Legambiente ha portato avanti una campagna di controllo sui laghi pugliesi di Lesina e Varano, concentrandosi sui dati raccolti il 10 luglio scorso. Le analisi microbiologiche puntano riflettori sulla qualità dell’acqua e sulla gestione delle risorse idriche nel territorio. Il quadro emerso solleva dubbi importanti sulla salute ambientale delle due lagune in provincia di Foggia e propone riflessioni sulla gestione dell’acqua in tutto il Sud Italia.
Risultati delle analisi microbiologiche nei laghi di Varano e Lesina
Le analisi eseguite da Goletta dei Laghi hanno riguardato tre punti: due nel lago di Varano, uno nel lago di Lesina. A Varano, la zona ex idroscalo militare Ivo Monti a Cagnano Varano si è rivelata nei limiti di legge per la qualità microbiologica dell’acqua. Al contrario, la foce del lago presenta concentrazioni di Enterococchi intestinali ed Escherichia coli oltre i livelli consentiti. Nel lago di Lesina, il punto analizzato risulta contaminato dagli stessi batteri indicati, segnando una situazione analoga a quella del punto critico di Varano.
Questi risultati segnalano quindi una contaminazione batterica che può derivare da scarichi non controllati o da una gestione dell’ambiente lagunare insufficiente. Le implicazioni riguardano non solo la salubrità delle acque ma anche la biodiversità locale, già sotto pressione per diverse cause. Il fatto che una delle zone di Varano rientri nei parametri normativi indica una variabilità della situazione, ma non riduce l’allarme per i punti più contaminati.
Criticità emerse e riflessioni sulle cause dell’inquinamento nelle lagune foggiane
Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente, ha evidenziato come le criticità emerse non siano mai state riscontrate prima. Le due lagune, un tempo habitat ricco di specie animali e vegetali, mostrano oggi segni di deterioramento rilevanti. Minutolo ha suggerito di approfondire le possibili cause, che potrebbero includere condizioni meteorologiche particolari oppure fonti di inquinamento localizzate o diffuse.
La gestione delle lagune appare quindi sotto esame, sia sul piano ambientale che amministrativo. Le difficoltà potrebbero derivare da scarichi agricoli, urbani o industriali non adeguatamente trattati, o da una modifica dei flussi naturali dovuta a interventi umani. Questi elementi potranno chiarire se i livelli di contaminazione siano un fenomeno temporaneo oppure espressione di un degrado strutturale in corso.
Gestione idrica nel sud Italia: sfide e proposte per Puglia, Basilicata e Molise
Durante la presentazione a Torre Mileto , oltre a discutere dei risultati nei laghi, sono stati messi a fuoco i problemi più ampi legati alla gestione delle risorse idriche nel Sud Italia, con particolare attenzione a Puglia, Basilicata e Molise. Questo sistema, pur interconnesso tra regioni diverse, soffre di fragilità importanti che compromettono la disponibilità e la qualità dell’acqua.
Legambiente ha individuato sette priorità per migliorare la gestione dell’acqua: promuovere una governance integrata tra le regioni, combattere le perdite idriche nelle reti di distribuzione, riqualificare i corsi d’acqua e gli ecosistemi fluviali, orientare l’agricoltura verso pratiche agroecologiche e tecnologie avanzate, incentivare il riuso controllato delle acque reflue, evitare nuove dighe o impianti di dissalazione e favorire processi educativi e forme di partecipazione sociale come i contratti di fiume.
Dipendenza da risorse esterne e uso agricolo dell’acqua in Puglia
La Puglia si trova fortemente dipendente da fonti d’acqua esterne alla regione. Circa il 55% dell’acqua utilizzata proviene da invasi interregionali, il 33% da sorgenti nelle zone irpine e solo il 12% da pozzi locali. Allo stesso tempo, l’agricoltura consuma oltre due terzi della risorsa idrica disponibile in regione.
Le reti di distribuzione perdono più del 40% dell’acqua immessa a causa di dispersioni, mentre le falde subiscono un eccessivo sfruttamento che porta a fenomeni di intrusione salina. L’uso delle acque reflue trattate è limitato: tra i 182 depuratori presenti, soltanto sette forniscono acqua adeguatamente affinata per il riuso. Questi dati segnalano sostanziali barriere al recupero e alla conservazione della risorsa, con evidenti conseguenze sulla sostenibilità del sistema idrico regionale.
Lo scenario messo in luce dai rilievi di Legambiente avvia un dibattito necessario sulla tutela degli ambienti naturali, delle riserve d’acqua e sulla gestione integrata delle risorse nel Mezzogiorno. Gli interventi proposti, se attuati, potrebbero modificare la traiettoria attuale di degrado, preservando l’ambiente e le comunità che dipendono da questi ecosistemi.
Ultimo aggiornamento il 22 Luglio 2025 da Davide Galli