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Undici arresti e sette latitanti per droga e furto energia nell’operazione djali in Piemonte e nord Italia

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Maxi operazione anti-droga e furto energia in Piemonte: 11 arresti e 7 latitanti ric - Unita.tv
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L’indagine Djali ha portato a un colpo grosso contro una rete criminale attiva tra Piemonte e altre regioni del nord Italia. Coordinata dai carabinieri di Bra, la operazione si è chiusa nelle prime ore del giorno con l’arresto di undici persone di origine albanese e la ricerca di altre sette a livello internazionale. Le accuse riguardano traffico di stupefacenti, produzione e coltivazione di cannabis, oltre al furto di energia elettrica per le coltivazioni abusive. Il quantitativo di droga sequestrato raggiunge più di una tonnellata, un’azione che ha spezzato il giro di spaccio e coltivazione legato a tre gruppi criminali distinti.

Arresti e perquisizioni: i dettagli dell’operazione mattutina

L’ultimo sviluppo dell’indagine Djali, partita nel ottobre 2024, ha visto l’intervento coordinato dei carabinieri di Bra nel cuore del cuneese. Nella mattinata del 2025, undici soggetti sono stati bloccati, tutti di nazionalità albanese, considerati coinvolti direttamente in spaccio, coltivazione di sostanze stupefacenti e furto di energia elettrica ai danni della rete pubblica. Le forze di polizia hanno inoltre sequestrato oltre una tonnellata di droga tra marijuana confezionata e piante di cannabis sativa, pari a un valore stimato di circa un milione e mezzo di euro per il mercato al dettaglio. Nel corso delle perquisizioni domiciliari sono spuntati anche 800 grammi di cocaina e quindicimila euro in contanti, probabile provento delle attività illecite.

L’azione si è allargata con ricerche internazionali per altre sette persone considerate a vario titolo complici e attivamente ricercate. Il lavoro investigativo ha fatto emergere una struttura verticale, con ramificazioni su diversi territori del nord Italia. Questo ha richiesto un lungo lavoro di ricostruzione, sorveglianza e raccolta di elementi probatori che ha portato allo smantellamento dei gruppi coinvolti.

Tre gruppi criminali per la droga: spaccio, cocaina e coltivazione indoor

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, si distinguono tre principali articolazioni criminali nel traffico e nella produzione di stupefacenti. I primi due gruppi erano focalizzati sullo spaccio al dettaglio di cocaina soprattutto nella zona di Bra e dintorni. Queste organizzazioni facevano capo alla cosiddetta tecnica del “djali”, parola albanese che significa ragazzo, che indica l’uso di giovani pusher poco noti alle forze dell’ordine, presi con visto turistico e impiegati per brevi periodi sulla piazza. Questi ragazzi, pagati circa tremila euro al mese, venivano sostituiti al termine del soggiorno di tre mesi che coincideva con la scadenza del visto, per prevenire controlli e rendere difficile l’individuazione del gruppo.

Un terzo gruppo aveva una strategia diversa, più strutturata e professionale. Era specializzato nella coltivazione indoor di cannabis sativa, con diverse piantagioni attive distribuite su più regioni del nord. La qualità e la quantità delle coltivazioni generavano affari milionari. Questi coltivatori erano talmente esperti da essere chiamati come consulenti da altri gruppi criminali per organizzare le coltivazioni. Si trattava di un’organizzazione consolidata, capace di mettere in piedi impianti complessi che rubavano energia elettrica per alimentare le serre e sostenere la crescita delle piante senza costi aggiuntivi.

Impatto sul territorio e profili degli arrestati

I giovani fermati per lo più incensurati erano parte di un sistema che puntava a mantenere un basso profilo per evitare facili arresti. La tecnica del “djali” consentiva infatti di inserire velocemente nuovi “ragazzi” nel circuito, operando su un modello di lavoro temporaneo e intermittente per lo spaccio di cocaina. Le mansioni erano semplici, ma remunerate con stipendi che superavano facilmente la media per questo tipo di attività illecita, segno di un sistema strutturato e organizzato. Il terremoto giudiziario di queste ore sgretola un meccanismo criminale che ha saputo inserirsi nel mercato delle droghe tra Piemonte e nord Italia spostando quantitativi enormi.

L’attenzione sulla coltivazione della cannabis indoor evidenzia come il traffico di droga si basi non solo sulla distribuzione, ma anche su produzioni interne, con metodi che richiedono competenze tecniche elevate. Il furto di energia elettrica apparso nella ricostruzione è un ulteriore segnale di come gli impianti siano completamente clandestini e illegali, montati nei luoghi nascosti per sfuggire ai controlli. La dimensione di queste coltivazioni rende chiaro il peso del fenomeno, soprattutto ora che molti degli arrestati sono stati tradotti in carcere e le indagini continuano.

L’operazione Djali segna un duro colpo alla criminalità organizzata coinvolta in spaccio e coltivazione di droghe nel nord Italia, mettendo fuori gioco numerosi protagonisti e scavando nelle reti internazionali che li sostengono. Le forze dell’ordine mantengono alta la guardia per bloccare nuovi tentativi di ricostruire le filiere e stanare altri complici ancora latitanti.

Ultimo aggiornamento il 17 Luglio 2025 da Elisa Romano

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Elisa Romano

Elisa Romano è una blogger italiana che si occupa di cronaca, politica, spettacolo, attualità, cultura e salute. Con uno stile chiaro e coinvolgente, racconta i fatti e le storie del momento, offrendo riflessioni e approfondimenti per un pubblico sempre più attento e informato.

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