Nel carcere di Uta, un luogo nato per la rigida osservanza delle regole si trasforma grazie all’arte. La sala d’attesa riservata ai visitatori, spesso uno spazio freddo e teso perché destinato a famiglie e in particolare a bambini che attendono di incontrare i genitori detenuti, ha cambiato volto. L’intervento artistico dello street artist Manu Invisible ha portato colori e messaggi positivi, rendendo l’ambiente più accogliente e meno opprimente. Questo spazio rinnovato si inserisce in un progetto volto a garantire ai minori maggiore serenità in momenti difficili come quelli del controllo e dell’accesso ai colloqui con persone sottoposte a detenzione.
La sala d’attesa a misura di bambino: un cambio d’immagine nello spazio carcere
La sala d’attesa della casa circondariale di Uta, fino a poco tempo fa uno spazio grigio e impersonale, si è trasformata in un ambiente pensato per accogliere bambini e familiari in modo più umano. Qui, soprattutto i più piccoli, trascorrono attimi di attesa delicati, prima di incontrare i genitori reclusi. Le pareti e lo spazio prima spoglio ora mostrano opere realizzate dallo street artist Manu Invisible, che ha utilizzato stencil per creare immagini e scritte dai messaggi incisivi. L’obiettivo era trasformare un “non-luogo”, carico di tensioni, in un ambiente che non aumenti la sensazione di ansia ma offra un punto di sollievo visivo e psicologico.
L’inaugurazione è avvenuta in una cerimonia ufficiale alla presenza di Pietro Borruto, direttore della struttura, Manu Invisible, Elenia Carrus responsabile del progetto “Liberi dentro per crescere fuori” e Ugo Bressanello per Exmè & Affini, partner artistico del progetto. L’iniziativa nasce con un’intenzione chiara: migliorare la qualità dell’attesa per famiglie e in particolare per i bambini, offrendo uno spazio che parla di amplificazione dei legami e rispetto per chi si trova a vivere la detenzione di un proprio caro.
Il direttore Borruto ha spiegato che il percorso intrapreso vuole garantire che l’arte aiuti a esprimere la personalità, specie dei più piccoli, in un contesto difficile. Il luogo, ora colorato e pensato per accogliere, diventa strumento per permettere ai minori di mantenere e rafforzare il rapporto con il genitore. Questo progetto si lega al principio rieducativo della pena, dando spazio alla cura delle relazioni familiari.
Mano invisibile e i messaggi nascosti: la street art al servizio del legame familiare
Manu Invisible ha saputo interpretare con gli stencil un linguaggio che parla direttamente alle emozioni di chi visita la casa circondariale. Le scritte sparse nello spazio evocano momenti quotidiani e piccoli gesti di affetto concessi tra genitori e figli: giocare insieme, accarezzarsi, mangiare. L’artista insiste sul ribaltamento del messaggio come punto centrale della street art e conferma che questo lavoro si inserisce coerentemente nel suo percorso artistico.
L’uso di colori vivi e figure semplici non è solo estetico, ma serve a veicolare un concetto di vicinanza affettiva e calore umano in un luogo dove spesso prevalgono la freddezza e la distanza. Le opere rendono la sala d’attesa un frammento di normalità, invitando i visitatori a sentirsi meno estranei in quell’ambiente. Questa nuova atmosfera può alleviare la tensione e far sentire i bambini più protetti.
Ugo Bressanello, coinvolto nel progetto artistico, ha definito l’intervento una forma concreta di rispetto verso le famiglie, mettendo in luce quanto la cura dell’ambiente contribuisca a offrire dignità soprattutto ai più piccoli. Il colore vivo diventa così uno strumento per portare speranza in un contesto segnato dall’impatto della detenzione.
Liberare la crescita: il progetto che sostiene i legami tra minori e genitori detenuti
L’opera artistica inserita nella casa circondariale di Uta fa parte del progetto “Liberi dentro per crescere fuori”, selezionato da Con i Bambini grazie al Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. L’iniziativa si presenta come una risposta concreta ai problemi che incontrano i figli di genitori incarcerati, tentando di ridurre gli effetti della separazione forzata.
Elenia Carrus, responsabile del progetto e rappresentante della cooperativa Elan, spiega che l’obiettivo è rafforzare il legame affettivo, attraverso interventi concreti, che non riguardano solo la visita ma tutto un percorso multidimensionale. Sono attivati supporti personalizzati, che coinvolgono la famiglia sotto più aspetti e permettono un approccio mirato e sensibile alla realtà di questi minori.
L’azione artistica è uno degli strumenti utilizzati per intervenire sulle condizioni emotive di chi frequenta il carcere, contribuendo a creare condizioni migliori per un incontro più sereno. L’intervento rientra in una strategia più ampia che punta a facilitare il passaggio dalla detenzione alla libertà e quella ricostruzione di legami che è centrale in un percorso di crescita.
Il progetto, in corso a Uta, mette a fuoco la necessità di riconoscere ai minori un diritto a vivere la relazione familiare anche in momenti complessi, offrendo loro spazi e strumenti che aiutano a gestire la situazione. L’impegno diretto e strutturato della cooperazione sociale e degli esperti coinvolti mette in evidenza la volontà di garantire, oltre alla sicurezza, anche la dimensione umana necessaria a chi vive la detenzione di un genitore.
Ultimo aggiornamento il 18 Luglio 2025 da Giulia Rinaldi