Un progetto nato nella Casa Circondariale di Foggia ha avvicinato due mondi spesso lontani: le donne detenute e gli anziani ospiti di una struttura locale. Attraverso lettere scritte, lette e dettate, si è tessuto un legame fatto di racconti, emozioni e conforto reciproco. L’iniziativa, partita nell’estate del 2024 grazie a un gruppo di volontari e associazioni, ha voluto rompere la solitudine e dare voce a storie di vita vissuta in isolamento.
Quando la penna rompe il silenzio: come è nato il progetto
L’idea di far dialogare donne in carcere e anziani di una casa di cura è partita all’interno della Casa Circondariale di Foggia. A promuoverla è stata Annalisa Graziano, volontaria ex art. 78, nota per il suo impegno nel sociale. Il progetto ha preso forma grazie alla collaborazione di don Fernando Escobar e della comunità di Sant’Egidio di Foggia, con il supporto organizzativo del Csv locale. L’estate 2024 è stata scelta per dare a chi partecipava un’occasione di confronto e riflessione, mettendo al centro la forza delle parole scritte.
A gestire lo scambio epistolare sono stati i Giovani per la Pace di Sant’Egidio Foggia – Daniele, Giorgia, Francesca, Teresa e Federica – che hanno ricordato più volte che non si trattava solo di lettere, ma di un ponte tra due mondi diversi, uniti dalla fragilità e dal bisogno di conforto. Le donne detenute hanno affidato ai fogli i loro pensieri più intimi: la lontananza dai familiari, la voglia di cambiare vita e le speranze per un futuro migliore.
Scrivere per sentirsi vicini: parole che curano
Le prime lettere sono arrivate dalle donne, che hanno raccontato la loro vita e le emozioni più profonde. I volontari le hanno lette ad alta voce agli anziani della Casa di Cura “Maria Grazia Barone”. Gli ospiti, ascoltando con attenzione, hanno risposto dettando a loro volta lettere ricche di ricordi, storie di gioventù e di guerra, consigli e parole di conforto. Ne è nato uno scambio intenso, capace di superare distanze e barriere, costruendo un legame invisibile ma profondo.
Queste lettere sono diventate un modo per prendersi cura l’uno dell’altro. Per le donne in carcere è stata l’occasione di sentirsi ascoltate e comprese, un gesto che ha dato loro dignità e senso di appartenenza. Gli anziani, invece, hanno potuto rivivere il passato, offrire supporto e spezzare la routine dell’isolamento. Quel dialogo fatto di parole semplici si è trasformato in un abbraccio fatto di umanità.
Grazie a chi ha reso possibile questo scambio di vite
Annalisa Graziano ha sottolineato il valore di questa esperienza, definendola “un esempio concreto di come la scrittura possa abbattere muri e distanze.” Ha messo in luce l’importanza di spazi difficili che, grazie a questa iniziativa, si sono trasformati in luoghi di incontro e condivisione. Un ringraziamento particolare è andato al direttore della Casa Circondariale di Foggia, Michele De Nichilo, e alla Fondazione Maria Grazia Barone, guidata da Daniela Tartaglia, per aver creduto e sostenuto il progetto.
Non sono mancati i riconoscimenti all’area educativa del carcere, fondamentale per far funzionare tutto, così come al comandante di reparto, alla polizia penitenziaria e ai giovani volontari di Sant’Egidio, sempre presenti e attivi. Ma il vero cuore del progetto sono state le donne detenute e gli anziani, che con parole semplici hanno costruito legami capaci di superare barriere, fisiche e sociali, che solitamente li tengono separati.
Ultimo aggiornamento il 1 Agosto 2025 da Davide Galli