Una vicenda drammatica ha coinvolto una giovane madre di Osilo, condannata a sei anni e otto mesi di carcere per il tentato omicidio del proprio figlio neonato. Il fatto risale al 18 ottobre 2023, quando la donna aveva nascosto la gravidanza alla famiglia e aveva partorito in casa prima di lasciare il bambino sotto un’auto parcheggiata davanti all’abitazione. Il processo si è concluso con una sentenza che conferma la gravità dell’accusa iniziale, ribaltando alcune decisioni prese nei giorni successivi all’arresto.
I fatti avvenuti a osilo: nascita segreta e abbandono del neonato
La mattina del 18 ottobre scorso, nella casa dove vive con la madre nel comune di Osilo , una donna trentenne ha dato alla luce il proprio figlio senza che nessuno fosse al corrente della gravidanza. La giovane madre aveva tenuto nascosta la gestazione anche alla propria famiglia, compresa sua madre che abitava nello stesso appartamento.
Dopo aver partorito nella sua stanza, senza assistenza medica esterna, ha deciso di lasciare il bambino appena nato sotto un’automobile parcheggiata poco distante dall’ingresso della casa. È stata proprio la madre ad accorgersi del pianto proveniente dalla strada: trovando il piccolo adagiato sotto l’auto ha immediatamente chiamato i soccorsi.
Il bimbo è stato recuperato in condizioni critiche: presentava segni evidenti di ipotermia ed è stato trasferito d’urgenza all’ospedale civile Santissima Annunziata di Sassari dove i medici hanno lavorato per stabilizzarlo. Anche la mamma è stata portata in ospedale per accertamenti e subito dopo arrestata dalle forze dell’ordine intervenute sul posto.
Le fasi processuali tra accuse contrastanti e riammissioni
Dopo l’arresto sono seguiti sviluppi giudiziari complessi. Inizialmente era stata formulata contro la donna l’accusa più grave: tentato omicidio aggravato dalle modalità dell’abbandono volontario del neonato in condizioni potenzialmente letali.
Il gip aveva però deciso pochi giorni dopo una derubricazione da tentato omicidio ad abbandono materiale o morale del minore; ciò comportò anche una scarcerazione temporanea della trentenne in attesa delle ulteriori valutazioni processuali.
La Procura però non si era arresa a questa riduzione ed era ricorsa al giudice del riesame chiedendo nuovamente l’incriminazione più severa; quest’ultimo accogliendo tale richiesta ha riqualificato formalmente l’imputazione tornando sulla contestazione originaria ma mantenendo comunque lo status libero della donna perché non ritenuta né pericolosa né incline a fuggire o ripetere reati simili.
Alla fine si è optato per un procedimento con rito abbreviato davanti al gup Sergio De Luca presso il tribunale ordinario sassarese; durante questa fase sia pubblico ministero Maria Paola Asara sia difensori Elisa Caggiari e Pietro Fresu hanno presentano le loro rispettive posizioni riguardo alla qualificazione giuridica dei fatti avvenuti quella mattina d’autunno.
Sentenza definitiva: condanna a sei anni otto mesi confermata dal tribunale
Oggi infine è arrivata da parte del giudice Sergio De Luca la sentenza definitiva nel processo abbreviato contro la giovane mamma accusata dell’abbandono potenzialmente mortale del figlio appena nato. L’imputata dovrà scontare sei anni otto mesi dietro le sbarre come pena principale riconosciuta dal tribunale sassarese per tentativo d’omicidio aggravato dalla circostanza specifica dei fatti contestati nell’ambito familiare privato ma esposti pubblicamente dall’incidente stradale improvviso causatore dello shock emotivo generale nel paese isolano.
Il pm Maria Paola Asara aveva chiesto dieci anni durante requisitoria sottolineando quanto grave fosse considerare come intenzionale quel gesto tanto rischioso verso un essere umano così fragile; mentre gli avvocati difensori avevano cercatto invano una revisione verso reati meno gravi quali abbandono minorile semplice o colposo pensando alle difficoltà psicologiche legate allo stato materno non dichiarate prima degli eventi tragici vissuti dalla loro cliente.
Riflessioni sociali
Questa vicenda resta uno spaccatto doloroso su questioni sociali delicate quali supporto alle donne incinte isolate o disagiate dentro contesti familiari difficili, oltre ai rischi concreti legati alle scelte estreme prese spesso senza alcun aiuto esterno disponibile nelle realtà locali più piccole. “Un quadro che invita a una maggiore attenzione e sostegno ai soggetti vulnerabili”, si potrebbe osservare.