La proposta di spostare un gran numero di detenuti in regime di 41 bis nelle carceri della Sardegna ha scatenato una forte reazione tra le autorità regionali. La presidente della Regione, Alessandra Todde, ha espresso preoccupazioni precise sul piano, denunciando un dialogo inesistente con il Ministero della Giustizia e sollevando questioni riguardanti sicurezza e impatti sociali. Vediamo cosa è accaduto e quali sono i punti di contrasto principali.
Polemica per il trasferimento di 92 detenuti al 41 bis nelle carceri di uta
Il 18 giugno 2025, Alessandra Todde ha scritto al ministro della Giustizia Carlo Nordio per segnalare criticità legate all’ipotesi di spostare 92 detenuti in regime di 41 bis nel penitenziario di Uta, vicino a Cagliari. Tale notizia, anticipata dalla stampa locale, ha trovato conferma tramite una lettera ufficiale inviata da Ernesto Napolillo, direttore generale del Dipartimento detenuti e trattamento al ministero, a diversi rappresentanti istituzionali sardi. Nella comunicazione si annunciava che il trasferimento era stato deciso e si invitavano le autorità a predisporre le misure necessarie.
Todde ha sottolineato il silenzio istituzionale del Ministero, che non ha mai risposto alla sua lettera. La governatrice ha definito inaccettabile che la Sardegna venga trattata come “laboratorio per esperimenti pericolosi”, riferendosi proprio al regime detentivo duro previsto dal 41 bis, che da sempre comporta una gestione molto complessa e rischi legati a tensioni interne e sociali.
Il trasferimento riguarda detenuti appartenenti a gruppi criminali legati alla mafia, condannati per reati gravi e sottoposti a misure restrittive severe finalizzate a limitare i contatti con l’esterno. La decisione, che ha generato diversi malumori, arriva in un momento in cui il sistema penitenziario sardo si trova già sotto pressione per problemi strutturali e di organico.
Impatti attesi su sicurezza, sanità e tenuta sociale della Sardegna
Nel suo documento al ministro Nordio, Todde ha evidenziato vari elementi che rendono problematica la scelta del ministero. Innanzitutto, la Sardegna è definita dal procuratore generale una regione “a forte rischio di sviluppo mafioso”. La presenza di detenuti al 41 bis, da lei considerata un potenziale fattore di rafforzamento delle alleanze tra clan mafiosi tradizionali e le organizzazioni criminali locali, potrebbe acuire le tensioni in un contesto già delicato.
Un altro aspetto riguarda la sicurezza interna delle strutture carcerarie. La carenza di personale della polizia penitenziaria, denunciata nei mesi precedenti, ha contributo a episodi gravi, come la fuga di Marco Raduano dal carcere di Nuoro nel 2023. Il regime del 41 bis richiede una stretta sorveglianza e risorse umane adeguate per evitare situazioni di pericolo sia per gli operatori sia per la comunità esterna.
Inoltre, la governatrice ha sollevato dubbi sull’impatto sanitario che il trasferimento può causare, senza un adeguato piano di supporto. Spostare molti detenuti gravati da condizioni fisiche e psicologiche delicate potrebbe sovraccaricare le strutture sanitarie regionali, aggravando la gestione delle patologie e aumentando i rischi di crisi. Il sistema sanitario sardo, alle prese con vari problemi di carenza e organizzazione, non sembra pronto a gestire questo aumento improvviso di bisogno.
Dal punto di vista sociale ed economico, si teme che questa decisione possa creare tensioni e instabilità nell’area di Cagliari. La maggiore presenza di detenuti a regime duro potrebbe influire sul clima di sicurezza percepito e sui rapporti tra cittadini e istituzioni. Todde sostiene che siano necessari interventi strutturali per preparare il territorio a questa trasformazione.
Mancanza di confronto tra la Regione Sardegna e il ministero della giustizia
Un punto chiave della protesta è l’assenza totale di dialogo tra la Regione Sardegna e il Ministero della Giustizia. La lettera inviata da Todde non ha ricevuto risposta ufficiale, nonostante le conseguenze potenzialmente rilevanti per l’isola. Questa mancanza di comunicazione è vista come una grave mancanza nei rapporti istituzionali e un segno di disprezzo verso le istanze locali.
Il trasferimento deciso dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria è stato comunicato a vari soggetti istituzionali tramite una nota di Napolillo, che però non ha coinvolto la Regione in nessuna fase di confronto preventivo. Il governo locale denuncia così una violazione del principio di leale collaborazione tra enti pubblici, fondamentale per coordinare misure che hanno ricadute territoriali.
Questo scontro rappresenta una spaccatura netta tra i livelli di governo, con la Regione che insiste sull’urgenza di un piano condiviso e sostenibile, anche per evitare danni a lungo termine alla sicurezza e al sistema sociale isolano. Chi si occupa di giustizia, secondo Todde, dovrebbe tenere conto delle peculiarità locali, delle criticità attuali e dei rischi generati da un trasferimento massiccio e improvviso di detenuti speciali.
L’assenza di un confronto concreto lascia aperti molti interrogativi sulle modalità operative che saranno adottate e su come si intenda gestire nel dettaglio questa operazione che coinvolge direttamente la Sardegna e la sua comunità.
L’evoluzione di questa vicenda resta sotto stretta osservazione da parte di tutte le autorità locali e nazionali interessate, mentre cresce la richiesta di garanzie su trasparenza, sicurezza e tutela della popolazione.
Ultimo aggiornamento il 24 Luglio 2025 da Elisa Romano