Tredici cantine e cinque comuni si sono messi insieme per un progetto speciale: creare un vino unico, un blend di uve rosse del 2024. L’obiettivo? Valorizzare il territorio, mantenere vive le tradizioni vitivinicole e dare una spinta allo sviluppo locale. E non è solo vino: è la voglia di raccontare, con forza, la storia e l’identità delle tre zone di produzione del nord ovest sardo.
Un vino che parla di collaborazione e identità
Al centro di tutto c’è una bottiglia, unica nel suo genere. Dentro ci sono Cannonau, Cagnulari, Pascale e Zirone, quattro uve rosse tipiche raccolte quest’anno. Le aziende coinvolte sono tredici, sparse tra Coros, Romangia e Nurra, le tre zone con più vigneti della Sardegna.
Il blend è nato nella cantina Podere 45, guidata dai fratelli Saccu: Valentina, Chiara e Gian Piero, che è anche vicepresidente dell’associazione Vinos. Podere 45 non è l’unica realtà coinvolta; ci sono anche Cantina Mario Bagella, Cargiaghe, Ledà, Carpante e altre. Insieme hanno messo in comune esperienze, storie e tradizioni legate a questa terra.
Questa bottiglia non è solo un prodotto. È un simbolo, un segno tangibile di unione tra produttori e territori. Un gesto che racconta il legame forte tra chi coltiva la terra e le comunità che la abitano.
Vignaioli custodi della terra, tra rispetto e tradizione
Il progetto, partito nel 2023, segue una strada chiara: niente chimica pesante. Si evita l’uso massiccio di fitofarmaci e diserbanti sintetici. A spingere in questa direzione c’è soprattutto Gian Piero Saccu. Qui si coltiva rispettando il paesaggio e le risorse naturali, senza forzare.
Mario Bagella, presidente di Vinos, ricorda che i vignaioli non sono solo agricoltori, ma anche custodi di paesaggi e tradizioni. Dietro ogni vite c’è un pezzo di storia e un impegno per uno sviluppo sostenibile, che tenga insieme economia e tutela dell’ambiente.
Nel nord ovest della Sardegna la viticoltura è un lavoro di squadra. Ogni produttore porta sul campo conoscenze e pratiche radicate, frutto di un legame diretto con la propria terra. Il confronto tra aziende e istituzioni aiuta a diffondere metodi più rispettosi e a valorizzare il sapere locale.
Il vino come ponte per il turismo e la cultura
Tra gli obiettivi c’è anche quello di dare una spinta all’enoturismo, cioè far arrivare qui chi vuole scoprire i vini e i luoghi dove nascono. L’idea è mostrare la ricchezza delle microzone, i loro climi particolari e la storia di ogni vitigno.
Si vuole creare un dialogo aperto tra esperienze diverse, per migliorare la qualità dei vini e farli conoscere a un pubblico più ampio.
Questo vino diventa così un ambasciatore: porta con sé un patrimonio fatto di archeologia, storia e cultura di territori diversi. I sindaci dei comuni coinvolti hanno mostrato grande sostegno, pronti a seguire da vicino queste iniziative.
Alla presentazione ha partecipato anche Giovanni Antonio Sechi, vicepresidente nazionale della Città del Vino, che ha dato ancora più peso all’incontro e alla rete tra produttori e istituzioni.
Un progetto che diventa un modello di collaborazione. Un segnale chiaro: il vino qui non è solo una bevanda, ma un collante sociale e culturale capace di unire comunità e territori.
Ultimo aggiornamento il 19 Luglio 2025 da Serena Fontana