A Torino, la Guardia di Finanza ha messo sotto sequestro beni per un valore di 600mila euro a carico di un uomo accusato di usura, estorsione e rapina, tutte aggravate dal metodo mafioso. L’indagine, guidata dalla Procura Distrettuale Antimafia, ha ricostruito anni di soprusi ai danni di un imprenditore locale. Fondamentali sono state le intercettazioni e i pedinamenti, che hanno permesso di proteggere la vittima e portare alla luce un sistema criminale ben radicato in città.
Usura a tassi da usuraio, il meccanismo scoperto
L’inchiesta del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Torino è partita da alcune segnalazioni su movimenti sospetti tra un imprenditore torinese e un uomo di origine calabrese residente in città. Secondo l’accusa, quest’ultimo avrebbe imposto prestiti con tassi da usura: il 10% al mese, cioè un interesse annuo del 120%, una soglia ben oltre i limiti di legge. Partendo da un prestito di 154mila euro, la richiesta di rimborso complessiva aveva superato 1,2 milioni di euro, considerando capitale e interessi.
Le intercettazioni ambientali e telefoniche hanno svelato un sistema di potere pesante, con il sospetto che i guadagni derivassero da attività criminali legate a gruppi mafiosi. Il giudice per le indagini preliminari ha disposto il sequestro dopo aver raccolto prove che collegano direttamente le minacce e le intimidazioni al metodo mafioso. Un elemento aggravante è stato rappresentato dalle minacce rivolte anche ai familiari dell’imprenditore.
Minacce e pressioni continue sulla vittima
Nel corso delle indagini sono emersi diversi episodi di intimidazione, con minacce di morte non solo all’imprenditore, ma anche ai suoi familiari. È stato ricostruito come queste minacce condizionassero la vita quotidiana della vittima. Non sono mancate le minacce di danni materiali, come quella di incendiare l’auto dell’imprenditore, e le pressioni per costringerlo a vendere la sua unica proprietà.
Gli investigatori hanno seguito l’imprenditore con pedinamenti e controlli, superando le iniziali reticenze grazie alle intercettazioni che hanno mostrato la durezza delle richieste estorsive. Il punto di svolta è arrivato con l’arresto in flagranza dell’indagato, sorpreso mentre riceveva una busta con soldi, prova concreta della natura predatoria dell’attività. Questo tipo di violenza ambientale ha gravemente limitato la libertà della vittima.
Legami con la ’Ndrangheta e il peso sulla città
Le minacce più pesanti fatte dall’accusato facevano esplicito riferimento a presunti legami con esponenti della ’ndrangheta. L’uomo avrebbe spiegato che il prestito era finanziato da figure di rilievo di questa organizzazione, avvertendo che ogni mancato pagamento avrebbe avuto conseguenze gravissime. Il terrore e il rispetto suscitati da questi riferimenti hanno confermato la presenza di un metodo mafioso, dove l’intimidazione è un pilastro fondamentale.
Questi fatti evidenziano quanto le reti calabresi continuino a influenzare il tessuto economico di Torino. Il controllo passa attraverso l’economia sommersa, le minacce e il sistema degli usurai, un fenomeno che magistratura e forze dell’ordine cercano di spezzare. Operazioni come questa rappresentano un duro colpo ai meccanismi nascosti che minano la legalità.
I beni sequestrati e la lotta contro i reati economici
Il sequestro riguarda conti correnti, buoni postali, immobili – tra cui un complesso abitativo – e quattro auto intestate all’indagato. Tutti beni ritenuti frutto diretto dell’attività criminale legata all’usura e alle minacce mafiose. Il provvedimento mira non solo a colpire l’uomo, ma anche a bloccare la capacità di reinvestire i proventi illeciti, sottraendo risorse alle organizzazioni criminali.
Le forze dell’ordine mantengono alta la guardia sul territorio torinese, pronte a intervenire al minimo segnale di sopruso economico o intimidazione. Il contrasto alla criminalità organizzata passa anche da misure come questa, che impediscono ai capitali sporchi di entrare nell’economia legale e lanciano un messaggio chiaro alle vittime e alle persone più vulnerabili. Nel frattempo, l’indagato resta in custodia cautelare in attesa che l’indagine vada avanti.
Ultimo aggiornamento il 18 Luglio 2025 da Serena Fontana