Medici marchigiani in digiuno: “Basta bombardamenti su Gaza, serve il cessate il fuoco”

Medici marchigiani in sciopero della fame per il cessate il fuoco a Gaza. - Unita.tv

Serena Fontana

28 Agosto 2025

Un gesto forte, semplice ma carico di significato. I medici dell’Azienda ospedaliera universitaria delle Marche hanno scelto di farsi portavoce di un grido di allarme sull’emergenza umanitaria a Gaza. Durante la pausa pranzo di un giorno di giugno 2025, una cinquantina di operatori sanitari si sono radunati davanti alla cittadella sanitaria di Torrette, ad Ancona, con cartelli che recitavano “Digiuno contro il genocidio a Gaza”. Un modo per far sentire la loro voce contro i bombardamenti continui che stanno devastando la Striscia, e soprattutto per denunciare il dramma delle strutture mediche, diventate bersaglio e vittime di questo conflitto.

Digiuno simbolico e appello deciso dei medici marchigiani

Il digiuno è durato solo pochi minuti, ma il messaggio è arrivato chiaro. Circa un centinaio di camici bianchi, tra medici e personale sanitario, hanno risposto all’appello. Tra loro anche volti noti come Federica Iezzi, cardiochirurga pediatrica che ha lavorato in due missioni a Gaza, con Medici senza Frontiere e l’Organizzazione mondiale della sanità, dall’inizio del conflitto nel 2023. Iezzi ha raccontato in prima persona quanto la situazione negli ospedali locali sia precipitata: mancano acqua potabile, farmaci e il personale è allo stremo.

L’obiettivo è chiaro: chiedere al governo italiano di fermare la fornitura di armi a Israele e sospendere gli accordi militari in vigore. Non solo. I medici sollecitano l’apertura urgente di corridoi umanitari per far arrivare gli aiuti indispensabili alla popolazione di Gaza, ormai allo stremo. Questo gesto vuole essere un richiamo forte alla comunità internazionale: è il momento di agire per fermare questa strage e proteggere i civili.

Gaza, la sanità al collasso sotto i bombardamenti

La situazione negli ospedali di Gaza è ormai drammatica. Dati aggiornati al 2025 parlano di circa il 94% delle strutture danneggiate o distrutte, e più di 1400 operatori sanitari uccisi dall’inizio della guerra. Gli ospedali rimasti, come Al-Shifa e Nasser, sono costretti a lavorare ben oltre la loro capacità. Mancano medicine di base, acqua potabile e personale. I continui raid rendono quasi impossibili le operazioni di soccorso, anche quelle messe in campo dalle organizzazioni internazionali.

Il 25 agosto 2025, ad esempio, l’ospedale Nasser a Khan Younis è stato colpito da un bombardamento che ha causato almeno 20 morti, tra cui cinque giornalisti. Medici e pazienti sono costretti a fuggire o a curare feriti in condizioni estreme: a volte si opera direttamente sul pavimento, senza letti, assistendo soprattutto bambini gravemente malati o feriti.

Sono testimonianze dirette come quelle di Iezzi a raccontare quanto il sistema sanitario si sia sgretolato, rendendo quasi impossibile salvare vite in mezzo a una guerra che colpisce anche chi cerca di curare.

Dall’Italia un appello alle istituzioni e un boicottaggio contro Teva

Non si ferma alla protesta pubblica l’impegno dei medici marchigiani. Rivolgono un appello chiaro alle istituzioni sanitarie e accademiche italiane: ospedali, ordini professionali, società scientifiche, centri di ricerca e università dovrebbero prendere posizione ufficiale. Chiedono una dichiarazione che riconosca il genocidio in corso a Gaza e che si impegni a combatterlo con tutti i mezzi possibili. L’idea è mobilitare il mondo medico e scientifico italiano, trasformandolo in una voce attiva nella denuncia e nella richiesta di pace.

Non manca poi una proposta di boicottaggio verso la multinazionale farmaceutica israeliana Teva, accusata di trarre profitto dall’occupazione e dall’apartheid e di essere coinvolta nel conflitto. I medici chiedono di rescindere i contratti in essere con l’azienda e di evitare nuovi accordi. Un modo per spezzare quei legami economici che, secondo gli operatori sanitari, alimentano indirettamente la guerra.

Con questa doppia strategia – visibilità pubblica e pressione istituzionale – la protesta dei medici delle Marche assume un peso sociale e civile importante. Il digiuno simbolico si lega così a richieste concrete, rivolte tanto a chi governa quanto al mondo produttivo e scientifico. L’obiettivo è mantenere alta l’attenzione su una crisi umanitaria e sanitaria che ormai dura da troppo tempo.

La manifestazione si inserisce in un contesto più ampio di mobilitazioni internazionali che chiedono un cessate il fuoco immediato e la fine degli attacchi contro le strutture civili e sanitarie di Gaza. A marzo 2025, sotto la pressione di queste iniziative, alcune organizzazioni internazionali hanno provato a spingere per l’apertura di corridoi umanitari per i rifornimenti medici e i soccorsi. I medici italiani, con la loro esperienza diretta sul campo, lanciano un messaggio chiaro: serve una responsabilità globale di fronte a una crisi che continua a colpire vittime innocenti.

Ultimo aggiornamento il 28 Agosto 2025 da Serena Fontana