L’intervento per recuperare cinque dispositivi elettronici nel lago di Suviana, all’interno della centrale Enel Green Power sull’Appennino bolognese, si è svolto con esito positivo nelle ore scorse. Questi dispositivi sono al centro delle indagini sulla grave esplosione avvenuta il 9 aprile 2024, un incidente che ha causato la morte di sette lavoratori e il ferimento di altri sei durante un collaudo. Le operazioni hanno coinvolto vigili del fuoco e forze dell’ordine per assicurare la sicurezza e la conservazione del materiale per le analisi forensi.
Operazioni di recupero e messa in sicurezza dei dispositivi sommersi
Le operazioni di recupero sono iniziate in mattinata e si sono concluse senza intoppi nel tardo pomeriggio di ieri. I cinque dispositivi, posizionati a circa sei metri di profondità nel lago creato dalla diga di Suviana, sono stati portati in superficie dalla prima delle due squadre specializzate di subacquei dei vigili del fuoco. Durante la prima immersione i soccorritori hanno lavorato con attenzione per non compromettere lo stato dei dispositivi.
Conservazione e trasporto dei dispositivi
Ogni apparecchio è stato collocato in contenitori ermetici dotati di valvole specifiche, indispensabili per mantenere condizioni ottimali di conservazione durante il trasporto a terra. Fra le 13.50 e le 14.15 tutti i dispositivi hanno raggiunto il livello 0, pronti per essere affidati alle squadre investigative. Le operazioni hanno coinvolto complessivamente 25 vigili del fuoco, oltre a circa 20 carabinieri provenienti dalla sezione polizia giudiziaria, con supporto di una stazione mobile e il servizio di ambulanza 118.
Analisi dei dispositivi e ruolo del consulente informatico
Il materiale recuperato è stato sequestrato dalla procura di Bologna ed immediatamente trasferito in un laboratorio specializzato a Modena. Qui opera il consulente informatico nominato dall’autorità giudiziaria, Giuseppe Montagnola, che ha il compito di pulire e preparare i dispositivi per l’acquisizione delle copie forensi. Questi passaggi sono fondamentali per non alterare i dati originali e consentire l’estrapolazione di informazioni tecniche utili al procedimento.
Attenzione nella pulizia dei dispositivi
La pulizia dei dispositivi risulta delicata perché devono essere esclusi eventuali contaminazioni o danni ulteriori che potrebbero compromettere la validità delle prove. Il consulente si occuperà anche di monitorare eventuali segnali digitali o log registrati durante la fase di collaudo in cui si è verificata l’esplosione. L’analisi forense potrà fornire dettagli tecnici sui sistemi di controllo e sugli eventuali malfunzionamenti, aiutando a comprendere come si è sviluppata la tragedia.
Indagine giudiziaria e ipotesi sulle cause dell’incidente
Il fascicolo aperto presso la procura di Bologna è coordinato dai pm Flavio Lazzarini e Michela Guidi. Le accuse ipotizzate includono disastro colposo, omicidio colposo plurimo sul lavoro e lesioni colpose sempre in ambito lavorativo. Cinque persone risultano iscritte nel registro degli indagati, segno di un’inchiesta che punta a stabilire responsabilità precise alla luce dei nuovi elementi.
Focus sulle cause e indagini
Le indagini si concentrano sulla ricostruzione delle cause che hanno portato allo scoppio durante l’operazione di collaudo della centrale. I dati acquisiti dai dispositivi elettronici potranno fare chiarezza su eventuali anomalie nei processi tecnici o nelle procedure di sicurezza. L’obiettivo del lavoro investigativo è identificare quali errori o carenze hanno causato l’incidente fatale, per prevenire simili tragedie in futuro.
Le perizie informatiche rappresentano dunque un passaggio cruciale nelle fasi di accertamento. Le autorità hanno pianificato queste verifiche come momenti tecnici irripetibili nel corso dell’istruttoria, fondamentali per accertare dinamiche esatte e coinvolgimenti. Il risultato delle analisi influenzerà anche possibili provvedimenti penali nei confronti degli indagati.