La procura di Pavia ha riacceso le indagini sull’omicidio di Chiara Poggi, vittima assassinata nel 2007. Il nuovo filone investigativo coinvolge Andra Sempio e si concentra su reperti trovati negli ultimi accertamenti. Un elemento finora ritenuto cruciale, l’intonaco grattato dalla parete vicino al luogo del ritrovamento del cadavere, non ha fornito il dna sperato dagli investigatori. A Milano si è infatti aperto l’incidente probatorio che svela i dettagli più recenti delle analisi forensi.
Scomparsa del dna sull’intonaco vicino al luogo del delitto
Le analisi recenti hanno confermato che non è stato possibile estrarre dna dall’intonaco grattato, reperto che era stato considerato centrale per fare luce sull’omicidio di chiara poggi. Il 13 agosto 2007, il corpo della ragazza era stato rinvenuto ai piedi di una scala in quella casa di Garlasco, in provincia di Pavia. La procura aveva puntato l’attenzione proprio su quella porzione di parete dove era stata isolata l’impronta 33, attribuita successivamente ad Andra Sempio.
I carabinieri, nelle settimane precedenti, hanno tentato di prelevare materiale organico da quella superficie per ottenere profili genetici che confermassero la presenza del sospettato o di altre persone. Quei tentativi non hanno avuto esito, compromettendo la possibilità di approfondire quel dettaglio investigativo. L’assenza del dna ha rallentato quei particolari accertamenti che invece avrebbero potuto contribuire a definire con maggior chiarezza i movimenti e i contatti nelle ore successive al delitto.
Il ruolo dell’impronta 33 e la posizione di andra sempio nell’inchiesta
L’impronta 33 ricopre ancora un ruolo fondamentale nel quadro probatorio, anche se la mancanza di conferme aggiuntive da quei reperti indebolisce la pista. Quella traccia era stata associata a Sempio, che rimane il principale indagato nell’indagine riaperta recentemente. Il collegamento tra impronta e sospettato è uno degli snodi chiave affrontati nell’incidente probatorio.
Da quel momento, tutte le altre evidenze raccolte e le impronte repertate vengono riesaminate con attenzione, per conforto o smentita della tesi accusatoria. Non si tratta solo di analizzare vecchie prove, ma anche di verificare metodi e modalità di conservazione. Ciò appare cruciale per garantire la validità tecnica di ogni dato prima che possa essere portato in giudizio.
Modalità di conservazione delle prove e impatto sulle valutazioni forensi
L’apertura delle buste contenenti le impronte raccolte sulla scena del crimine ha evidenziato un dettaglio importante: i segni non erano conservati con fascette paradesive come previsto da prassi, ma su fogli di acetato. Questo elemento ha sollevato qualche perplessità tra i periti e contribuisce a spiegare le difficoltà riscontrate nelle analisi.
La conservazione in acetato può alterare le proprietà dei materiali, soprattutto se si considera il passare del tempo e le condizioni ambientali a cui sono stati esposti gli oggetti. Tali fattori rischiano di compromettere la qualità delle impronte, limitando le possibilità di estrazione di dna o altre tracce biologiche. L’attenta verifica della procedura è dunque fondamentale, perché può incidere sulla forza probatoria delle rilevazioni.
Dubbi sulle prove in tribunale
In alcuni casi, metodi di raccolta non conformi possono generare dubbi sulla validità del materiale in tribunale. Gli esperti impegnati nell’incidente probatorio devono quindi valutare con attenzione ogni aspetto tecnico collegato alla conservazione e al trattamento delle prove, prima di consegnare un quadro conclusivo agli inquirenti.
Il procedimento a Milano rappresenta uno snodo importante per l’esame delle prove raccolte finora nell’omicidio di Chiara Poggi. Con la sparizione del dna dall’intonaco e le criticità legate alla conservazione delle impronte, la procura di Pavia dovrà decidere il prossimo passo per cercare ulteriori elementi utili a chiarire la dinamica di quella tragica giornata del 2007.