La vicenda giudiziaria che ha coinvolto due galleristi sardi accusati di aver falsificato opere dell’artista Maria Lai si è conclusa con un’assoluzione. Il Tribunale di Cagliari ha stabilito che non esistono prove sufficienti per sostenere l’accusa, confermando l’autenticità delle opere contestate. Questo caso aveva acceso un dibattito sulla tutela del patrimonio artistico in Sardegna e sulle difficoltà nel distinguere le creazioni originali da eventuali falsificazioni.
il processo e l’accusa contro i galleristi luigi puddu e dante crobu
Luigi Puddu e Dante Crobu erano finiti sotto indagine con l’ipotesi di aver messo in commercio una serie consistente di opere contraffatte attribuite a Maria Lai, artista originaria di Ulassai morta nel 2013. L’inchiesta era partita dopo alcune segnalazioni presentate dall’Archivio Maria Lai, istituzione incaricata della custodia dell’eredità artistica della creatrice, che aveva notato la circolazione sospetta di lavori dubbi.
Nel giugno 2020 il Nucleo per la tutela del patrimonio culturale dei Carabinieri completò le indagini, portando al sequestro preventivo di 27 pezzi esposti in una galleria d’arte a Cagliari. Questi furono considerati potenziali falsi dalla procura. Tuttavia il Tribunale del Riesame intervenne successivamente disponendo il dissequestro delle opere, ritenendo insufficienti gli elementi probatori forniti fino a quel momento.
Durante il procedimento giudiziario i due imputati hanno sempre respinto con fermezza le accuse. In particolare hanno dichiarato che tutte le loro opere sono autentiche e corredate da documentazione comprovante la provenienza legittima.
La difesa basata sulla provenienza delle opere e i riscontri documentali
Dante Crobu ha spiegato come fosse entrato in possesso dei lavori tramite un anziano gallerista sassarese attivo già negli anni Sessanta; proprio quest’ultimo fu tra i primi promotori delle mostre dedicate a Maria Lai all’inizio della sua carriera artistica. Questo dettaglio assume rilievo perché offre una linea storica coerente rispetto all’origine degli oggetti contestati.
L’attendibilità dei documenti allegati alla difesa è stata fondamentale per dimostrare la veridicità dei pezzi esposti nelle collezioni private o pubbliche gestite dai due galleristi. La mancanza quindi di elementi concreti sul presunto intento fraudolento ha portato alla sentenza favorevole emessa dal tribunale presieduto dalla giudice Sara Caterina Ghiani.
Implicazioni per la tutela del patrimonio culturale locale
Questo episodio mette in luce quanto sia delicata la gestione delle testimonianze artistiche soprattutto quando riguardano figure rilevanti come Maria Lai nel contesto culturale sardo ed italiano più ampio. Le accuse rivolte ai venditori avevano sollevato preoccupazioni circa possibili infiltrazioni nel mercato dell’arte locale ma anche nazionali.
Il rigore applicato dagli organi giudiziari sottolinea però quanto servano prove solide prima di muovere accuse gravi legate alla contraffazione artistica, tutelando così sia chi opera onestamente sia chi detiene diritti sull’eredità creativa degli autori scomparsi.
L’importanza degli archivi ufficiali
Il caso riporta inoltre attenzione sull’importanza degli archivi ufficiali come quello dedicato a Maria Lai: enti chiamati ad assicurare correttezza nella catalogazione e nella certificazione dei lavori originali presenti sul mercato dell’arte contemporanea italiana ed internazionale.