Il riconoscimento economico previsto dal codice dei beni culturali per chi contribuisce al recupero di oggetti di valore si estende anche a chi, senza toccare direttamente il bene, ne segnala l’esistenza attraverso canali digitali. Una recente sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana ha chiarito questo punto, aprendo una nuova strada nella tutela del patrimonio culturale nell’era digitale. La decisione riguarda un episodio emblematico avvenuto in Sicilia e coinvolge una scoperta fatta su una piattaforma online.
Il ruolo della segnalazione digitale nel recupero dei beni culturali
La normativa italiana sul patrimonio artistico prevede un premio a chi ritrova o permette il recupero di oggetti archeologici o storici preziosi. Fino ad oggi, questo beneficio era legato soprattutto al contatto diretto con i reperti, ma la recente pronuncia del cgars ha modificato questa interpretazione. Il consiglio ha stabilito che anche chi segnala tramite internet o altri strumenti digitali può ricevere il riconoscimento previsto dalla legge.
Questo cambiamento riflette l’importanza crescente delle tecnologie nella protezione dei beni culturali. Oggi molte scoperte passano da aste online o annunci su siti specializzati; spesso cittadini comuni notano vendite sospette e avvisano le autorità competenti. Riconoscere formalmente questi interventi rafforza la collaborazione tra pubblico e privati nella salvaguardia delle testimonianze storiche.
La posizione del cgars sulla segnalazione
Il cgars si è espresso in modo netto: non serve avere un contatto fisico con l’oggetto per poter rivendicare il premio previsto dal codice dei beni culturali. Basta aver contribuito concretamente al suo recupero tramite una segnalazione efficace che abbia portato alla restituzione dell’opera al patrimonio nazionale.
Il caso biondi e la lekanis centuripina: come è andata
Nel 2009 Giuseppe Rosario Biondi, ingegnere e presidente della sede ennese dell’associazione SiciliAntica, individuò su ebay un vaso antico chiamato “lekanis centuripina”. Si tratta di un recipiente risalente al II secolo avanti Cristo sottratto illegalmente dall’Italia ed esposto in vendita all’estero senza autorizzazioni.
Biondi raccolse immagini dettagliate dell’asta online insieme ai link relativi alla vendita e li trasmise ai carabinieri specializzati nella tutela del patrimonio culturale a Palermo. Grazie a questa segnalazione partì una rogatoria internazionale che permise nel 2012 di riportare in Italia l’oggetto trafugato.
Dopo essere stato acquisito dallo Stato italiano come bene demaniale fu assegnato al museo archeologico regionale di Centuripe dove tuttora è conservato come testimonianza preziosa della storia locale antica.
Nel 2017 Biondi chiese ufficialmente il premio previsto dal codice dei beni culturali per aver contribuito materialmente alla restituzione della lekanis grazie alla sua attività investigativa via web.
Resistenze da parte degli enti locali
La richiesta avanzata da Biondi incontrò però resistenze da parte degli uffici regionali preposti alla gestione dei beni artistici siciliani: soprintendenza ai beni culturali e assessorato regionale negarono infatti l’erogazione del compenso economico richiesto.
Le motivazioni addotte riguardavano principalmente tre punti: innanzitutto veniva contestata l’assenza di “rinvenimento materiale” poiché Biondi non aveva mai avuto contatti diretti con l’oggetto; inoltre si sottolineava che la denuncia fosse stata presentata tardivamente rispetto all’avvio dell’indagine; infine si faceva notare che il recupero era avvenuto fuori dai confini nazionali quindi secondo loro non rientrava nelle condizioni previste dalla legge regionale siciliana sui premi per rinvenimenti archeologici sul territorio isolano.
Questa posizione rigida rischiava però di ignorare i mutamenti introdotti dalle nuove forme digitali attraverso cui ormai circolano informazioni sensibili riguardo opere d’arte sottratte illegalmente all’Italia ed esportate altrove senza permessi ufficiali.
Impatto giuridico della sentenza cgars sulla tutela digitale
Il pronunciamento firmato dal consigliere Sebastiano Di Betta sotto la presidenza Ermanno De Francisco rappresenta un precedente importante nel campo giuridico-amministrativo relativo alle norme sui patrimoni storici italiani. Il cgars ha ribadito che i meccanismi tradizionali devono adattarsi alle modalità contemporanee con cui vengono individuati reperti rubati o nascosti fuori dai confini nazionali grazie alle tecnologie informatiche disponibili ormai ovunque.
Un nuovo riconoscimento del senso civico digitale
Con questa sentenza viene valorizzata anche quella forma moderna di senso civico esercitata dagli utenti digitali, capaci attraverso semplici azioni quali inviare link, foto, riferimenti precisi agli organi competenti, contribuire concretamente a riportare pezzi importanti nei musei italiani.
L’effetto pratico sarà quello di incentivare sempre più cittadini ad attivarsi quando incrociano situazioni sospette sulle piattaforme web dedicate agli oggetti d’antiquariato. In tal modo cresce lo sforzo collettivo verso una vigilanza diffusa capace davvero tutelare quel tesoro storico spesso minacciato da traffici illegittimi internazionali.
Questa svolta legislativa incoraggia quindi nuovi modelli collaborativi fra istituzioni pubbliche ed esperienze private nate intorno alle comunità appassionate d’archeologia, storia locale, arte antica. Le regole ora riconoscono pienamente contributi in precedenza ignorati proprio perché realizzati lontani fisicamente dall’opera ma determinanti nello sviluppo positivo delle indagini finalizzate alla restituzione definitiva degli oggetti trafugati.