In Italia restano oltre mille cadaveri non identificati, con un numero particolarmente alto nelle grandi città come Milano e Roma. Questi corpi, spesso trovati in luoghi isolati o abbandonati, non hanno mai ricevuto un’identità e in molti casi sono stati sepolti a spese dei comuni. Da nord a sud, un protocollo firmato da varie regioni punta a uniformare le procedure di raccolta dati e campioni biologici per provare a dare risposte a famiglie e autorità.
I cadaveri non identificati in italia: numeri e distribuzione
Al 30 aprile 2025, si contano 1.108 salme senza nome su tutto il territorio nazionale. Solo nell’ultimo anno a Roma ne sono stati trovati 251, una cifra che fotografa il problema della città con una concentrazione molto alta. In altre zone come Milano, Genova e alcune aree più piccole, i corpi senza riconoscimento sono stati trovati tranquillamente in zone desolate: binari dei treni, boschi, baracche o abitazioni che versano in stato di abbandono, ma anche sulle sponde dei fiumi e perfino all’interno degli ospedali. Questi ambienti mostrano una realtà complessa, fatta di persone scomparse spesso senza che nessuno reclamasse i loro resti. La gestione di questi corpi ricade in molte occasioni sulle amministrazioni locali che si fanno carico delle spese funerarie.
Di fatto, sono oltre 650 i corpi già sepolti a carico dei comuni grazie a un protocollo nazionale siglato da diverse regioni italiane e dal commissario straordinario per le persone scomparse. Questo accordo ha l’obiettivo di facilitare il lavoro delle autorità e migliorare la raccolta di dati e campioni biologici, così da alimentare una banca dati del Dna dedicata a queste vittime “invisibili”. Lo scopo è chiaro: provare a identificare quei cadaveri mai reclamati, mai censiti ufficialmente.
Il protocollo tra regioni e autorità per gestione e identificazione
A partire dalla Lombardia, la prima a firmare l’intesa, fino alla Sardegna che l’ha sottoscritto da poco, un totale di nove regioni ha aderito a questi accordi. Questo percorso ha il sostegno dei prefetti, delle procure, degli istituti di medicina legale e delle università, oltre all’Anci e ai singoli comuni. Questi ultimi si fanno carico delle spese per trasporto e tumulazione delle salme non identificate.
Non tutte le regioni hanno ancora definito il protocollo, ma il numero di enti coinvolti sottolinea che si sta lavorando su un sistema omogeneo che possa uniformare le procedure ovunque. Questo è necessario visto l’aumento dei casi e la difficoltà riscontrata nel dare informazioni certe e aggiornate al pubblico e alle autorità che si occupano di persone scomparse. La collaborazione mira a rendere più veloce il riconoscimento anche attraverso il deposito sistematico di campioni biologici e la raccolta di elementi utili al confronto, per esempio, con dati genetici di familiari che riportino scomparsi.
Il processo contribuisce anche a ridurre il peso delle sepolture a spese pubbliche, limitando i costi e facilitando la gestione di resti senza nome. Si allarga quindi un circuito di responsabilità distribuite, dalla regione al comune passando per gli enti giudiziari e sanitari.
La situazione in lombardia: dati precisi e campioni biologici raccolti
La Lombardia resta la regione con il maggior numero di casi tra quelle che hanno firmato il protocollo. Al momento si registrano 180 cadaveri non identificati suddivisi tra varie province: Milano da sola ne conta 101, seguono Pavia con 22, Bergamo con 8, e altri numeri più piccoli nelle province di Lecco, Como, Cremona, Brescia, Lodi, Mantova, Monza Brianza, Sondrio e Varese.
Solo in 74 casi gli esperti sono riusciti a prelevare un campione biologico per analisi del Dna, e di questi soltanto 22 sono finiti nella banca dati nazionale. Questo lascia però una gran parte che ancora manca di informazioni genetiche fondamentali per l’identificazione.
Gli effetti personali recuperati con i cadaveri sono stati 55, mentre 83 corpi presentavano segni particolari come tatuaggi, cicatrici o altre caratteristiche riconoscibili. Questi dettagli potrebbero risultare preziosi per il riconoscimento futuro, soprattutto con l’ausilio della banca dati genetica aggiornata regolarmente.
Il caso del lazio: roma protagonista nelle difficili identificazioni
Il Lazio, secondo la Lombardia per numero di corpi non reclamati, arriva a 269 salme registrate fino al 30 aprile 2025. Roma è la città più colpita, con un totale di 251, seguita da altri centro minori come Latina, Rieti e Viterbo.
Gli esami genetici sono stati effettuati su 107 casi, con assunzione di campioni e successiva introduzione in banca dati su disposizione della procura. Questi dati permettono di mantenere un archivio aggiornato per cercare di confrontare i Dna con quelli di famiglie o di persone scomparse.
69 cadaveri presentano segni particolari utili per un riscontro immediato: dettagli sul corpo che possono essere indicazioni per il riconoscimento, e 42 avevano effetti personali accanto. Documenti non se ne trovano quasi mai, la maggior parte sono vestiti, oggetti personali o piccoli beni di valore limitato.
L’alta concentrazione di corpi senza nome nella capitale conferma le difficoltà legate alla città estesa, dove le persone scomparse restano spesso irrintracciabili. Il sistema di protocolli mira a migliorare la gestione di questi casi, ma serve tempo per aggiornare punti critici e distribuzione delle risorse.