Home Nuova ricostruzione sul delitto di chiara poggi: le impronte e il lavandino non puliti come nella sentenza ufficiale

Nuova ricostruzione sul delitto di chiara poggi: le impronte e il lavandino non puliti come nella sentenza ufficiale

Nuove indagini sull’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco mettono in discussione la condanna di Alberto Stasi, rivelando dubbi sulla pulizia della scena del crimine e possibili complicazioni nel caso.

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L’inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco si riapre con nuovi accertamenti che mettono in dubbio la pulizia delle tracce di sangue e la presenza di più persone coinvolte, pur mantenendo la condanna di Alberto Stasi. - Unita.tv

L’inchiesta sull’omicidio di chiara poggi, avvenuto a garlasco, si arricchisce di un nuovo capitolo dopo una ricostruzione alternativa delle prove da parte del nucleo investigativo di milano e della procura di pavia. L’ipotesi, contrapposta alla sentenza definitiva che ha condannato alberto stasi a 16 anni, mette in discussione un dettaglio cruciale: l’assassino davvero si sarebbe lavato le mani e ripulito le tracce di sangue nel bagno, come sostiene invece la sentenza? I nuovi accertamenti rivelano un quadro differente e sollevano nuovi dubbi sull’azione dell’aggressore.

Le impronte sul dispenser del sapone: un punto centrale della sentenza

La sentenza di condanna di alberto stasi si basa in parte su due impronte digitali trovate sul dispenser del sapone nel bagno al piano terra dell’abitazione di chiara poggi. La corte d’appello bis e la cassazione hanno interpretato queste tracce come una prova evidente: l’assassino si sarebbe lavato le mani dopo aver commesso il delitto, utilizzando il dispenser e poi pulendo il lavandino per cancellare ogni traccia ematica. Secondo i giudici, la posizione e l’assenza di dna della vittima sulle impronte indicano che chi le ha lasciate ha maneggiato il dispenser per ripulirlo dopo essersi lavato, lasciando dietro solo le sue proprie impronte.

Elemento chiave nella conferma della condanna

Questo particolare dettaglio ha pesato molto nella conferma della condanna di stasi, inserendo le tracce sul dispenser tra le prove più forti a suo carico. La sentenza sottolinea che il comportamento dell’aggressore si riflette nelle manovre di pulizia, ritenute indicative di una consapevolezza del crimine appena commesso e della volontà di eliminare ogni elemento che potesse collegarlo direttamente all’omicidio.

Criticità nella pulizia del lavandino e del dispenser secondo il nucleo investigativo di milano

Gli investigatori del nucleo investigativo di milano hanno ripreso in mano le registrazioni e i reperti raccolti sulla scena del crimine, provando a mettere in discussione questo scenario. I rilievi del ris confermano che sul lavandino del bagno al piano terra non c’erano tracce di sangue, ma un’analisi più approfondita mette in dubbio che il lavandino e il dispenser siano stati effettivamente puliti.

Sui reperti, in particolare sul dispenser, sono visibili numerose impronte papillari sovrapposte, molte delle quali risultano mescolate e non cancellate come ci si aspetterebbe da una pulizia accurata. Inoltre, è stato riscontrato dna non solo di chiara poggi, ma anche di sua madre su quel dispenser e dintorni, prova che per gli inquirenti toglie validità all’ipotesi di un lavaggio del lavabo e del sapone. Se davvero fossero stati ripuliti a fondo, queste tracce non sarebbero rimaste intatte.

Foto e reperti che mettono in dubbio la pulizia

A rafforzare questo dubbio, una fotografia scattata durante i primi rilievi mostra la presenza di quattro capelli lunghi e neri vicino allo scarico del lavandino. Quei capelli non sono mai stati repertati come prova, ma indicano chiaramente per gli inquirenti che il lavandino non è stato lavato dopo l’omicidio. Se qualcuno avesse pulito i segni di sangue, i capelli sarebbe stati probabilmente portati via dall’acqua.

L’impronta 10 sulla porta di ingresso e la possibilità di più persone coinvolte

Un altro elemento nuovo inserito nella ricostruzione degli investigatori è quella che è stata chiamata “impronta 10”, rinvenuta sulla parte interna della porta d’ingresso dell’abitazione. Questa traccia viene considerata di possibile rilievo perché potrebbe essere stata lasciata dall’assassino sia al momento di entrare, sia soprattutto mentre tentava la fuga dalla scena del crimine.

La posizione di quest’impronta apre uno scenario più complesso rispetto alla ricostruzione ufficiale: infatti, la presenza di tracce nell’area di ingresso fa pensare a una dinamica più articolata. Delitto che secondo alcune ipotesi potrebbe non essere stato opera di una sola persona. I carabinieri e la procura stanno valutando questa possibilità, anche se la pista rimane ancora da esplorare con ulteriori indagini.

Nuovi scenari investigativi aperti

L’intervento degli investigatori ha dunque scombussolato una parte importante della versione finora accreditata dalla giustizia. Questo non cambia la condanna di stasi, ma riapre il dibattito su come sono maturate le conclusioni sulla scena del crimine e su quali elementi possono essere ancora rivisti. Oltre a porre nuova attenzione a dettagli finora rimasti in secondo piano, questa ricostruzione indica percorsi investigativi ancora aperti, almeno per chi segue da vicino il caso chiara poggi.