Maxi-frode carosello a pordenone, denunciati 15 imprenditori cinesi per oltre 10 milioni di euro di fatture false
Scoperta a Pordenone una frode fiscale da 10,5 milioni di euro, coinvolgendo quindici imprenditori cinesi in un sistema di fatture false e evasione fiscale internazionale.

Nel maggio 2025 a Pordenone è stata scoperta una maxi-frode fiscale da oltre 10,5 milioni di euro, realizzata tramite fatture false da imprenditori di origine cinese. Le indagini hanno rivelato un complesso sistema di evasione con movimenti internazionali, sottolineando la necessità di controlli più stringenti e cooperazione internazionale. - Unita.tv
Nel maggio 2025, la provincia di Pordenone è stata coinvolta in un’indagine che ha svelato una frode fiscale di ampia portata. Quindici imprenditori di origine cinese sono stati denunciati per aver emesso fatture false per oltre 10,5 milioni di euro, in un sistema di evasione definito “frode carosello”. Questa vicenda ha richiamato l’attenzione sulle difficoltà nel controllo delle operazioni commerciali e sulla tenuta della trasparenza fiscale in Italia.
La natura e il funzionamento della frode carosello scoperta a pordenone
La frode carosello consiste nell’emissione di fatture per operazioni inesistenti tra società create solo per apparire attive. Nel caso di Pordenone, le aziende implicate erano gestite da persone con lavori umili – fattorini o camerieri – spesso residenti agli stessi indirizzi o assistite dagli stessi consulenti. Questi soggetti si trovavano improvvisamente a gestire aziende che in pochi mesi alzavano il volume d’affari da somme irrisorie a decine di milioni di euro. Il trucco sta nel simulare un vasto giro di affari, senza che le società paghino tasse o imposte.
Lo schema funziona creando grosse fatturazioni che sembrano legittime. Le società “scatole vuote” si scambiano fatture false di beni o servizi mai forniti, facendo salire artificialmente il fatturato e diminuendo gli importi su cui versare imposte. In questo modo, le aziende abbassano il reddito dichiarato, evadendo le tasse. Non a caso, la sede formale di queste attività spesso coincide con gli stessi immobili o con le stesse persone di riferimento, cosa che ha facilitato la ricostruzione dell’inganno.
Leggi anche:
Movimenti di denaro e transazioni verso l’estero: come il denaro è sparito
Le operazioni, inizialmente tracciabili secondo le regole italiane, venivano poi alterate per far uscire i soldi dai confini nazionali. Fondi provenienti da queste fatture false venivano trasferiti principalmente in Cina, così da schermare l’identità dei veri beneficiari e proteggere il sistema criminale. L’utilizzo del canale internazionale ha complicato le indagini, perché ha reso più difficile risalire alla destinazione finale del denaro.
La frode ha così usato lo strumento dei movimenti finanziari transnazionali per nascondere il denaro sottratto allo Stato. Il meccanismo prevedeva il riciclaggio dei fondi in circuiti economici esteri, alimentando così anche attività illegali o creando vantaggi indebiti che danneggiano la concorrenza tra aziende oneste. I destinatari finali di questi soldi restano spesso ignoti alle autorità italiane, con un rischio concreto di fuga dalle regole fiscali nazionali.
Profilo degli indagati e contestazioni formali mosse dalle autorità
Sono stati denunciati 14 amministratori di 13 società coinvolte, accusati di aver presentato dichiarazioni fiscali fraudolente con fatture false. Oltre a loro, il principale promotore della frode è stato segnalato per aver emesso documenti inesistenti, mettendo in piedi il sistema illecito. L’autorità tributaria ha rilevato una base imponibile sottratta all’imposizione IRES per oltre 10,4 milioni e un’evasione IVA superiore a 5,5 milioni.
Queste firme false e società di fatto inesistenti, di conseguenza, sono state indicate anche per la chiusura della partita IVA. La posizione di questi soggetti coinvolti sottolinea la complessità dell’organizzazione e il coinvolgimento diretto di persone con ruoli diversi, ma coordinate in un sistema capace di muovere milioni senza controllo.
Il quadro normativo e le pene previste per la frode fiscale negli ultimi anni
Il codice penale italiano prevede pene severe in caso di utilizzo di fatture false. Se l’importo complessivo delle operazioni false supera i 100mila euro in un anno, la reclusione può andare da 4 a 8 anni. Queste disposizioni sono contenute nel decreto legislativo 74/2000, aggiornato dal decreto legislativo 75/2020, che ha irrigidito i controlli contro le frodi fiscali.
L’evoluzione normativa si è concentrata sulla repressione rigorosa di questi schemi truffaldini, con misure tese a bloccare società fittizie e a sospendere la validità delle partite IVA quando emergono irregolarità. Queste leggi cercano di scoraggiare la creazione di imprese fantasma usate per mascherare illeciti e di colpire in modo più diretto chi si rende responsabile di artifici contabili.
Impatti economici e sociali di una frode carosello di tale portata sul territorio
La scoperta di questa maxi-frode ha riacceso le preoccupazioni sui limiti dei controlli fiscali. La sottrazione di risorse per decine di milioni colpisce oltre allo Stato anche l’intero sistema economico, perché crea un vantaggio ingiusto per chi evade e mette in difficoltà le imprese che invece versano correttamente tasse e contributi.
Il coinvolgimento di stranieri, in particolare di cittadini cinesi, fa emergere l’esigenza di coordinare la lotta antifrode a livello internazionale. Lo spostamento veloce di capitali oltre confine richiede strumenti più efficaci per monitorare i flussi e impedire che si ripetano simili episodi. Non è solo un problema fiscale ma anche sociale, perché deriva in parte dalla difficoltà di integrare e controllare attività di impresa legate a persone che non provengono dallo stesso sistema giuridico.
Assenza di reazioni ufficiali e risvolti di politica internazionale sulla vicenda
Al momento, non sono state rese note dichiarazioni formali da parte degli imprenditori denunciati o delle autorità diplomatiche cinesi. Nonostante ciò, la vicenda probabilmente riceverà attenzione da parte della comunità economica italiana e internazionale, che valuta con interesse gli effetti di questa frode sulla cooperazione economica tra i due Paesi.
Anche se mancano commenti ufficiali, la facilità con cui è stata architettata questa frode potrebbe spingere a rivedere accordi o protocolli di controllo con la Cina, in modo da individuare e prevenire rischi simili nelle relazioni commerciali. La vicenda evidenzia le difficoltà nell’armonizzare i sistemi fiscali e di controllo tra diverse nazioni.
Il ruolo dello Stato e delle autorità nella prevenzione delle frodi fiscali complesse
Le operazioni di indagine su questa frode mostrano quanto sia necessario mantenere alta l’attenzione delle forze dell’ordine e degli enti fiscali. Solo grazie al coordinamento tra Guardia di Finanza, Agenzia delle Entrate e magistratura si è potuto smantellare questo sistema.
Il lavoro di monitoraggio deve però essere costante e adattarsi alle nuove modalità usate da chi tenta di eludere il fisco. La trasparenza delle transazioni, la verifica puntuale dei soggetti coinvolti e il controllo sui movimenti internazionali risultano elementi fondamentali per bloccare le frodi con metodi sofisticati come quello dei caroselli.
Sgomberare il terreno da società inesistenti o di comodo è una delle priorità per tutelare le entrate pubbliche e garantire condizioni di concorrenza più eque. Per questo, le autorità impegnate puntano su controlli più severi e scambio di informazioni tra paesi.
Le prossime sfide nella lotta alle frodi fiscali e i possibili sviluppi normativi
La maxi-frode scoperta a Pordenone segnala la necessità di aggiornare strumenti legislativi e investigativi. La tecnologia e la globalizzazione facilitano operazioni complesse, ormai difficili da individuare.
Saranno necessari interventi più incisivi per monitorare i movimenti finanziari e per rendere più trasparenti le operazioni delle cosiddette “società di comodo”. In parallelo, la cooperazione internazionale dovrà intensificarsi, prevedendo accordi capaci di scambio immediato di dati fiscali e lotta comune contro schemi di evasione che superano le frontiere.
Il caso di Pordenone potrebbe rappresentare un punto di svolta nelle strategie adottate in Italia contro le frodi carosello e le false fatture, offrendo un modello operativo che le autorità potranno replicare in altri territori.