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La Sardegna tra tradizione e sfide demografiche: il lavoro resta ancorato a settori poco tecnologici

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Sardegna, lavoro tradizionale e sfide demografiche in un’isola poco tecnologica. - Unita.tv
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La Sardegna evidenzia una struttura economica legata a settori tradizionali con scarsa adozione di tecnologie avanzate. Il mercato del lavoro isolano mostra difficoltà a generare opportunità stabili, soprattutto per giovani e donne. La conseguenza è un progressivo spopolamento delle fasce attive della popolazione, con effetti pesanti sull’equilibrio sociale e economico dell’isola.

Il sistema produttivo sardo e la fatica ad adattarsi ai cambiamenti tecnologici

Il modello produttivo della Sardegna resta ancorato ad attività con basso contenuto tecnologico, in gran parte riferite all’agricoltura, al turismo stagionale e a produzioni artigianali. Questa struttura limita la capacità di rispondere alle trasformazioni portate dall’innovazione digitale e dall’intelligenza artificiale. Nonostante alcune imprese abbiano iniziato a investire in nuove competenze e processi, la diffusione resta minima e frammentata.

La mancanza di aggiornamento tecnologico influisce anche sulla produttività e sui livelli retributivi. Gli investimenti in capitale umano e in tecnologia non raggiungono livelli sufficienti ad avvicinarsi alle performance delle regioni con economie più moderne. Il risultato è una concorrenza limitata fuori dai confini regionali e fasce di mercato poco diversificate. Lo scenario rimane quello di un’economia che vive di rendita, concentrandosi su settori a bassa complessità e valore aggiunto.

Inoltre, la stagionalità di molti lavori incide negativamente sulla stabilità occupazionale e sul reddito degli addetti, impedendo la costruzione di carriere durature e favorendo un ricambio limitato del capitale umano. I rischi di precarietà coinvolgono maggiormente le categorie più vulnerabili, consolidando un circolo vizioso di scarsa innovazione e debolezza economica.

Dinamiche demografiche e mercato del lavoro: disoccupazione e precarietà su base generazionale

La Sardegna mostra segnali inequivocabili di invecchiamento e spopolamento della base occupazionale. Negli ultimi dieci anni, il numero di persone tra i 20 e i 64 anni si è ridotto di circa 118mila unità, con un calo accentuato tra i giovani tra i 20 e i 34 anni che supera il 22%. Il tasso di occupazione complessivo si è migliorato nel periodo 2021-2024, passando dal 57% al 62%, e il tasso di disoccupazione ha toccato l’8,3%, minimo dal 1974. Tuttavia, in confronto al resto d’Italia, la crescita resta modesta.

Le condizioni del mercato del lavoro penalizzano fortemente le donne e i giovani, esposti a contratti a termine, part-time involontario e occupazione stagionale. Più della metà delle assunzioni è legata a lavori temporanei, con pochi sbocchi verso la stabilizzazione. Queste condizioni spingono molti giovani a cercare opportunità al di fuori dell’isola, soprattutto laureati. Dopo cinque anni dalla laurea, il 20% dei neolaureati sardi lavora fuori Sardegna, sottraendo risorse preziose al sistema locale.

La minor domanda di lavoro stabile accelera lo spopolamento delle aree interne, dove l’età media sale rapidamente. Ne deriva un aumento dei costi sociali ed economici, un ridotto numero di contribuenti attivi e una crescita al rallentatore che si riflette sulle condizioni di vita delle comunità locali.

Impatto della stagionalità e prospettive economiche tra produttività e reddito pro capite

La componente stagionale pesa significativamente sul mercato del lavoro isolano. La Sardegna si colloca ai primi posti in Italia per incidenza del lavoro stagionale, con il 58% della domanda di lavoro legata a queste forme contrattuali. Questo fa emergere un mercato del lavoro caratterizzato da instabilità e forte oscillazione tra periodi di occupazione e disoccupazione.

Le proiezioni indicano un ulteriore calo della popolazione in età lavorativa nei prossimi dieci anni, fino a 122mila unità. Senza interventi mirati sulle politiche del lavoro e investimenti in produttività, il numero di occupati potrebbe scendere di 76mila unità. Questa flessione ridurrebbe il reddito pro capite reale degli abitanti dell’isola di circa il 6,5% al netto dell’inflazione.

L’aumento della produttività potrebbe consentire una crescita del PIL regionale fino a 9 miliardi di euro, solo investendo su formazione, modelli organizzativi e processi produttivi più efficaci. Questo dato evidenzia il divario con regioni più avanzate e il potenziale non sfruttato dal sistema imprenditoriale isolano.

Secondo i rappresentanti di CNA Sardegna, il quadro del lavoro nell’isola appare dimostrativo delle criticità strutturali. Gli incrementi occupazionali si concentrano in settori a basso valore aggiunto, mentre permangono problemi di qualità del lavoro che rendono difficile affrontare la competizione economica contemporanea, segnata da rapidi cambiamenti tecnologici.

Il mercato del lavoro sardo si trova a un bivio: o riesce a migliorare stabilità, formazione e processi produttivi oppure rischia di diventare sempre più marginale nel contesto nazionale, con effetti crescenti sull’equilibrio demografico e sociale dell’isola.

Ultimo aggiornamento il 26 Luglio 2025 da Luca Moretti

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Luca Moretti

Luca Moretti è un blogger e analista indipendente con un forte focus su politica e cronaca. Con uno stile incisivo e documentato, approfondisce temi di attualità nazionale e internazionale, offrendo ai lettori chiavi di lettura chiare e puntuali. Il suo lavoro è guidato da una costante ricerca della verità e da un impegno verso l’informazione libera e consapevole.

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