L’omicidio della segretaria Nada Cella, avvenuto il 6 maggio 1996 nello studio del commercialista Marco Soracco, torna al centro dell’attenzione durante il processo che lo vede accusato di favoreggiamento. Soracco si difende con forza dalle accuse, negando qualsiasi legame con presunti poteri mafiosi o coperture all’ex insegnante sospettata Anna Lucia Cecere. Le sue dichiarazioni in aula mettono in discussione molte delle ricostruzioni finora emerse.
Le parole di marco soracco sulla sua famiglia e la situazione a chiavari
Marco Soracco ha voluto chiarire subito la natura della sua famiglia e il suo ruolo nella comunità di Chiavari. Ha spiegato che non c’è mai stata alcuna “cupola” mafiosa nel territorio né un potere intimidatorio dei Soracco. La figura paterna è stata descritta come quella di un funzionario comunale e segretario democristiano negli anni ’60, senza alcuna influenza attuale o capacità di esercitare pressioni sui testimoni.
Soracco ha sottolineato come la sua famiglia sia stata ingiustamente dipinta come potente o minacciosa nelle testimonianze raccolte nel corso del processo. Per lui questa narrazione non corrisponde ai fatti: “Mio padre era una persona comune, non aveva poteri reali”, ha detto rivolgendosi alla corte per smontare quelle che definisce falsità diffuse.
Questa ricostruzione assume rilievo considerando l’accusa principale contro Soracco: aver favorito Anna Lucia Cecere nascondendo prove o ostacolando le indagini sull’omicidio avvenuto proprio nel suo studio professionale.
Contestazione delle prove materiali presentate dall’accusa
Uno degli elementi più discussi riguarda l’arma del delitto ipotizzata dalla pubblica accusa: un fermacarte ritrovato sulla scena del crimine e indicato dalla pm Gabriella Dotto come possibile strumento usato per uccidere Nada Cella.
Soracco ha spiegato in aula che quel fermacarte faceva parte dell’arredamento dello studio ma non era mai stato utilizzato da lui personalmente. Ha precisato inoltre che l’oggetto aveva un feltro sul fondo, elemento incompatibile con l’utilizzo violento ipotizzato perché avrebbe lasciato tracce evidenti su superfici o vestiti se fosse servito a colpire qualcuno.
Con queste osservazioni cerca quindi di mettere in dubbio la tesi secondo cui quell’oggetto sarebbe stato usato per commettere il reato; una questione centrale visto che condurrebbe direttamente verso una prova materiale contro la sua persona o comunque contro chiunque fosse presente nello studio quel giorno.
Smentite alle dichiarazioni dei testimoni coinvolti nel processo
Marco Soracco si è anche opposto alle affermazioni fatte da alcuni testimoni chiamati a deporre durante il procedimento penale. In particolare ha contestato quanto riferito dal commercialista Bertuccio, definendolo “non amico” e negando qualsiasi confidenza privata tra loro due; le dichiarazioni riportate da Bertuccio gli sono sembrate prive di senso logico e distanti dalla realtà dei fatti.
Un’altra testimonianza messa sotto esame è quella dello zio della vittima Saverio Pelle, secondo cui nello studio sarebbero girate buste contenenti denaro contante legate alla vicenda giudiziaria; anche questa versione viene smentita categoricamente da Soracco con argomentazioni basate su controlli fiscali accurati effettuati dalle autorità competenti quali Guardia di Finanza ed Agenzia delle Entrate senza riscontri negativi sul suo conto oppure quello dello studio professionale stesso.
Questi passaggi mostrano uno scontro diretto tra versioni contrastanti sulle dinamiche interne allo studio dove si consumò il dramma umano ancora irrisolto dopo quasi trent’anni dai fatti narrati qui oggi davanti al tribunale ligure.
Gli interrogatori aggressivi della polizia nel 2021 secondo soracco
Nel corso delle indagini successive all’inizio del nuovo millennio Marco Soracco racconta anche degli interrogatori subiti dalla squadra mobile nel 2021; li definisce aggressivi tanto da spingersi fino agli insulti personali rivolti nei suoi confronti dagli agenti stessi durante quegli incontri ufficiali.
Il commercialista riferisce frasi offensive ricevute dagli investigatori quali “moralista di m..” imputandole al fatto che veniva considerata una sorta protezione nei confronti della ex insegnante sospettata Cecere, vista come ragazza madre bisognosa forse più d’aiuto sociale che d’altro.
Questo episodio contribuisce a creare tensione intorno ad una vicenda già complessa, aggiungendo elementi umani difficili da ignorare quando si ripercorrono i momenti delicati vissuti dal protagonista principale coinvolto nelle indagini.
Audio intercettati confermano sfogo emotivo dell’ex insegnante anna lucia cecere
Prima dell’intervento diretto in aula, sono state ascoltate alcune conversazioni telefoniche intercettate attribuite ad Anna Lucia Cecere. Nei colloqui emerge chiaramente lo sconforto personale provato dall’ex insegnante accusata: “la mia vita è stata rovinata da questa storia”, dice in uno degli sfoghi registrati.
Le registrazioni mostrano dunque lo stato emotivo turbativo vissuto dalla donna sin dai primi giorni dopo l’accaduto; ciò aggiunge un ulteriore livello umano alla vicenda processuale facendo emergere le conseguenze personali oltre quelle giudiziarie collegate al caso omicidio Nada Cella.
I dialoghi intercettati appaiono coerenti con quanto emerso finora ma lasciano aperte numerose domande sulle responsabilità effettive nell’intricata rete investigativa partita ormai quasi trent’anni fa nella città ligure.