La morte di Mahmoud Mohamed, giovane ventenne rimasto coinvolto in un incidente stradale a Milano, ha scosso la comunità locale. Il luogo dello schianto, un incrocio tra via Marco d’Agrate e via Cassano d’Adda, si è trasformato in una cornice di ricordi, con mazzi di fiori e biglietti lasciati da amici e conoscenti. Il racconto della sua ultima corsa in moto, la fuga dalla polizia e la tragica fine offrono uno spaccato drammatico della vita di questi ragazzi cresciuti nel quartiere Corvetto, nella periferia milanese.
Il dramma di una fuga finita in tragedia sul semaforo di via marco d’agrate e via cassano d’adda
La mattina di mercoledì, verso le 3.27, Mahmoud Mohamed si è trovato inseguito da una pattuglia della polizia in viale Ortles a Milano. Il giovane guidava un TMax ma aveva alle spalle già diverse sanzioni a causa della mancanza di patente. Invece di fermarsi, ha deciso di scappare, spinto probabilmente dalla paura di una nuova multa o conseguenze più gravi. Dopo pochi minuti di fuga, meno di un chilometro, ha perso il controllo del mezzo sull’asfalto bagnato dalla pioggia. Incurante dei pericoli, ha sbandato e si è schiantato contro lo spartitraffico semaforizzato all’incrocio tra via Cassano d’Adda e via Marco d’Agrate. Gli immediati soccorsi lo hanno portato all’ospedale Humanitas dove però non ce l’ha fatta. Il ragazzo è morto poco dopo l’arrivo.
Analogie con la tragedia di ramy elgaml
L’incidente ha ricordato per analogie quello che ha causato la morte di Ramy Elgaml, un ragazzo egiziano di diciannove anni, solo pochi mesi prima. Ramy perse la vita dopo una lunga fuga dalla polizia, iniziata in viale Monte Grappa e terminata a pochi metri di distanza dal punto della tragedia di Mohamed. In quel caso, il conducente ignorò un alt. Invece quella notte per Mahmoud non è mai scattato nessun segnale luminoso o segnale di fermata. Solo una corsa contro il tempo, la pioggia e una strada scivolosa. L’impatto è stato letale.
Amicizie, ricordi e il legame tra mohammed e ramy nel quartiere corvetto
La vicenda di Mahmoud Mohamed si intreccia dolorosamente con quella di Ramy Elgaml, ai quali amici comuni conservano un legame di lunga data. Entrambi sono cresciuti nel quartiere Corvetto, distante nemmeno un chilometro dal luogo dove sono morti. Le loro vite scorrevano tra passioni condivise, amicizie e sogni che si sono spezzati presto. Sui social network e pagine di area antagonista, immagini di loro insieme testimoniano una storia di amicizia risalente a quando erano ancora ragazzini.
Mercoledì sera, dopo il dramma, un gruppo di amici si è radunato al semaforo di via Marco d’Agrate per ricordare Mahmoud. Quel luogo che ha segnato il suo ultimo momento ha accolto un ricordo collettivo, segnato da un silenzio carico di emozione. Gli amici hanno ribadito che “non ci sarà spazio per polemiche o accuse.” Per loro quel momento è legato solo a un dolore condiviso, un modo per sostenersi a vicenda.
La vita di momo
Chi lo conosce bene racconta anche della vita semplice di Momo, nome con cui era chiamato. Il suo amore per il calcio, la musica – specialmente per un rapper italo-marocchino a cui assomigliava e da cui prendeva il soprannome “Kassimi” – e la voglia di divertirsi tra locali della città. Durante la settimana lavorava come elettricista, dividendo le giornate tra fatica e passione. Fuori dalla sua casa in via Pomposa, dove sono stati lasciati ombrelli in suo ricordo, le madri dei ragazzi si sono stretti intorno a sua madre Malika, scambiandosi parole e lacrime fino a notte fonda.
Il quartiere corvetto tra ricordi dolorosi e realtà di giovani vite spezzate
Il quartiere Corvetto porta i segni di queste due tragedie. A pochi metri di distanza, in novembre come a giugno, due ragazzi della stessa età sono morti in incidenti similari legati a inseguimenti e tensioni con le forze dell’ordine. La zona è infatti testimone di storie di giovani che cercano un loro posto in città, ma scontrandosi con difficoltà, paure e a volte scelte pericolose.
Le madri e gli amici rappresentano l’anima di questa comunità ferita. Sono loro a custodire le memorie e a cercare di tenere insieme i cocci di vite interrotte. Il luogo di questi eventi è diventato spazio di commemorazione spontanea, dove fiori e messaggi in più lingue riflettono l’identità mista del quartiere. In questo angolo di Milano, posto su una delle vie di traffico più frequentate, la memoria dei ragazzi non si cancella. Resta viva nel cuore di chi li ha conosciuti e nella strada dove tutto è finito.