L’epidemia di blue tongue che sta colpendo il settore zootecnico nelle Marche sta mettendo in ginocchio soprattutto il Centro-Sud della regione. Gli allevatori sono esasperati. Denunciano aiuti insufficienti e ritardi che rischiano di aggravare la situazione. I soldi stanziati dalla Regione sembrano troppo pochi rispetto alle spese sostenute. E gli interventi arrivano con tempi troppo lunghi per fermare il virus.
Blue Tongue, l’incubo che avanza tra le montagne marchigiane
Da settimane la blue tongue si è diffusa nelle aree montane dell’Appennino marchigiano. È una malattia virale trasmessa da insetti che colpisce i ruminanti. I focolai principali si trovano soprattutto nelle province del Centro-Sud della regione. Le aziende agricole coinvolte stanno registrando un alto tasso di mortalità tra il bestiame, con danni economici pesanti.
Il virus mette a rischio la stessa sopravvivenza degli allevamenti, molti dei quali hanno radici profonde nella storia e nella vita delle comunità locali. Le piccole aziende, già in difficoltà per crisi passate e, in certi casi, anche per i danni del terremoto, sono le più esposte. Devono affrontare costi elevati per combattere la malattia: vaccinazioni, disinfestazioni e smaltimento degli animali infetti pesano sulle loro casse.
Fondi insufficienti e ritardi: la Regione nel mirino
Francesco Ameli, segretario provinciale del Pd ad Ascoli Piceno, è netto: la Regione Marche ha risposto male all’emergenza. I contributi stanziati, appena 100.000 euro, sono troppo pochi. Troppo poco per un’epidemia che ha colpito centinaia di capi e si è diffusa capillarmente.
Ameli riconosce l’impegno degli uffici tecnici e dei veterinari, ma punta il dito contro la giunta Acquaroli, accusata di agire senza una vera strategia e con poca incisività. A differenza di altre regioni come l’Umbria, che hanno già varato misure di prevenzione e indennizzi più sostanziosi, nelle Marche gli allevatori sono stati lasciati quasi soli.
Tutte le spese per vaccini, repellenti e smaltimento delle carcasse ricadono sulle spalle degli allevatori.
Prevenzione in ritardo, serve più sostegno
Ameli denuncia anche la lentezza con cui sono partite le misure di prevenzione e contenimento. La disinfestazione pubblica e la distribuzione dei vaccini procedono a rilento. Così il virus rischia di espandersi ancora.
La richiesta è chiara: la Regione deve aumentare gli indennizzi, non solo per la mortalità diretta del bestiame, ma anche per i costi indiretti che gli allevatori devono sostenere ogni giorno per gestire l’emergenza. I fondi attuali sono quasi simbolici, insufficienti per coprire una situazione così grave.
Serve inoltre trasparenza e tempi certi nei controlli e nelle valutazioni dei danni da parte dei veterinari regionali. Spesso, dicono gli allevatori, i rimborsi arrivano tardi, quando ormai è difficile far fronte alla crisi.
L’allarme per il futuro delle comunità montane
L’epidemia mette a rischio un settore già fragile, che rappresenta una parte importante dell’economia e della società nelle zone montane delle Marche. C’è il timore concreto che molte aziende chiudano o riducano drasticamente la loro attività.
Ameli parla di una gestione a “interventi tampone” durata troppo a lungo, nonostante gli allarmi. Serve una svolta, con decisioni rapide e forti da parte della Regione. Non si può più ignorare la gravità della situazione.
Nei prossimi mesi si deciderà se l’allevamento nell’Appennino marchigiano riuscirà a resistere al virus e alle conseguenze economiche, o se subirà un colpo che potrebbe essere fatale. Gli allevatori e la politica locale chiedono a gran voce un cambio di passo.
Ultimo aggiornamento il 29 Luglio 2025 da Giulia Rinaldi