Real refugees realmonte, cinque mesi per un progetto di integrazione attraverso il calcio giovanile a milano
Il progetto Real Refugees Realmonte, fondato dall’associazione Francesco Realmonte, offre ai giovani rifugiati in Italia opportunità di integrazione e crescita personale attraverso il calcio, promuovendo coesione sociale e identità.

Real Refugees Realmonte è una squadra di calcio fondata nel 2025 da giovani rifugiati in Italia, che attraverso lo sport promuove integrazione, crescita personale e coesione sociale, sostenuta dall’associazione Francesco Realmonte e inserita nel programma nazionale Rete Refugee Teams. - Unita.tv
Il Real Refugees Realmonte è una squadra di calcio formata da giovani rifugiati arrivati in Italia con la speranza di una nuova vita. Nata ufficialmente a gennaio 2025, questa iniziativa punta a creare legami sociali e opportunità di crescita personale grazie al gioco di squadra. Attraverso il calcio, i ragazzi possono affrontare in modo positivo le sfide di un percorso di integrazione e costruire la propria identità in un ambiente condiviso. L’associazione Francesco Realmonte guida il progetto con un’attenzione particolare ai valori umani e sociali.
Significato sociale e contesto di inclusione
Il progetto s’inserisce in un momento di crescente attenzione verso l’inclusione di migranti e rifugiati in Italia. Il gruppo formato dai ragazzi rifugiati residenti nelle strutture milanesi mostra quanto lo sport possa avanzare oltre il semplice passatempo per diventare uno strumento efficace di coesione sociale. L’associazione Francesco Realmonte ha esperienza decennale nell’accompagnamento di minori stranieri, avendo ospitato circa 75mila bambini fino a oggi. Qui il calcio diventa un mezzo per imparare rispetto, solidarietà e collaborazione.
Giocare insieme significa anche scoprire affinità e differenze culturali, condividere un progetto comune e rafforzare la propria identità. La comunicazione che passa attraverso il gioco aiuta a superare distanze linguistiche e barriere sociali. Inoltre, questo percorso si collega al Progetto Rete Refugee Teams, promosso dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio. Questo programma nazionale coinvolge giovani rifugiati nati dopo il 1° gennaio 2006, inseriti nei diversi sistemi di accoglienza presenti in Italia, e mira a contrastare atteggiamenti discriminatori attraverso l’inclusione in squadre sportive.
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La collaborazione con enti e associazioni amplifica la portata culturale dell’iniziativa. Il Real Refugees diventa esempio concreto di come lo sport sappia trasformare vite, promuovendo un nuovo senso di appartenenza e speranza.
Nascita e sviluppo del real refugees realmonte
Il Real Refugees Realmonte è stato costituito il 25 gennaio 2025 dall’associazione Francesco Realmonte ETS, attiva dal 2009 in ambiti educativi e di difesa dei diritti umani. Il gruppo coinvolge giovani rifugiati ospitati in varie strutture di accoglienza di Milano. Il primo allenamento ha rappresentato più di una semplice sessione sportiva: è stato l’inizio di un percorso volto a far scoprire ai ragazzi il valore della convivenza e dell’impegno comune. Il calcio diventa un modo concreto per apprendere regole sociali, migliorare le capacità relazionali e rafforzare l’autostima. Questi aspetti sono fondamentali per aiutare chi ha vissuto esperienze difficili a sentirsi parte di un gruppo e a prepararsi ad affrontare le sfide della vita quotidiana in un paese nuovo.
Il progetto non punta solo alla formazione tecnica sportiva, ma si concentra sulla crescita emotiva e sociale del gruppo. I ragazzi imparano a rispettarsi, a gestire emozioni contrastanti e a sostenersi a vicenda. Questo cammino ha luogo in un contesto che spesso presenta condizioni di incertezza e fragilità personali. La squadra rappresenta così un punto di riferimento stabile, in grado di promuovere benessere e fiducia.
Dati aggiornati e numeri chiave del progetto
Il Real Refugees Realmonte ha formalmente preso vita il 25 gennaio 2025. Da allora, ha coinvolto un gruppo di giovani rifugiati seguiti dall’associazione Francesco Realmonte, che fino a oggi ha garantito accoglienza e servizi a circa 75mila bambini. Il progetto si inserisce nel più ampio programma Rete Refugee Teams della FIGC, che interessa minorenni nati dopo il 1° gennaio 2006 e inseriti in progetti di accoglienza come il Sistema Accoglienza e Integrazione.
Il momento più rilevante dell’anno è stata la partita dello scorso 25 maggio all’Allianz Stadium, con la partecipazione di giocatori amatoriali di rilievo e ex campioni professionisti. L’evento ha raccolto attenzione pubblica e mediatica, portando alla luce le storie e le speranze dei giovani atleti.
La squadra ha visto crescere non solo le capacità tecniche dei giocatori, ma soprattutto il loro senso di responsabilità e di gruppo. A cinque mesi dalla sua formazione, il progetto mostra numeri che, pur non essendo legati a risultati sportivi tradizionali, segnalano una forte presenza sociale e un impatto significativo sui partecipanti.
I ragazzi rifugiati: storie, sfide e crescita personale
Dietro la squadra del Real Refugees ci sono giovani provenienti da diverse parti del mondo, ognuno con un bagaglio personale spesso duramente segnato da crisi, viaggi estenuanti e incertezze. Il calcio ha fornito a tutti loro qualcosa di più di un semplice gioco: un’occasione di riscatto e di condivisione.
Le parole degli operatori dell’associazione sottolineano come la squadra rappresenti un percorso di formazione che va oltre la pratica sportiva. Essi osservano come il progetto rafforzi la capacità di resilienza nei ragazzi: imparano a riconoscere le proprie debolezze, ad affrontare ostacoli e a costruire legami di fiducia con gli altri.
Gli allenatori hanno potuto constatare il progresso dei giovani, che sviluppano non soltanto le abilità tecniche ma anche competenze come il lavoro di gruppo, l’espressione dei sentimenti e la gestione delle difficoltà. Il calcio, in questo contesto, si trasforma in uno strumento educativo prezioso, capace di accompagnare i ragazzi verso una maggiore sicurezza di sé e un futuro più stabile.
Il percorso di squadra produce risultati che si vedono nel modo in cui i ragazzi interagiscono, si sostengono e affrontano insieme i momenti difficili. È un cammino di mutua costruzione che rafforza la speranza e la voglia di partecipare attivamente alla società che li ospita.
La partita all’allianz stadium, evento simbolico e di visibilità
Il 25 maggio 2025, il Real Refugees ha partecipato a una partita speciale giocata all’Allianz Stadium di Torino, terreno noto per molte sfide storiche del calcio italiano. L’evento, chiamato “La Partita del Cuore”, ha visto i giovani affrontare una squadra formata dai migliori giocatori dell’ACSI Football League, amatissimo torneo amatoriale nazionale.
Sul campo, a dare ulteriore prestigio, si sono schierati anche ex calciatori di rilievo come Antonio Cabrini, Sebastiano Rossi, Roberto Donadoni, Cristian Brocchi e Fabio Galante, che hanno giocato con la squadra avversaria. Questa partita ha offerto una vetrina importante per il progetto. È stata un’occasione per mostrare al pubblico come il calcio possa essere un ponte tra mondi diversi. In campo si è giocato molto più di un incontro sportivo: si è dato voce a un percorso di inclusione, superamento delle difficoltà e crescita.
Gli ospiti, i ragazzi e gli spettatori hanno vissuto un momento carico di emozioni e significato. Lo stadio, con tutta la sua storia e capacità, ha accolto un messaggio di solidarietà e rispetto. L’evento ha attirato attenzione mediatica e ha confermato il valore sociale del progetto.
Sfide e criticità nel percorso di integrazione sportiva
Non mancano però criticità e ostacoli da affrontare attorno al progetto. Integrare i giovani rifugiati tramite lo sport richiede un investimento continuo in risorse umane e materiali, oltre a un accompagnamento psicologico adeguato. Senza un sostegno strutturale e duraturo, iniziative simili rischiano di perdere efficacia nel tempo.
Le organizzazioni coinvolte devono guardare con attenzione alle presenze di possibili fraintendimenti mediatici, come la riduzione del progetto a semplice evento festoso o a operazione di immagine, senza un reale impegno educativo di fondo. È essenziale che queste esperienze siano sostenute da politiche pubbliche e da un coordinamento tra enti locali, associazioni e istituzioni statali.
Sul piano sociale, permangono difficoltà dovute a barriere culturali e linguistiche, oltre al rischio che fragilità personali chiudano i ragazzi in isolamento. Serve un lavoro continuo per garantire che il progetto mantenga la sua funzione di aggregazione e rinforzo positivo, evitando derive di marginalizzazione.
Il futuro della squadra e dei giovani coinvolti dipenderà dalla capacità di consolidare questi percorsi, affiancandoli a misure più ampie di inclusione sociale, educativa e abitativa.