Un gommone con 63 migranti a bordo, in viaggio dal 29 gennaio da Zawia, Libia, è stato recuperato dal veliero Nadir dopo circa 30 ore in mare. Nel viaggio sono morte tre persone, tra cui due bambini di due anni. Lo scafista, disperato per la mancanza d’acqua e cibo, si è gettato in mare prima dell’arrivo del soccorso. I sopravvissuti hanno raccontato quanto accaduto alla polizia e alla Croce Rossa durante l’arrivo a Lampedusa.
La partenza e le condizioni del viaggio dal punto di vista dei migranti
Il gruppo di 66 persone ha lasciato la costa libica a metà giornata di mercoledì 29 gennaio, scegliendo un gommone come unico mezzo di traversata verso l’Europa. Alla partenza, le scorte di carburante erano già scarse e si esaurirono dopo circa 36 ore. Le risorse di acqua e cibo si sono terminate ancora prima, lasciando le persone a bordo in una condizione critica. Le temperature rigide, l’umidità e la pressione psicologica hanno aggravato le condizioni di bambini e adulti.
Testimonianze e stato psicologico
Le testimonianze raccolte dagli agenti e dal personale medico hanno sottolineato la sofferenza crescente. Lo scafista, un uomo di origine nigeriana, ha visto la situazione precipitare nel giro di poche ore. Il gruppo era in balia delle onde, senza possibilità di orientarsi e senza mezzi per comunicare la posizione. Il panico ha preso il sopravvento, alimentato dalla paura di morire.
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Le vittime del viaggio e le cause dei decessi
I due bambini ghanesi di appena due anni sono tra le vittime più giovani, morti per diverse cause concomitanti. La mancanza di acqua e cibo ha causato una rapida disidratazione e debilitazione. Inoltre, entrambi presentavano ustioni sulla pelle, probabilmente causate dall’esposizione prolungata al sole e dal contatto con le superfici del gommone, nonché dal freddo e dall’acqua salata.
La terza vittima è un uomo nigeriano di 35 anni, che secondo il racconto del fratello presente a bordo ha avuto un malore improvviso durante la traversata. Nonostante i tentativi di soccorso da parte dei compagni, le condizioni sono peggiorate fino al decesso. Questo episodio ha aumentato il senso di angoscia fra i migranti.
Lo scafista, probabilmente schiacciato dal peso degli eventi e dalle responsabilità , si è lanciato in mare pochi minuti prima dell’arrivo del veliero Nadir. Il suo corpo non è mai stato ritrovato, e per questo motivo risulta ufficialmente disperso.
Il soccorso e successivo arrivo a lampedusa
Sabato 1 febbraio, dopo quasi 30 ore in mare, il veliero Nadir ha individuato il gommone e ha iniziato le operazioni di soccorso. Sul posto è intervenuta la Guardia costiera italiana e il personale della Croce Rossa. I migranti sono stati trasportati a Lampedusa, dove medici e psicologi hanno immediatamente preso in carico il gruppo.
I sopravvissuti sono stati ascoltati dalla polizia in merito alle condizioni del viaggio, ai problemi incontrati e alle difficoltà vissute a bordo. La Croce Rossa ha offerto supporto psicologico per alleviare i traumi legati all’esperienza. Gli operatori hanno lavorato per catalogare le informazioni e preparare rapporti sulle condizioni di partenza e le dinamiche del viaggio.
Il gruppo rimane sotto osservazione sanitaria, in particolare per gli effetti della disidratazione e dell’esposizione prolungata agli agenti atmosferici.
Contesto migratorio e rischi sulle rotte dal nord africa all’italia
I fatti avvenuti con questo gommone sono solo l’ultimo drammatico capitolo della traversata che molti migranti cercano di affrontare dal nord africa verso l’Europa. Le rotte via mare restano molto pericolose, specialmente quando i mezzi utilizzati sono imbarcazioni precarie o sovraccariche. Il blocco o la carenza di carburante spesso lascia i migranti alla deriva, esposti alle intemperie per molte ore o giorni, senza assistenza.
La mancanza di acqua e cibo a bordo genera emergenze mediche frequenti. Le autorità italiane e le organizzazioni umanitarie cercano di intervenire più rapidamente possibile, ma i rischi restano elevati. L’arrivo dei soccorsi, seppur fondamentale, arriva spesso dopo che molti hanno subito danni irreparabili o sono già morti.
Le vittime di questa traversata restano un monito sulle emergenze umanitarie legate alle migrazioni nel Mediterraneo, e sugli sforzi necessari per controllare i flussi e garantire la sicurezza delle persone in viaggio. Questi episodi vengono registrati dalle forze di polizia, dagli enti di assistenza, e contribuiscono a formare i rapporti internazionali sulle migrazioni nel 2025.