Politiche lombarde sulla caccia: scontro sul rispetto della sentenza tar e proposta di atto amministrativo
Acceso dibattito nel Consiglio regionale lombardo sulla gestione della sentenza del Tar che blocca la caccia in 475 valichi montani, con proposte contrapposte e tensioni tra le forze politiche.

Il Consiglio regionale lombardo è diviso sulla gestione della sentenza del Tar che blocca la caccia in 475 valichi montani per proteggere gli uccelli migratori, con tensioni tra chi vuole un’applicazione immediata e chi preferisce una posizione più cauta in attesa di sviluppi giudiziari. - Unita.tv
Da Milano arriva un confronto acceso tra le forze politiche del Consiglio regionale lombardo sulla gestione della recente sentenza del Tar che blocca la caccia in 475 valichi montani per proteggere gli uccelli migratori. Il dibattito si è concentrato su come applicare il provvedimento, con due atti contrapposti che hanno creato tensioni nell’assemblea del Pirellone, e che si preparano a una giornata decisiva il 20 maggio.
La proposta di atto amministrativo e la richiesta di immediata esecuzione
Solo 24 ore dopo la mozione, è arrivata la proposta di atto amministrativo firmata dall’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale, guidato da Federico Romani, anche lui eletto con Fratelli d’Italia. Contrariamente alla mozione, l’atto sollecita a “prendere atto della sentenza del Tar Lombardia e all’obbligo di vietare subito la caccia su quei 475 valichi montani interessati dalle rotte migratorie degli uccelli”.
L’atto appare come una contrapposizione netta al testo approvato il giorno prima dalla maggioranza. Chiede il rispetto immediato della decisione giudiziaria, senza temperarne né temporizzarne gli effetti. Per questo il clima nel centrodestra si è surriscaldato, con dissensi non nascosti su come muoversi. Il rischio di uno scontro interno appare concreto, soprattutto perché nelle riunioni tecniche del Consiglio quella proposta è stata illustrata ma non votata, mentre martedì in Aula sarà invece necessario esprimersi su questa posizione opposta.
Zamperini ha già annunciato che voterà contro la proposta di atto amministrativo. Tra i suoi rilievi c’è la difficoltà e il costo elevato, dato che bisognerà delimitare e vietare la caccia in 475 valichi, un numero stabilito dal Tar senza trasparenza sulle motivazioni. Segnaletica e controlli sarebbero onerosi e complessi. Inoltre teme che i pochi valichi esclusi dalla sentenza saranno presi d’assalto dai cacciatori, con problemi per la sicurezza pubblica. Data la presenza di ricorso e richiesta di sospensiva da parte della Regione, per lui non c’è motivo di attuare subito il divieto. Per Zamperini, la decisione su dove cacciare deve restare politica, non spetta ai giudici stabilirlo.
La mozione del consiglio regionale e il tentativo di mitigare la sentenza
Martedì scorso il Consiglio regionale ha dato via libera a una mozione presentata da Giacomo Zamperini, consigliere di Fratelli d’Italia, sostenuta soprattutto dal gruppo dei meloniani e da una parte ampia della maggioranza. La mozione ha chiesto alla Giunta regionale di affrontare il blocco della caccia previsto dal Tar “in modo da non creare inutili complicazioni amministrative ed economiche”. Per esempio, si suggeriva di non revocare subito gli appostamenti fissi autorizzati e di non avviare procedure inutili nel caso in cui il Consiglio di Stato capovolgesse la sentenza.
Questa scelta nasceva dalla volontà di limitare gli effetti immediati del provvedimento, in attesa di sviluppi giudiziari e interlocuzioni con governo e parlamento. Anche se il testo è stato ammorbidito rispetto alla sua versione originaria, il senso è rimasto chiaro: si chiede di non far diventare la sentenza eseguibile in modo totale per evitare sforzi logistici e spese, dato che il ricorso al Consiglio di Stato è già stato avviato dalla Giunta.
Martedì in Aula si è così delineata un’azione politica più cauta nei confronti della sentenza, orientata a rallentare la sua applicazione pratica senza ignorarla apertamente. Questo ha sollevato però qualche malumore, specialmente tra chi vede nella tutela degli uccelli migratori una priorità senza ritardi.
Le reazioni di romani e delle opposizioni sulla disputa in aula
Federico Romani difende la proposta sostenendo che si tratta di un atto obbligatorio, motivato da ragioni tecniche e formali. L’Ufficio di presidenza aveva dato il via libera all’atto prima che la mozione passasse in Aula e questo dimostra la natura distinta dei due provvedimenti. La mozione è un atto politico che indirizza la Giunta, mentre la proposta di atto amministrativo serve a rispettare la sentenza senza possibilità di ignorarla.
Per Paola Pollini, consigliere del Movimento 5 Stelle, la situazione mette in luce l’imbarazzo del centrodestra che, in appena un giorno, ha visto le sue posizioni cambiare radicalmente. Pollini sottolinea che fare ricorso alle sentenze è legittimo, ma durante questo processo i provvedimenti vanno comunque applicati e rispettati. La coerenza politica dovrebbe passare per questa linea ferma, secondo lei, e non per tentativi di aggirare o smussare le decisioni giudiziarie.
Le premesse per un dibattito acceso sono dietro l’angolo, mentre il Consiglio si prepara a tornare in Aula nella giornata di martedì 20 maggio. Quel voto potrebbe segnare il destino della caccia in Lombardia, almeno per l’era più immediata del caso. Non mancano elementi di scontro tra chi sostiene l’applicazione rigida della legge e chi invece preferisce mantenere un margine per la gestione politica della questione.
Lo scontro in atto fotografa un momento di tensione tra il ruolo della politica e quello della magistratura amministrativa, con risvolti concreti sulla tutela degli ambienti di montagna e sulle attività di caccia autorizzate fino a ieri nei valichi interessati. La partita resta aperta, e il futuro della decisione dipenderà da come il centrodestra lombardo saprà trovare un equilibrio, o da come la Corte superiore deciderà di pronunziarsi sul ricorso presentato dalla Regione.