Ricorso urgente al consiglio di stato e cancellazione del valico montano, la battaglia della regione lombardia sulla caccia agli uccelli migratori

La Lombardia contesta il divieto di caccia in 475 valichi montani, sostenuto da una sentenza del Tar, con un ricorso al Consiglio di Stato e una mozione per abolire l’istituto giuridico.
La Regione Lombardia si oppone al divieto di caccia in 475 valichi montani imposto dal Tar per proteggere gli uccelli migratori, promuovendo un ricorso al Consiglio di Stato e una mozione per abolire l’istituto del valico montano, mentre il Movimento 5 Stelle critica l’iniziativa. - Unita.tv

La regione Lombardia è tornata a farsi sentire in difesa degli interessi venatori, in particolare riguardo a una sentenza che vieta la caccia in centinaia di valichi montani per proteggere gli uccelli migratori. La questione, scaturita da un ricorso accolto dal Tar lombardo, si è tradotta in una mozione del centrodestra regionale che punta a presentare un ricorso urgente al Consiglio di Stato, ma anche a chiedere la cancellazione di un istituto giuridico. L’istituto del valico montano, nato da una legge italiana per regolare la caccia in zone sensibili alla migrazione degli uccelli, è ora al centro di una contrapposizione politica e legale molto accesa.

Il ricorso accolto dal tar della lombardia e il divieto di caccia in 475 valichi montani

La questione di partenza riguarda una sentenza emessa dal Tar della Lombardia che ha accolto il ricorso promosso dalla Lega per l’Abolizione della Caccia . Il tribunale ha bloccato la caccia in 475 valichi montani sparsi sul territorio lombardo, zone individuate come rotte migratorie degli uccelli. Questi valichi rappresentano per molte specie un passaggio obbligato durante le migrazioni stagionali e vengono protetti dalla legge per prevenire lo spargimento di caccia indiscriminata in aree particolarmente fragili per la fauna migratoria. Il Tar ha ritenuto che il divieto fosse necessario per preservare alcune specie di uccelli, imponendo così un forte limite alle attività venatorie che in quelle zone tradizionalmente erano praticate.

Questo verdetto ha scatenato una reazione immediata della maggioranza di centrodestra che guida la Lombardia. La Giunta regionale, nei giorni successivi, ha deliberato la presentazione di un ricorso urgente al Consiglio di Stato per ottenere il blocco di questa sentenza. Dietro a questa mossa c’è l’idea che il divieto imposto rappresenti un eccesso di vincolo rispetto alle tradizioni venatorie e alla normativa nazionale. Si tratta di una questione delicata perché coinvolge sia tematiche ambientali sia la regolamentazione della caccia, un settore che ha un peso rilevante in molte comunità locali lombarde.

La mozione di giacomo zamperini e fratelli d’italia per abolire il valico montano

La discussione si è ulteriormente accesa con la presentazione di una mozione che coinvolge ben 12 consiglieri regionali di Fratelli d’Italia, capeggiata da Giacomo Zamperini. In questo documento, la richiesta avanzata è duplice. Non solo si chiede di presentare con urgenza il ricorso al Consiglio di Stato ma si vuole anche avviare una pressione sul Governo e sul Parlamento per modificare la legge nazionale sulla caccia. L’obiettivo è semplice e radicale: abolire l’istituto del valico montano, cioè cancellare quella norma che recepisce una direttiva europea e regola le modalità di caccia in queste aree considerate sensibili.

La mozione impegna la Giunta lombarda a farsi portavoce di questa iniziativa, assicurandosi che venga inviata una circolare agli Ambiti di Caccia Provinciali. In particolare, si chiede che non vengano revocati gli appostamenti fissi autorizzati finché non ci sarà una sentenza definitiva, con passaggio in giudicato. Da questa scelta si capisce la preoccupazione degli operatori del settore che rischiano di perdere i diritti acquisiti sulle postazioni di caccia storiche.

In pratica, le misure proposte mirano a congelare la situazione attuale e contestualmente avviare un confronto con il Governo per modificare la legge che disciplina questo settore. Lo spostamento del dibattito dalla sede giudiziaria a quella politica evidenzia la volontà della maggioranza lombarda di rivendicare una posizione forte a tutela degli interessi venatori.

La replica del movimento 5 stelle e le critiche alla mozione di centrodestra

A questa iniziativa di Fratelli d’Italia ha risposto duramente la consigliera regionale del Movimento 5 Stelle, Paola Pollini. Il suo intervento ha messo in dubbio l’efficacia del ricorso e, più in generale, la validità delle tesi alla base della mozione. Pollini ha infatti dichiarato che, con le leggi attuali, “non ci sarebbero basi per ribaltare la sentenza del Tar e che il ricorso rischia di essere respinto per mancanza di fondamento.”

Inoltre ha sollevato dubbi sulla gestione economica della vertenza, chiedendo trasparenza su chi sosterrà i costi del procedimento legale. Nell’intervento si evidenzia come, se gli esponenti del centrodestra sono certi della loro posizione, “dovrebbero farsi carico delle spese, invece che gravare sul bilancio pubblico, cioè sui cittadini lombardi.”

Questo scambio testimonia come la questione della caccia in Lombardia resti un tema molto divisivo, con posizioni nette tra chi difende la tradizione e chi punta alla tutela delle specie migratorie. Le rispettive strategie di intervento puntano a coinvolgere in modo diretto sia la politica che la magistratura, dimostrando la complessità delle norme e delle interpretazioni.

Le implicazioni pratiche per la caccia e la tutela degli uccelli nelle zone montane lombarde

Le misure richieste nella mozione e il ricorso urgente presentato hanno una ricaduta concreta sulle attività venatorie in Lombardia. In particolare, la sospensione del divieto nei valichi montani consentirebbe ai cacciatori di continuare a utilizzare gli appostamenti fissi e, di fatto, mantenere le loro abitudini di caccia durante le migrazioni. Questo stanziamento di diritti d’uso delle postazioni rappresenta un punto centrale della controversia.

Dall’altro lato, la sentenza del Tar aveva invece imposto limiti forti nelle 475 aree identificate per proteggere le specie che attraversano regolarmente questi passaggi. Le rotte migratorie degli uccelli sono delicatissime e possono essere compromesse dall’attività venatoria, soprattutto se diffusa e non regolamentata.

Il dibattito in corso mostra un confronto acceso tra il bisogno di conservare l’ambiente naturale e le esigenze di una categoria, quella dei cacciatori, radicata e numerosa nel territorio lombardo. Le prossime settimane potrebbero vedere un confronto parlamentare sulla legge nazionale, mentre la magistratura di secondo grado è chiamata a pronunciarsi sul ricorso contro la sentenza regionale.

La situazione è destinata a influenzare sia la politica locale che le scelte di tutela ambientale in Lombardia, un territorio con paesaggi montani ricchi di biodiversità ma anche di tradizioni consolidate. Le scelte che verranno prese avranno effetti concreti sul controllo della fauna selvatica e sul futuro della caccia nelle zone di passaggio degli uccelli migratori.