Omicidio stradale: tre dirigenti del Simu a processo per la morte della campionessa Noemi Carrozza

A Roma, la Procura ha richiesto il rinvio a giudizio di tre dirigenti del Simu per omicidio stradale legato alla morte della nuotatrice Noemi Carrozza, avvenuta nel 2018.
Omicidio stradale: tre dirigenti del Simu a processo per la morte della campionessa Noemi Carrozza Omicidio stradale: tre dirigenti del Simu a processo per la morte della campionessa Noemi Carrozza
Omicidio stradale: tre dirigenti del Simu a processo per la morte della campionessa Noemi Carrozza - unita.tv

La tragica scomparsa di Noemi Carrozza, giovane pluricampionessa di nuoto sincronizzato, avvenuta nel 2018, ha riacceso l’attenzione su questioni di sicurezza stradale a Roma. A sette anni dall’incidente, la Procura ha richiesto il rinvio a giudizio di tre dirigenti del Simu, accusati di omicidio stradale per non aver installato un guardrail intorno all’albero contro cui la giovane si è schiantata. L’udienza preliminare si svolgerà mercoledì, con il direttore del Simu, Roberto Botta, tra gli imputati.

L’incidente fatale di Noemi Carrozza

Il 15 giugno 2018, Noemi Carrozza, allora ventunenne, stava tornando a casa su un motorino Derby 125, acquistato dopo anni di impegno e successi nel nuoto sincronizzato. Mentre percorreva via Cristoforo Colombo, ha perso il controllo del mezzo e si è schiantata contro un albero. Le indagini hanno chiarito che la giovane non stava guidando in stato di ebbrezza, né stava utilizzando il telefono. La sua velocità, di 40 chilometri orari, era inferiore al limite di 50 chilometri orari previsto per quel tratto di strada. Purtroppo, l’impatto con l’albero è stato fatale e Noemi è deceduta durante l’intervento dei soccorritori.

Le responsabilità dei dirigenti del Simu

Secondo l’accusa, i dirigenti del Simu, tra cui Roberto Botta, Fabio Pacciani e Fabio Rocchi, avrebbero dovuto garantire la sicurezza stradale installando una barriera protettiva lungo il percorso. L’assenza di tale misura di sicurezza è al centro delle accuse di omicidio stradale. Botta, in particolare, è accusato di non aver impartito ordini per l’installazione del guardrail, nonostante fosse responsabile del dipartimento Sviluppo infrastrutture manutenzione urbana. Pacciani e Rocchi, rispettivamente direttore delle urbanizzazioni primarie e responsabile delle opere stradali, sono accusati di non aver sollecitato misure di sicurezza adeguate.

Il percorso giudiziario e le indagini

La richiesta di rinvio a giudizio da parte del pubblico ministero Stefano Luciani arriva dopo un lungo iter giudiziario, caratterizzato da due richieste di archiviazione respinte dal gip. I genitori di Noemi, assistiti dagli avvocati Emiliano Natoli e Filomena Trani, hanno opposto resistenza a queste archiviazioni, portando a una nuova valutazione del caso. La Procura ha affidato una consulenza all’ingegner Lucio Pinchera, il quale ha esaminato le circostanze dell’incidente e le normative vigenti al momento della piantumazione del leccio.

Pinchera ha concluso che, essendo l’albero stato piantato prima del 1992, non esisteva un obbligo normativo per l’installazione del guardrail. Tuttavia, il gip ha accolto le argomentazioni degli avvocati della famiglia Carrozza, sostenendo che il Campidoglio ha la responsabilità di garantire la sicurezza stradale, che in questo caso avrebbe dovuto includere l’installazione di una barriera protettiva.

La questione solleva interrogativi sulla responsabilità delle istituzioni nella tutela della sicurezza pubblica e sull’importanza di misure preventive per evitare tragedie come quella di Noemi Carrozza.

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