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Riaperte le indagini sul duplice omicidio di fausto e iaio: nuovi sviluppi a milano dopo decenni

Riapertura delle indagini sul duplice omicidio di Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci a Milano, con focus sull’estrema destra eversiva e nuovi accertamenti per chiarire dettagli rimasti oscuri.

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Riaprono le indagini sull’omicidio di Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci a Milano nel 1978, con nuove verifiche sull’estrema destra eversiva e il supporto delle famiglie delle vittime. - Unita.tv

Il caso di Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, due giovani uccisi a Milano nel 1978, torna sotto i riflettori. Il gip di Milano ha disposto la riapertura delle indagini su mandato della procura, dopo anni di archiviazione e nuovi spunti raccolti dagli inquirenti. L’attenzione resta puntata sull’estrema destra eversiva, un capitolo oscuro della storia milanese e italiana. Le famiglie delle vittime seguono con attenzione, questa nuova fase potrà chiarire aspetti rimasti fino ad oggi sconosciuti.

La riapertura delle indagini: chiesto e ottenuto dal gip di milano

Il 2025 segna una svolta processuale importante nel caso del duplice omicidio avvenuto il 18 marzo 1978 a Milano. Il gip Maria Idria Gurgo di Castelmenardo ha accolto la richiesta avanzata dai pubblici ministeri Francesca Crupi e Leonardo Lesti. Con questa decisione, viene riaperto il fascicolo originario che riguarda l’uccisione dei 19enni Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, morti nei pressi del centro sociale Leoncavallo, un punto di riferimento importante nella scena sociale milanese dell’epoca.

Questa scelta arriva dopo che per anni il procedimento aveva subito un brusco stop. Nel 2000, infatti, la posizione di alcuni soggetti indagati era stata archiviata per mancanza di prove sufficienti. Tra gli indagati figurano Massimo Carminati, Claudio Bracci e Mario Corsi, esponenti noti della destra eversiva. Ora, il fascicolo viene riattivato, con una rilettura approfondita delle carte processuali e nuovi accertamenti affidati alla Digos di Milano. L’obiettivo è di far luce su dettagli rimasti oscuri, sfruttando strumenti investigativi moderni e nuovi indizi.

La pista dell’estrema destra eversiva tra roma e milano

La principale traccia seguita dagli inquirenti riconduce all’estrema destra neofascista, in particolare alle connessioni tra gruppi di Roma e Milano attivi alla fine degli anni Settanta. Il duplice omicidio è un episodio chiave nel quadro delle tensioni politiche di quegli anni, contraddistinti da conflitti violenti tra fazioni opposte. I pm e gli investigatori scavano nelle molteplici connectioni con l’attività eversiva di quegli anni, ricostruendo intrecci tra membri di organizzazioni paramilitari e movimenti politici di destra radicale.

Sono così passate al setaccio carteggi, rapporti e testimonianze relative a stragi, attentati e agguati che hanno segnato la stagione degli anni di piombo, in particolare nel periodo in cui le Brigate Rosse tennero in ostaggio l’Italia con il rapimento di Aldo Moro e l’uccisione della sua scorta. L’analisi punta a mettere a confronto eventi e protagonisti di quei tragici anni, cercando di rintracciare legami diretti tra gli esecutori e le vittime di Fausto e Iaio. Le nuove verifiche potrebbero far emergere dettagli finora ignorati o non notati a sufficienza.

Complicazioni nel reperimento delle prove chiave

Uno degli ostacoli storici che ha rallentato l’inchiesta riguarda la mancanza di reperti fondamentali conservati negli archivi giudiziari del palazzo di giustizia di Milano. I pm non hanno trovato gli otto proiettili calibro 7.65 sparati con una Beretta 34, arma usata nell’agguato al centro sociale Leoncavallo. Ancora più delicata è la sparizione del berretto di lana blu insanguinato recuperato sul luogo dell’omicidio. Questo oggetto non è mai stato sottoposto ad analisi e si presume sia stato distrutto o perso durante i successivi trituramenti e riordini negli archivi.

Questa assenza ha creato un buco in una catena di prove già fragile. Il berretto avrebbe potuto dare indicazioni sul tipo di arma usata o rinforzare il collegamento con gli indagati. Nel corso degli anni le famiglie delle vittime hanno richiesto continuamente chiarimenti, spingendo per una maggiore trasparenza e nuovi accertamenti. L’ultima fase investigativa parte proprio da queste lacune, con il tentativo di recuperare e integrare quanto possibile o di trovare nuovi indizi attraverso testimonianze e documenti sovrapposti. La delicata gestione del materiale probatorio resta centrale per sciogliere questo cold case.

Il percorso giudiziario e le indagini degli anni ’90

La vicenda ha un passato pieno di accertamenti e archiviazioni. L’archiviazione definitiva risale al dicembre 2000, disposta all’epoca dal gip Clementina Forleo. La magistrata aveva accolto la richiesta del pm Stefano Dambruoso, dopo una lunga fase istruttoria che aveva puntato il dito contro figure di estrema destra come Carminati, Bracci e Corsi.

Al tempo si raccolsero elementi significativi contro gli indagati ma nessun riscontro che andasse oltre gli indizi. Quel processo evidenziò anche stranezze, come la mancanza del berretto blu insanguinato e la carenza di analisi balistiche complete. Nel decennio precedente, l’ex magistrato Guido Salvini si era occupato dell’inchiesta in qualità di giudice istruttore. Salvini promosse una perizia comparativa sui proiettili usati nei delitti similari tra Roma e Milano, individuando uno schema riconducibile ai Nuclei Armati Rivoluzionari, una formazione terroristica di estrema destra. Le reazioni alle sue scoperte furono intense ma non bastarono a concludere il caso.

Attivismo delle famiglie e nuova attenzione dalla procura di milano

Il caso, seppur fermo a lungo, non ha mai smesso di avere un peso sulle famiglie delle vittime. Maria Iannucci, sorella di Lorenzo, e Danila Angeli, madre di Fausto, hanno seguito con attenzione tutte le fasi. Nell’ultimo anno hanno nominato l’avvocato Nicola Brigida per rappresentarli e sollecitare gli aggiornamenti dell’inchiesta.

Questa nuova spinta coincide con un’azione della procura milanese, che ha aperto un fascicolo esplorativo su ignoti affidato al Dipartimento antiterrorismo. La decisione è arrivata anche dopo richieste di approfondimento da parte del consiglio comunale di Milano e del sindaco Giuseppe Sala, a sottolineare l’interesse pubblico verso una delle pagine più dolorose nella storia recente della città. Le indagini proseguono con attenzione sui documenti storici e con intercettazioni mirate a scoprire nuovi collegamenti e testimonianze inedite.

L’evoluzione del caso dimostra come, anche dopo decenni, la ricerca della verità possa riaccendersi spinta da nuovi elementi e dalla volontà di chi non accetta che episodi drammatici restino senza spiegazione. Milioni di persone hanno seguito quegli anni difficili, e oggi la riapertura delle indagini offre una nuova occasione per fare chiarezza.