Un’operazione congiunta della polizia di stato ha portato all’arresto di 14 persone coinvolte in un’organizzazione dedita al traffico di stupefacenti nella provincia di Ascoli Piceno. L’indagine, denominata “Grandsons 2“, ha evidenziato legami con la ‘ndrangheta e l’uso diffuso di armi per mantenere il controllo sul mercato della droga locale.
Dettagli dell’operazione e arresti eseguiti
All’alba del giorno dell’intervento, gli agenti della squadra mobile di Ascoli Piceno insieme alla sezione investigativa del servizio centrale operativo di Ancona hanno eseguito quattordici misure cautelari. Dodici indagati sono stati condotti in carcere, mentre due sono finiti agli arresti domiciliari. L’organizzazione criminale aveva una struttura gerarchica chiara: a capo vi era un soggetto con precedenti legami alla ‘ndrangheta calabrese.
Utilizzo delle armi e controllo del territorio
Questo capo deteneva diverse armi da fuoco – pistole e fucili – oltre a una bomba a mano. Tali strumenti venivano utilizzati non solo per minacciare gruppi rivali nel traffico degli stupefacenti ma anche per intimidire i membri stessi del gruppo o chiunque tentasse opposizione o tradimento. Il controllo violento sul territorio rappresentava uno dei metodi principali per mantenere il monopolio sulle attività illegali.
La base logistica e le modalità operative dell’associazione
L’associazione aveva stabilito la propria base operativa in una casa abusiva situata a Porto d’Ascoli, frazione di San Benedetto del Tronto. Questo luogo fungeva da deposito sotterraneo sia per le sostanze stupefacenti che per le armi sequestrate durante l’indagine. La dimora era decorata con mosaici e raffigurazioni leonine, simboli scelti dall’organizzazione come segno tangibile del potere esercitato nel territorio.
Il gruppo criminale si distingueva anche perché tra i suoi membri figuravano donne e minori che svolgevano ruoli attivi nelle operazioni quotidiane legate allo spaccio e alla gestione delle risorse illegali. Questa presenza sottolinea come l’associazione avesse radicato profondamente la sua influenza nella comunità locale, sfruttando ogni possibile risorsa umana disponibile.
Modalità di comunicazione e attività in carcere
Un elemento significativo emerso dall’inchiesta riguarda il modo in cui alcuni affiliati continuavano a gestire affari criminali nonostante fossero detenuti nelle carceri italiane. Attraverso cellulari nascosti o tramite pizzini – piccoli foglietti scritti a mano – riuscivano a mantenere contatti esterni ed organizzare cessioni di droga anche durante la reclusione.
Questa dinamica conferma come l’organizzazione adottasse schemi tipici delle ‘ndrine calabresi, caratterizzate dalla forte coesione interna e dalla capacità d’adattamento alle condizioni restrittive imposte dalle forze dell’ordine o dagli istituti penitenziari stessi.
Conferenza stampa prevista presso la questura di ancona
Alle ore 11 dello stesso giorno è stata convocata una conferenza stampa presso la questura di Ancona dove saranno forniti ulteriori dettagli sull’intera operazione “Grandsons 2“. All’incontro parteciperanno il procuratore della repubblica locale, il dirigente della squadra mobile ascolana ed il direttore della Sisco anconetana.
Questo momento sarà fondamentale per chiarire altri aspetti investigativi relativi all’attività criminosa scoperta ed illustrare i risultati raggiunti dalle forze dell’ordine impegnate nell’indagine coordinata dai magistrati locali responsabili del procedimento penale contro questa rete dedita allo spaccio nelle Marche.