabile.

La protesta è stata organizzata in risposta alla riforma Bernini, che molti manifestanti considerano un’ulteriore spinta verso la privatizzazione dell’università e la riduzione del ruolo pubblico. La mobilitazione ha messo in evidenza come il sistema universitario sia sempre più frammentato, con atenei in competizione tra loro e una dipendenza crescente da finanziamenti esterni, spesso con interessi privati che prevalgono su quelli collettivi o scientifici.

I problemi alla base dello sciopero: tagli, precarietà e privatizzazione

Da anni i lavoratori delle università osservano che le riforme attuate portano a una decisa riduzione delle risorse pubbliche. Una conseguenza evidente è il diffondersi della precarietà professionale, che tocca non solo i ricercatori, ma anche il personale con contratti atipici nei servizi. Molti di loro vivono situazioni di lavoro instabile, con contratti poco chiari e part time non voluti. Il rischio di perdere l’impiego o di subire ripercussioni a fronte di proteste ha creato un clima di insicurezza diffusa.

Il fronte contro i tagli chiede un’inversione di rotta che permetta di aumentare la stabilizzazione delle figure chiave nella ricerca e nell’insegnamento, oltre a portare all’internalizzazione degli appalti esterni. La presenza crescente di soggetti privati in settori prima esclusivamente pubblici è vista come un elemento che altera l’obiettivo principale delle università: la qualità della ricerca e della didattica, orientandolo verso interessi industriali e di profitto.

La riforma Bernini e il rischio di un sistema universitario diviso

Secondo i manifestanti, la riforma Bernini non fa altro che consolidare un modello che indebolisce il ruolo pubblico dell’università. Riducendo i fondi statali, le università sono costrette a cercare altro sostegno, spesso da soggetti privati, ciò comporta un conflitto di interessi che rischia di orientare ricerche e insegnamento verso obiettivi economici. Al centro non c’è più la qualità scientifica o formativa, ma l’interesse del mercato.

Il risultato è un’ateneo sempre più diviso, in cui la competizione tra università diventa spietata. Per i lavoratori, questo si traduce in condizioni contrattuali sempre più precarie e in una crescente instabilità. Lo sciopero rappresenta dunque una risposta a un sistema che rischia di perdere di vista la sua missione principale, sacrificando ricercatori e personale sui tagli di bilancio e sulla mercificazione della cultura e della conoscenza.