Migrazioni dei docenti tra nord e sud Italia: a Milano oltre 4.600 insegnanti chiedono il trasferimento verso il sud
L’esodo annuale di insegnanti da Milano verso il sud Italia continua, con 4.621 richieste di trasferimento per l’anno scolastico 2025-2026, evidenziando problematiche lavorative e sociali nel sistema educativo.

Ogni anno migliaia di insegnanti italiani chiedono il trasferimento dal Nord, soprattutto da Milano, verso il Sud, spinti da motivi familiari, economici e lavorativi, causando difficoltà organizzative nelle scuole di origine e opportunità in quelle di destinazione. - Unita.tv
Il fenomeno delle richieste di trasferimento degli insegnanti in Italia si ripresenta ogni anno con costanza, ma le tendenze restano sempre le stesse: migliaia di docenti cercano di lasciare le città del Nord per ritornare nelle regioni meridionali, spesso quelle di origine. Tra le grandi città, Milano si conferma protagonista di questo esodo, con numeri molto alti di richieste. Le cause e le dinamiche di questa migrazione interna riflettono condizioni lavorative, sociali ed economiche particolari, che riguardano non solo la scuola ma anche le comunità coinvolte.
L’esodo dei docenti da milano: numeri e implicazioni
Milano si trova al centro di un importante spostamento di insegnanti in vista dell’anno scolastico 2025-2026. Secondo le ultime rilevazioni, 4.621 docenti hanno formalizzato domanda di trasferimento verso regioni del sud Italia, superando ampiamente quelli che chiedono sedi alternative nel settentrione o nel centro del paese. Questa cifra alta mostra una pressione significativa sulle scuole milanesi, che dovranno fronteggiare un depauperamento del corpo docente.
I motivi dietro questa scelta sono diversi. Alcuni insegnanti cercano di tornare vicino alle famiglie d’origine, spesso situate nel meridione, mentre altri vogliono allontanarsi da un contesto urbano che può risultare stressante per molti aspetti, come costi di vita elevati o difficoltà di inserimento sociale. Le domande di trasferimento interessano soprattutto gli istituti primari e secondari di secondo grado, ma non mancano richieste anche nelle scuole dell’infanzia.
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L’esodo crea problemi organizzativi, data l’improvvisa necessità di coprire molti posti vacanti a Milano all’inizio dell’anno scolastico. Le amministrazioni scolastiche locali devono attivare procedure di supplenze e incentivare stabilizzazioni, per garantire la continuità didattica. Questo movimento fa emergere anche un disagio latente legato alla condizione dei lavoratori della scuola nelle grandi metropoli, dove il lavoro chiede costante mobilità e adattamento.
Cause che spingono al trasferimento verso il sud
Le richieste di trasferimento da nord a sud rispecchiano una serie di fattori sociali e lavorativi. Il rincaro delle spese abitative nelle grandi città, come Milano, pesa certamente sulle famiglie degli insegnanti. I costi elevati per affitti e servizi spingono molti a prediligere contesti più familiari e meno costosi, tipici di varie aree del sud Italia.
A questo si aggiunge il desiderio di ricongiungersi con la famiglia d’origine, spesso presente proprio nel meridione. Molti docenti spiegano che “il legame con il territorio è un elemento centrale nella loro qualità di vita e nella gestione dei propri impegni personali.” La distanza da parenti stretti, amici e tradizioni pesa molto, anche nei casi in cui i contratti di lavoro sono nazionali e apparentemente neutrali dal punto di vista geografico.
Sul versante professionale, lavorare lontano da casa implica spesso una maggiore fatica fisica e mentale. Spostarsi ogni giorno o vivere in città sconosciute senza una rete di supporto aumenta il carico quotidiano. In alcune situazioni, inoltre, le condizioni operative degli istituti del Nord possono essere caratterizzate da una pressione elevata dovuta all’alto numero di studenti e a esigenze organizzative serrate.
La somma di questi elementi alimenta una fuga verso il sud che non è solo anagrafica ma riguarda i percorsi di vita e di carriera degli insegnanti. Queste dinamiche mettono in luce alcune diseguaglianze nel sistema scolastico, legate più agli aspetti sociali che alle regole formali di gestione.
Impatti sulle scuole di origine e di destinazione
I flussi migratori del personale scolastico coinvolgono non solo le città di partenza ma anche quelle di destinazione. Il ritorno massiccio di docenti nelle regioni meridionali determina un aumento delle risorse umane nelle scuole di quei territori, in molti casi a fronte di una domanda scolastica stabile o in diminuzione.
Questa nuova presenza può consentire alle scuole del sud di colmare carenze di organico, rendendo possibile una migliore distribuzione degli insegnanti e, eventualmente, la copertura di cattedre altrimenti scoperte. La presenza di personale con esperienza maturata in contesti diversi può portare un contributo positivo anche sul piano didattico.
Nel contempo, le scuole del Nord, e Milano in particolare, si trovano a fronteggiare il problema del personale mancante in organico. L’uscita di migliaia di insegnanti impone un rafforzamento delle operazioni di supplenza e una gestione attenta delle assegnazioni. Non è raro che, in certe realtà, si debbano prorogare o estendere contratti di insegnanti precari per far fronte alla carenza.
Questo va a pesare ulteriormente sulle risorse e sulla capacità delle direzioni scolastiche, rendendo più complesso mantenere standard didattici e organizzativi consolidati. Sul medio termine, la situazione scatena riflessioni sulle condizioni di lavoro e sulle politiche di reclutamento, per evitare fenomeni di fuga che destabilizzano l’intero sistema educativo.
Tendenze e prospettive per il 2025
Il quadro delle richieste di trasferimento scolastico a fine anno 2024 conferma un trend radicato da anni. Le regioni del sud rivelano un afflusso maggiore di insegnanti provenienti dal centro e soprattutto dal nord Italia. Questo movimento interessa scuole di ogni ordine e grado, anche se alcune categorie di docenti spiccano per un numero più alto di spostamenti.
La preferenza per il ritorno nelle proprie regioni d’origine è la costante predominante nelle cifre ufficiali. Le province più colpite da queste uscite sono Torino, Milano, Bologna, Venezia e Genova. Proprio da queste città arrivano flussi decisi di insegnanti, che nel complesso superano decine di migliaia ogni anno.
La mobilità verso il sud non si limita a questioni familiari. Anche alcuni fattori legati alla qualità della vita, ai ritmi meno frenetici e persino ad aspetti climatici, contribuiscono a consolidare questa scelta.
Dagli uffici scolastici regionali arrivano dati che sottolineano come questa dinamica “non sembri invertibile nel breve periodo.” L’andamento dei trasferimenti accende questioni su come gestire al meglio la distribuzione territoriale dei docenti, in modo che non si generino tensioni eccessive né carenze gravi in nessuna area.
Chi lavora nelle scuole dei grandi centri sa bene che ogni fine anno scolastico segna una fase delicata. Il fenomeno delle migrazioni interne alla scuola – peculiare e complesso – continua a orientare l’attenzione di chi amministra e governa l’istruzione pubblica. Le prossime settimane chiariranno quanti insegnanti riusciranno a realizzare la propria richiesta e in quali termini si modificherà la geografia del personale scolastico italiano nel 2025.