Risarcimento da 1,1 milioni di euro per la morte di un tecnico della Marina militare a causa dell’amianto

Il Tribunale civile di Lecce riconosce la responsabilità del Ministero della Difesa per la morte di un tecnico della Marina militare, esposto all’amianto, e ordina un risarcimento di 1,1 milioni di euro alla famiglia.
Risarcimento da 1,1 milioni di euro per la morte di un tecnico della Marina militare a causa dell’amianto Risarcimento da 1,1 milioni di euro per la morte di un tecnico della Marina militare a causa dell’amianto
Risarcimento da 1,1 milioni di euro per la morte di un tecnico della Marina militare a causa dell’amianto - unita.tv

Un tragico evento ha colpito la comunità della Marina militare, dove un tecnico di 52 anni ha perso la vita a causa di un adenocarcinoma polmonare, una malattia legata all’esposizione all’amianto. Il Tribunale civile di Lecce ha recentemente emesso una sentenza che riconosce la responsabilità del Ministero della Difesa, ordinando un risarcimento di 1 milione e 100 mila euro ai familiari della vittima. Questo caso evidenzia le gravi conseguenze dell’esposizione all’amianto e la necessità di proteggere i lavoratori da materiali pericolosi.

La vita e il lavoro del tecnico della Marina

Il tecnico, che ha dedicato la sua carriera alla manutenzione e riparazione di apparecchiature telegrafoniche e telescriventi, ha operato per anni sia a terra, presso la base di Brindisi, sia a bordo di navi della Marina militare. La sua attività, che si è protratta dal 1983 fino al momento della sua morte nel 2010, lo ha esposto a polveri di amianto, un materiale noto per la sua pericolosità. La diagnosi di adenocarcinoma polmonare è arrivata nel novembre del 2009, dopo un periodo di malessere, e la malattia si è rivelata fatale solo undici mesi dopo.

Durante il processo, è emerso che il tecnico era stato esposto a materiali coibentati con amianto, deteriorabili e pericolosi, in diverse sedi di lavoro, tra cui il Castello Svevo di Brindisi e la stazione radio Sant’Andrea di Forte a Mare. Questi luoghi, caratterizzati dalla presenza di amianto, hanno contribuito in modo significativo alla sua malattia. I testimoni hanno confermato che il tecnico era in contatto quotidiano con questi materiali, senza alcuna protezione adeguata.

La sentenza del Tribunale di Lecce

Il giudice Mario Cigna ha stabilito che non ci sono dubbi sulle cause della morte del tecnico, attribuendo la responsabilità all’esposizione a massicce quantità di amianto. La mancanza di misure di sicurezza e di dispositivi di protezione individuale ha giocato un ruolo cruciale nell’insorgenza della patologia. La perizia medico-legale richiesta ha confermato l’esistenza di una correlazione tra la malattia oncologica e le mansioni svolte dal tecnico all’interno delle navi.

La sentenza ha previsto un risarcimento significativo per la moglie, all’epoca 49enne, e per i tre figli, che nel 2010 avevano rispettivamente 13, 22 e 25 anni. Questo risarcimento, che supera il milione di euro, rappresenta un riconoscimento del dolore e della sofferenza subita dalla famiglia a causa della perdita del congiunto.

La responsabilità del Ministero della Difesa

Il Tribunale ha messo in evidenza come il Ministero della Difesa non abbia dimostrato di aver adottato le misure necessarie per garantire la sicurezza dei propri lavoratori. L’asbestosi, malattia causata dall’inalazione di amianto, era già riconosciuta come malattia professionale dal 1943, e il datore di lavoro aveva l’obbligo di proteggere i lavoratori dai rischi connessi all’uso di materiali pericolosi.

La sentenza ha chiarito che il Ministero non ha fornito prove sufficienti per esonerarsi da responsabilità, evidenziando la necessità di garantire un ambiente di lavoro sicuro per tutti i dipendenti. Questa decisione rappresenta un passo importante nella lotta contro le malattie professionali legate all’amianto e sottolinea l’importanza di proteggere la salute dei lavoratori.

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