Salvatore cristiano misasi e il viaggio in handbike per conquistare la calabria e superare barriere
Salvatore Cristiano Misasi affronta una sfida di 545 chilometri in handbike attraverso la Calabria, per sensibilizzare sulla disabilità e promuovere l’inclusione sociale, superando limiti personali e culturali.

Salvatore Cristiano Misasi, nato con tetraparesi spastica, affronta la sfida di attraversare la Calabria in handbike per 545 km, promuovendo una nuova narrazione della disabilità basata su autonomia, rispetto e inclusione sociale. - Unita.tv
La determinazione di salvatore cristiano misasi emerge da un percorso di vita segnato da sfide fisiche e personali. Nato con tetraparesi spastica, a 27 anni ha deciso di affrontare un’avventura particolare: attraversare la calabria in handbike, pedalando per 545 chilometri attraverso tre parchi nazionali e dodici tappe in altrettanti giorni. Dietro a questo viaggio c’è la volontà di superare limiti personali e sociali, portando l’attenzione sulla disabilità e sulle difficoltà quotidiane di chi convive con queste condizioni. Un racconto intenso, con un seguito diretto anche da un documentarista, e supportato da una raccolta fondi online.
La riscoperta della disabilità e il punto di partenza del viaggio
Alla soglia dei vent’anni salvatore ha vissuto una nuova consapevolezza della sua disabilità. Ha cambiato ausili e raggiunto quasi totale autonomia domestica, ma sono stati gli incontri con alcune persone a cambiare il suo sguardo sul mondo. In particolare, l’incontro con il documentarista alessandro villa e il suo fratello federico, dell’associazione piccoli diavoli 3 ruote di carate brianza, ha rinnovato la sua voglia di vivere. Un documentario realizzato nel 2007 da alessandro durante un viaggio a memphis gli ha fatto intravedere possibilità inattese, mostrandogli che la vita può essere piena anche senza muoversi in piedi. Questo incontro ha dato a salvatore l’energia per progettare una sfida più grande: attraversare la calabria in handbike.
Un percorso simbolico per una grande sfida
Il percorso scelto è simbolico e impegnativo. Attraversare la calabria, regione ricca di storie di briganti, ribelli e terre selvagge, rappresenta una sfida personale e una conquista. Il viaggio si estenderà per 545 chilometri divisi in dodici tappe, con l’obiettivo di affrontare non solo la fatica fisica ma anche le barriere culturali e sociali. Salvatore vuole così richiamare l’attenzione sull’accessibilità e sulle difficoltà ancora radicate nel territorio verso chi convive con disabilità.
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Superare limiti personali e sociali attraverso il viaggio
Salvatore cristiano misasi definisce il suo viaggio un riscatto sociale. L’amore per la calabria convive con un sentimento di conflitto: lui vuole superare i limiti che la terra e lui stesso si sono posti nel corso degli anni. Vuole sfidare barriere fisiche – presenti nei percorsi, negli spazi pubblici – e barriere mentali, come pregiudizi e atteggiamenti di chi osserva la disabilità da lontano o la evita. Questo viaggio diventa così un messaggio chiaro: le difficoltà devono essere raccontate in modo più diretto e genuino. Salvatore chiede, infatti, di uscire dalla sua “zona di comfort” e di far vedere che la disabilità non è solo straordinarietà, ma anche quotidianità con la quale confrontarsi.
La scelta della calabria come sfondo
La scelta della calabria non è casuale: il territorio offre paesaggi difficili e un contesto dove la sensibilità verso disabilità è spesso poco sviluppata. Salvatore punta a coinvolgere le istituzioni e la gente comune, vogliono stimolare una riflessione vera su quali ostacoli si possono abbattere e quali ancora ci sono. Così, oltre a pedalare con grande impegno fisico, cerca di creare un racconto vivo, sul campo, dove le difficoltà sono ben visibili.
Una nuova narrazione della disabilità per cancellare stereotipi
Nel racconto di salvatore emerge la necessità di una narrazione diversa riguardo la disabilità. Esistono due immagini oggi molto diffuse: quella degli atleti paralimpici, spesso considerati eroi, e quella delle persone con disabilità “normali”, cioè che vivono al di fuori di eventi spettacolari, spesso viste con pietà o ignorate. Salvatore si definisce un “disabile medio”, che vorrebbe essere semplicemente trattato come una persona qualunque. Vuole far capire che non serve solo ammirazione o pietà, ma riconoscimento e rispetto.
Raccontare storie poco conosciute
Portare avanti questa narrazione significa anche raccontare storie poco conosciute. Salvatore cita il documentarista alessandro villa, con cui condivide un legame profondo, e intende riportare sotto i riflettori il film girato anni fa dal regista. Questo ritorno serve a costruire un ponte tra generazioni e realtà diverse di vita con disabilità. Alla fine del viaggio alessandro e federico saranno lì, a testimoniare quanto quell’incontro ha significato e a suggellare un’amicizia nata attraverso esperienze forti.
Il ruolo della fondazione bullone e la svolta nella scrittura
Far parte della fondazione bullone ha rappresentato per salvatore un nuovo inizio in termini di lavoro e progettualità personale. La fondazione, attiva nel sostegno di persone con disabilità, ha offerto a lui la possibilità di seguire un corso di scrittura. Qui ha potuto coltivare una passione a lungo trascurata e trasformare così il proprio modo di esprimersi. Salvatore racconta di essersi sentito come un falchetto che viene aiutato a volare.
Questo percorso l’ha portato a essere assunto, realizzando la newsletter per un’azienda come barilla. In questo modo, la scrittura è diventata un lavoro concreto, che gli ha consentito di riscrivere la sua storia personale. Grazie al bullone ha ridefinito se stesso, non più solo come persona limitata dalla disabilità, ma come individuo con una voce e un progetto da seguire. La scrittura affianca il viaggio in handbike, rappresenta un’altra forma di conquista, parallela ma complementare.
Salvatore cristiano misasi si prepara dunque a un’impresa che va oltre il gesto sportivo. Vuole lasciare un segno nella sua terra, migliorare la percezione della disabilità e portare un messaggio di autonomia e rispetto. Il suo percorso continuerà a essere seguito da vicino, con particolare attenzione al riscontro del pubblico e delle istituzioni sul tema dell’inclusione.