La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale la legge della Regione Puglia che imponeva ai sindaci di dimettersi anticipatamente rispetto alla candidatura alle elezioni regionali. Questa sentenza riguarda una norma che fissava un limite di dimissioni ben più anticipato rispetto agli altri regolamenti regionali, giudicato sproporzionato e lesivo dei diritti elettorali. Il provvedimento pugliese, noto come “anti-sindaci“, riguarda le modalità con cui i primi cittadini possono presentarsi alle elezioni per la carica di presidente o per entrare in consiglio regionale.
La legge pugliese e il termine anticipato per le dimissioni dei sindaci
Nel dettaglio, la normativa della Regione Puglia obbligava i sindaci intenzionati a candidarsi alle elezioni regionali a rassegnare le dimissioni almeno 180 giorni prima della scadenza naturale della legislatura. Questo termine si traduceva in un anticipo significativo rispetto alla data prevista per la presentazione delle liste elettorali. La misura, pensata per evitare conflitti di interesse o sovrapposizioni di incarichi, si distingueva per la sua rigidità e la sua durata prolungata rispetto ad altre regioni italiane. Alcune altre amministrazioni prevedono infatti termini molto più brevi per la validità delle dimissioni, limitando il perimetro dell’ineleggibilità in modo meno invasivo per i sindaci.
Motivazioni della corte costituzionale sulla incostituzionalità della norma
La Corte ha sottolineato che la norma pugliese appare irragionevole poiché impone un limite temporale ingiustificatamente anticipato e non comparabile con il resto d’Italia. Questa sproporzione si traduce in una lesione del diritto di elettorato passivo, cioè il diritto di essere eletti, sancito dagli articoli 3 e 51 della Costituzione. La norma non fa distinzione tra sindaci di comuni piccoli o grandi, applicando il vincolo a tutti senza eccezione; invece, altre regioni limitano questa restrizione ai primi cittadini di località con popolazione superiore a determinate soglie demografiche. Secondo la Corte, questo trattamento uniforme e radicale non rispetta il principio di ragionevolezza richiesto dal diritto costituzionale.
Conseguenze della sentenza sul quadro politico e amministrativo pugliese
Con la sentenza della Corte Costituzionale, la Regione Puglia dovrà rivedere la propria disciplina elettorale in materia di candidatura dei sindaci alle elezioni regionali. La decisione rimuove un ostacolo che limitava fortemente la libertà politica dei primi cittadini e, indirettamente, influiva sulla rappresentanza degli enti locali all’interno del consiglio regionale. La modifica normativa richiesta porta a un allineamento maggiore con le regole tenute negli altri territori italiani. La sentenza si inserisce all’interno di un dibattito più ampio sugli equilibri tra ruoli amministrativi comunali e autorità regionali, specie in vista delle elezioni asfaltate a livello locale in Italia.
L’annullamento della norma pugliese eviterà l’esclusione preventiva di potenziali candidati sindaci dagli scrutini regionali, garantendo una presenza più ampia di rappresentanti locali nelle istituzioni di governo regionale. Al contempo, il giudizio della Corte ricorda l’importanza di mantenere un equilibrio tra legittime restrizioni all’eleggibilità e i diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione. Di fatto, la sentenza punta a tutelare la partecipazione politica senza impedimenti ingiustificati, favorendo un confronto democratico più aperto e pluralista nelle prossime elezioni regionali in Puglia.
Ultimo aggiornamento il 25 Luglio 2025 da Luca Moretti