La sala di Costantino, tra le stanze più vaste e celebri dei musei vaticani, torna a mostrare tutta la sua imponenza grazie a un restauro durato quasi dieci anni. Questo spazio straordinario, ricco di opere rinascimentali che raccontano la storia della chiesa e dell’arte del XVI secolo, ha subito un intervento complesso che ha riportato alla luce colori e dettagli rimasti nascosti per secoli. Il progetto si è concluso nel dicembre 2024, regalando ai visitatori una nuova esperienza visiva e culturale.
La storia artistica della sala di costantino
La sala prende il nome dall’imperatore romano Costantino che concesse ai cristiani la libertà di culto. La decorazione risale a diversi momenti tra il primo e l’ultimo cinquantennio del Cinquecento. I primi lavori furono commissionati durante i pontificati medicei di Leone X e Clemente VII: in questo periodo Raffaello dipinse alcune figure iconiche come la Comitas e la Iustitia usando tecniche a olio su muro; parallelamente si svilupparono affreschi monumentali realizzati dalla sua bottega sotto la guida diretta degli allievi Giulio Romano e Giovan Francesco Penni.
Successivamente, durante il pontificato di Paolo III Farnese vennero aggiunti interventi da parte dell’artista Sebastiano del Piombo. L’ultima fase decorativa fu completata fra gli anni ‘70-‘90 del Cinquecento sotto Gregorio XIII Boncompagni e Sisto V Peretti con Tommaso Laureti che realizzò l’affresco sulla volta: il Trionfo del cristianesimo sul paganesimo è considerato un capolavoro d’invenzione scenica capace ancora oggi di stupire per prospettiva ed efficacia narrativa.
Le fasi principali del restauro integrale dal 2015 al 2024
Il restauro è iniziato nel marzo 2015 concentrandosi soprattutto sulla parete est dominata dalla scena centrale della Visione della croce, una delle immagini più rappresentative dell’intera Sala. L’intervento ha richiesto pazienza perché ogni strato pittorico raccontava una parte diversa della lunga storia artistica dello spazio.
L’obiettivo era recuperare non solo i colori originali ma anche permettere agli studiosi nuove letture critiche delle immagini senza alterarne lo spirito originario. Nel corso degli anni sono state utilizzate tecnologie avanzate per analizzare pigmentazioni o danni invisibili a occhio nudo mentre gli esperti hanno lavorato con delicatezza sulle superfici fragile dei dipinti murali.
Barbara Jatta, direttrice dei musei vaticani, ha sottolineato come questa operazione non sia stata solo conservativa ma abbia offerto nuove chiavi interpretative su uno dei luoghi simbolo dell’arte rinascimentale romana.
Le testimonianze artistiche emerse dopo il restauro
Al termine delle operazioni si può ammirare intatto un vero palinsesto pittorico dove convivono stili differenti legati alle diverse epoche in cui sono stati realizzati gli affreschi nella stanza: dalle figure iniziali dipinte da Raffaello fino agli ultimi dettagli creati da Laureti sul soffitto.
Fabrizio Biferali, curatore responsabile per l’arte dei secoli XV-XVI, ha evidenziato come ora siano leggibili chiaramente tutte le iconografie: dalle scene dedicate ai grandi papi medicei fino alle immagini legate al Concilio di Trento e alla riforma cattolica con Paolo IV Carafa; infine lo stile controriformista tipico degli ultimi decenni prima del XVII secolo emerge nitido nelle scelte cromatiche ed espressive adottate negli ultimi affreschi completati sotto Gregorio XIII Boncompagni e Sisto V Peretti.
Il risultato restituisce così uno spaccato prezioso sull’evoluzione religiosa ma anche artistica vissuta nella capitale italiana in quel periodo fondamentale per storia europea.
Tecnologie innovative al servizio del recupero artistico
Fondamentale nel successo dell’intervento è stato l’apporto scientifico guidato da Fabio Morresi, responsabile delle ricerche scientifiche presso i Musei Vaticani. Sono state impiegate riflettografie a infrarosso vicino , scansioni UV fluorescenti, analisi chimiche precise sui pigmenti usati dai vari autori insieme ad altre metodologie diagnostiche moderne.
Questi strumenti hanno permesso agli studiosi non soltanto d’individuare eventuali restauri precedenti o danni causati dal tempo, ma anche d’identificare differenze stilistiche fra gli autori coinvolti lungo tutto il cantiere. La documentazione digitale tridimensionale basata su scansioni laser inoltre consente ora uno studio approfondito senza necessità d’intervento diretto sulle superfici delicate.
In questo modo tecnologia, arte storica e ricerca s’intrecciano formando un modello replicabile anche per altri grandi cicli decorativi rinascimentali sparsi nei musei europei.
Risultati raggiunti dal punto di vista estetico tecnico
Fabio Piacentini, maestro restauratore incaricato, ha spiegato come sia stata fondamentale una pulitura delicata ma accurata, capace di eliminare patine scurite mantenendo intatte le parti originali colorate dai vari artisti. Grazie all’approccio multidisciplinare sono emersi nuovi particolari compositivi finora nascosti, consentendo così una comprensione più profonda delle diverse fasi esecutive e stratificazioni accumulate nei secoli.
Il dialogo visivo torna così tra Raffaello, Giulio Romano, Penni, Laureti, Sebastiano del Piombo: tutte queste mani animano nuovamente questa grande opera muraria dopo lunghi periodi di silenzio dovuti allo scolorimento o coperture accidentali generate da vecchie manomissioni poco attente.
Le tonalità brillanti ridanno vita alle scene sacre mentre i dettagli architettonici illusionistici enfatizzano ancor meglio l’effetto scenografico voluto dagli autori originari creando nello spettatore sensazioni fortemente immersive nell’atmosfera religiosa cinquecentesca romana.
Un lavoro complesso reso possibile grazie ad équipe specializzate capaci di affrontare sfide delicate combinando competenze storico artistiche a conoscenze tecnologiche avanguardiste ormai fondamentali nelle procedure contemporanee di conservazione monumentale.