L’omicidio di Emanuele Durante, un giovane di soli 20 anni, ha scosso profondamente la comunità di Napoli e ha riaperto il dibattito sulla violenza giovanile e sull’assenza di interventi efficaci per la cura dei minori. Nonostante la sua giovane età, Emanuele è stato vittima di un’esecuzione che richiama le pratiche della criminalità organizzata, sebbene non fosse coinvolto in alcuna attività illecita. Questo tragico evento ha messo in luce le carenze nel sistema di supporto per i giovani a rischio e la necessità di un approccio integrato da parte delle istituzioni.
La vita di Emanuele Durante
Emanuele Durante viveva nel Rione Sanità, un quartiere di Napoli, con il padre, mentre la madre risiedeva a Forcella, dove Emanuele era nato. La sua vita è stata segnata da difficoltà e sfide, tanto che era stato segnalato ai servizi sociali per intraprendere un percorso di recupero dopo una denuncia per rissa. Questo percorso, iniziato nei primi giorni di febbraio, si è interrotto tragicamente una settimana prima della sua morte, avvenuta a colpi di pistola. La sua storia è emblematicamente legata a quella di Annalisa Durante, cugina di Emanuele e vittima innocente della camorra, uccisa nel 2004. Sebbene i due non si siano mai conosciuti, il loro legame rappresenta un simbolo della violenza che affligge la città.
Il coordinatore del Patto educativo, Gennaro Pagano, ha sottolineato come Emanuele rappresenti un caso emblematico di una realtà più ampia: molti giovani a Napoli non ricevono il supporto necessario in tempo utile. Pagano ha evidenziato che l’emergenza legata ai minori non è un fenomeno recente, ma una problematica radicata nel tessuto sociale della città. La mancanza di un intervento tempestivo e adeguato ha portato a una spirale di violenza e disperazione, che colpisce i ragazzi più vulnerabili.
Leggi anche:
Necessità di interventi precoci
Il percorso di recupero di Emanuele, sebbene avviato, è stato considerato tardivo. Pagano ha evidenziato che, secondo la letteratura scientifica, gli interventi più efficaci per i minori provenienti da famiglie con difficoltà dovrebbero iniziare già nei primi anni di vita, tra 0 e 6 anni. Tuttavia, a Napoli, i progetti dedicati a questa fascia d’età sono limitati e insufficienti. La mancanza di un tutoraggio adeguato per le famiglie multiproblematiche contribuisce a perpetuare un ciclo di povertà e violenza.
Il Patto educativo ha cercato di rispondere a queste esigenze attraverso vari progetti nei quartieri della città, focalizzandosi sui minori a rischio. Tuttavia, la mancanza di un coordinamento efficace e di investimenti mirati per le fasce d’età più giovani rappresenta un ostacolo significativo. Gli interventi devono essere strutturati e integrati, piuttosto che limitati a misure parziali che, come nel caso di Emanuele, arrivano troppo tardi per fare la differenza.
La politica e la cura dei minori
Il tema della cura dei ragazzi a Napoli è strettamente legato alle politiche sociali della città. Pagano ha affermato che la questione dell’educazione e del supporto ai minori non è una priorità per molti politici, e questo è evidente durante le campagne elettorali. La mancanza di un intervento complessivo, che coinvolga non solo i ragazzi ma anche le loro famiglie, è un problema che richiede attenzione immediata. È fondamentale che le istituzioni collaborino con il privato sociale e il volontariato, creando una rete di supporto che coinvolga scuole, parrocchie e associazioni sportive.
La situazione attuale evidenzia una mancanza di visione strategica, che impedisce una presa in carico tempestiva e adeguata dei minori a rischio. Con l’aumento della povertà nei quartieri più difficili e la dispersione scolastica in crescita, il bisogno di interventi efficaci è più urgente che mai. Pagano ha messo in guardia sul fatto che le aree della città che spesso vengono ignorate potrebbero diventare la maggioranza, se non si agisce in modo deciso.
La necessità di un cambiamento
La morte di giovani come Emanuele, a soli 20 anni, è inaccettabile e non può essere giustificata da eventuali legami con la criminalità. È essenziale che la comunità e le istituzioni comprendano che la soluzione non risiede nella repressione o nella divisione tra buoni e cattivi, ma in un intervento adeguato e in un investimento reale nella cura dei ragazzi. La sicurezza non può essere garantita solo attraverso misure di protezione, ma richiede un impegno collettivo per offrire alternative concrete ai giovani, affinché possano costruire un futuro migliore, lontano dalla violenza e dalla povertà.