Molestie e silenzi al reparto radiologia di piacenza, arrestato primario per violenza sulle colleghe

Arrestato il primario di radiologia dell’ospedale di Piacenza, Emanuele Michieletti, accusato di violenze sessuali su colleghe. Le testimonianze rivelano un clima di omertà e prevaricazione nel reparto.
Il primario del reparto di radiologia dell’ospedale di Piacenza, Emanuele Michieletti, è stato arrestato per violenza sessuale su colleghe, in un clima di omertà e abusi denunciato da alcune vittime coraggiose. - Unita.tv

Nel reparto di radiologia dell’ospedale di Piacenza si è consumata una vicenda di abusi che ha coinvolto il primario del settore, Emanuele Michieletti, arrestato nelle ultime settimane con l’accusa di violenza sessuale su diverse colleghe. Le testimonianze raccolte rivelano un clima di prevaricazione e omertà che ha fatto da sfondo agli episodi.

La testimonianza di una dipendente che ha denunciato molestie ripetute

Una dipendente dell’ospedale, che ha voluto raccontare la sua esperienza al quotidiano Libertà, ha descritto un ambiente di lavoro dove Michieletti utilizzava il suo ruolo per atteggiarsi a figura autoritaria, quasi un “padre-padrone”. La donna parla di “approcci pesanti” ricevuti più volte, che però ha sempre respinto con fermezza, manifestando disgusto per il comportamento del primario. Il medico appariva sicuro di sé grazie a una certa capacità di attrazione sulle colleghe, creando attorno a sé un gruppo ristretto di fedelissime. Il suo studio era inaccessibile senza il suo permesso, con una porta che andava prima suonata e poi spesso chiusa a chiave. Il racconto evidenzia come fossero frequenti incontri di natura sessuale in quell’ambiente, sospettati da molti, anche se nessuno è intervenuto per fermare questa situazione. La dipendente ha voluto sottolineare il coraggio mostrato nel ribellarsi a queste avances indebite.

Un clima di omertà che ha favorito gli abusi nel reparto radiologia

Secondo l’atto giudiziario che ha portato all’arresto di Michieletti, nel reparto vigeva un clima di silenzio ed evasione della realtà. La donna ha riferito che tutti erano a conoscenza degli atteggiamenti del primario, ma nessuno si schierava per impedire che accadessero gli episodi. Le molestie e le violenze venivano ridotte a mera goliardia, un gioco che poteva essere tollerato o ignorato. Il vero problema emerso è stato proprio la passività delle colleghe verso le richieste del medico, un meccanismo che ha generato una sorta di condanna implicita. Si partiva dall’ipotesi che si dovesse accettare in maniera forzata la volontà di chi deteneva il potere nel reparto.

Il ruolo del primario e la gestione del reparto radiologia sotto accusa

L’arresto di Emanuele Michieletti mette sotto i riflettori un modello di gestione in cui l’autorità e il prestigio professionale sono stati strumentalizzati per mantenere un controllo personale e abusare delle colleghe. La sua immagine di uomo carismatico e affascinante ha finito per coprire comportamenti inaccettabili che invece si sono protratti per molto tempo all’interno di quel reparto. Il gesto di chi ha denunciato ha spezzato un muro di silenzio che, tra reticenze e paura, ha coperto per anni atti di molestia e violenza sessuale. Il fatto che il suo studio fosse un luogo esclusivo, chiuso agli altri, ha favorito dinamiche opache difficili da monitorare e impedire. Ora la vicenda si dirige verso il processo ma intanto ha acceso un confronto sulla sicurezza e i diritti delle lavoratrici nel contesto sanitario pubblico.

Il peso delle denunce e l’importanza delle vittime che si sono fatte avanti

Le dichiarazioni di chi ha denunciato hanno dato avvio a un’inchiesta che ha raccolto elementi giudiziari per l’arresto del primario. Queste testimonianze confermano come in situazioni di abuso siano spesso le vittime a dover affrontare la pressione di un ambiente ostile dove la parola “no” fatica a trovare ascolto. Il caso di Piacenza richiama l’esigenza di proteggere chi subisce molestie e violenze, garantendo canali sicuri per denunciare senza timore di ripercussioni. Senza questa volontà di rompere la barriera del silenzio, questi fenomeni restano difficili da sconfiggere. Il coraggio delle lavoratrici di quel reparto ha permesso di far emergere una realtà crudamente ignorata fino a poche settimane fa.