La riapertura dell’inchiesta sull’omicidio di Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci richiama l’attenzione su alcuni dei protagonisti dell’estremismo politico milanese degli anni Settanta. Questi tre uomini, già noti negli ambienti dell’ultradestra e della criminalità romana, vengono nuovamente iscritti nel registro degli indagati in relazione a un delitto che ha segnato la storia della città. La vicenda, ferma per anni, torna a interrogare sull’intreccio tra politica, violenza e criminalità organizzata in quegli anni.
I protagonisti dell’inchiesta: volti noti dell’estremismo e legami con la criminalità
Fra i nomi ripresi dall’indagine spiccano Massimo Carminati, Mario “Marione” Corsi e Claudio Bracci. Quest’ultimi, sebbene coinvolti in passato in numerose indagini, ora trovano di nuovo posto nella ricostruzione del caso Tinelli-Iannucci, assassinati a Milano nel marzo 1978. Le indagini iniziate nel 2000 e archiviate per mancanza di prove solide si riaprono su basi investigative rinnovate. L’archiviazione originale aveva suscitato dubbi tra parenti e sostenitori delle vittime, convinti della responsabilità degli indagati.
I tre uomini appartengono tutti a quel sottobosco degli anni di piombo in cui estremismo politico e criminalità organizzata si sovrapponevano. Ognuno con un ruolo differente, ma uniti da rapporti di lungo corso e collaborazioni criminali. La vicinanza ai Nar o alla Banda della Magliana funge da filo conduttore. La scelta del luogo e del momento dell’agguato conferma una strategia e una consapevolezza difficile da ignorare.
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Massimo carminati, da nar a figura chiave delle trame criminali romane
Tra gli indagati, Carminati è la figura più conosciuta. Nato in un contesto di radicalismo nero, ha intrecciato la sua carriera politica e criminale tra i Nar e la Banda della Magliana. Secondo documenti d’archivio e intercettazioni, fu lui a teorizzare il concetto di “mondo di mezzo”, ovvero uno spazio in cui politica, illegalità e affari si intrecciano. Questo spiega la sua capacità di muoversi tra ambienti diversi, mantenendo il controllo su molte operazioni illecite.
La perdita dell’occhio, che gli ha valso il soprannome “Er cecato”, è avvenuta durante uno scontro con la polizia, un episodio che contribuisce alla sua fama negli ambienti più duri di quegli anni. La sua militanza nel Msi, i periodi di guerriglia in Libano e le accuse, spesso archiviate o prosciolte, per gravi reati, delineano un profilo complesso e inquietante.
Carminati è tornato alla ribalta nel 2010 con l’inchiesta Mafia Capitale. Qui è stato indicato come uno dei vertici di una rete che ha condizionato gli appalti pubblici di Roma, specialmente nel settore rifiuti. Dopo una condanna a dieci anni, il suo nome rimane un simbolo delle zone d’ombra tra politica e criminalità.
Mario “marione” corsi, dal terrorismo alla cultura ultras, tra accuse e assoluzioni
Mario Corsi, conosciuto come “Marione”, ha un’immagine più legata al mondo ultras della Roma ma con un passato radicato nella destra estrema. Giornalista radiofonico conosciuto per la sua parlantina e i modi coloriti nel commentare le partite, ha costruito nel tempo un personaggio popolare, soprattutto online. Ma dietro questa immagine si cela un iter segnato da episodi inquietanti, da accuse mai confermate fino a sospetti riguardo a violenze e attentati negli anni di piombo.
Corsi risulta collegato ai Nar e al Fronte della Gioventù, con un profilo che si sovrappone a quello di militanti attivi nei fatti di sangue o nelle azioni intimidatorie della fine degli anni Settanta e degli Ottanta. Le sue apparizioni radiofoniche negli anni Novanta, in cui si è imposto come voce della tifoseria giallorossa, avrebbero in realtà avuto, secondo diverse fonti, anche uno scopo di pressione sulla società sportiva per ottenere privilegi o arginare scontri tra ultras.
La linea sottile fra il giornalismo sportivo e l’attività politica si è confusa con episodi ancora oggi oggetto di indagine o di riflessione. Le assoluzioni registrate lungo gli anni non hanno cancellato la presenza di Corsi negli ambienti legati all’estremismo e alla criminalità organizzata.
Claudio bracci, il legame familiare con carminati e un passato segnato da processi
Claudio Bracci è forse la figura meno nota al grande pubblico ma ugualmente significativa nel quadro dell’estremismo romano e milanese. Da sempre vicino a Carminati, a cui è legato da rapporti di parentela, è presente nell’agone criminale come “fascista di zona” con precedenti per associazione per delinquere di stampo terroristico.
Nel corso degli anni, Bracci ha collezionato arresti e processi legati a omicidi e traffici gestiti dalla Banda della Magliana. Un episodio particolare fa riferimento al rinvio a giudizio per l’omicidio di un tabaccaio, evento nel quale lui e Carminati sarebbero stati protagonisti di azioni ordinate da boss mafiosi. Alla fine, però, le accuse sono cadute in sede processuale.
Nel 1993 è stato coinvolto in un’indagine per aver presumibilmente partecipato ai “lavori sporchi” della criminalità romana. Anche in questo caso, però, è stato assolto. Questa alternanza di accuse e archiviazioni lascia un quadro misterioso, ma carico di sospetti e connessioni pericolose, confermando come quegli ambienti abbiano avuto rapporti fondati sulla violenza e l’illegalità strutturata.
Le nuove aperture investigative intorno a questo caso storico confermano che la violenza politica della fine degli anni Settanta non può dirsi mai completamente archiviata. Le figure coinvolte, con le loro connessioni nel mondo delle tifoserie, dell’estremismo e della criminalità, continuano a intrecciarsi nella memoria della città e a mantenere vivo il dibattito sulle responsabilità e le ombre di un passato ancora da chiarire.