Lombardia, casa popolare accessibile anche a chi ha una proprietà situata entro 40 km: le nuove regole regionali
La Lombardia modifica le norme per l’assegnazione delle case popolari, consentendo a chi possiede un immobile distante almeno 40 km di fare domanda, suscitando critiche dal centrosinistra.

La Lombardia ha modificato le norme per l’assegnazione delle case popolari, permettendo a chi possiede un immobile distante almeno 40 km dal Comune di richiesta e con reddito Isee entro i limiti, di fare domanda per un alloggio pubblico, suscitando critiche dal centrosinistra. - Unita.tv
La Lombardia ha rivisto le norme per l’assegnazione delle case popolari. Da oggi, chi possiede un immobile di proprietà potrà fare domanda per un alloggio pubblico se la casa si trova a una distanza minima di 40 chilometri dal Comune di richiesta e il reddito rientra nelle soglie Isee previste. Questo cambiamento nasce da un compromesso tra le forze di maggioranza in Regione, dopo un dibattito acceso sulle distanze necessarie per chiedere un alloggio popolare.
Modifiche sostanziali alla legge regionale sull’edilizia pubblica
Il 27 maggio 2025, il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato una modifica importante alla legge sull’assegnazione delle case popolari, inserita all’interno della legge di revisione normativa ordinamentale. La proposta ha raccolto i voti della maggioranza di centrodestra, aprendo la possibilità a chi possiede un immobile di presentare domanda per l’edilizia pubblica nei Comuni distanti almeno 40 km dalla propria proprietà.
Fino a ieri, la normativa regionale vietava questa possibilità: chi aveva una casa di proprietà, indipendentemente dalla distanza, non poteva aspirare a un alloggio popolare. Il testo iniziale della modifica prevedeva invece un limite molto più restrittivo, di soli 10 km. Quel valore era frutto di una mediazione tra il presidente della Regione Attilio Fontana, l’assessore alla Casa Paolo Franco, e il gruppo della Lega, in particolare il capogruppo Alessandro Corbetta e Silvia Scurati.
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La discussione si è accesa quando Diego Invernici, consigliere di Fratelli d’Italia, ha presentato in aula un emendamento che proponeva di portare la soglia da 10 a 90 km, ritenendo il valore originale troppo basso per tutelare il bisogno reale di chi vive in condizioni disagiate. A quel punto, Lega e FdI hanno dovuto trovare un compromesso. La cifra finale è stata stabilita a 40 km, un equilibrio tra le diverse posizioni.
Le ragioni alla base del nuovo criterio dei 40 chilometri
Dietro questa decisione si nasconde una serie di ragioni sociali e giuridiche che il centrodestra ha voluto mettere in evidenza. Secondo quanto spiegato dai promotori, questa modifica tende a mettere i cittadini lombardi allo stesso livello degli stranieri che, sulla base di una sentenza della Corte d’Appello, non sono più obbligati a presentare certificati che attestino il possesso di immobili nel Paese d’origine.
La richiesta di parità tra lombardi e non comunitari è stata uno dei cavalli di battaglia della Lega e di Fratelli d’Italia. Diego Invernici ha sottolineato come il criterio precedente dei 10 km fosse penalizzante. Chi possiede una casa lontana dal luogo di lavoro, studio o dai servizi essenziali – ad esempio in una zona isolata e senza mezzi pubblici – si trovava in una situazione di svantaggio. Essere formalmente proprietari non significa avere accesso a condizioni di vita dignitose o a servizi adeguati.
La distanza di 40 km, ha aggiunto Invernici, rappresenta un compromesso equilibrato che permette di considerare casi di bisogno non evidenti con il solo parametro della proprietà immobiliare. Questo intervento dovrebbe aiutare chi vive in condizioni di precarietà reale ma è formalmente escluso dalle regole vigenti, pur rientrando nei limiti di reddito stabiliti.
Anche Alessandro Corbetta ha espresso la convinzione che con il limite fissato a 40 km si possa garantire una tutela reale ai lombardi, evitando discriminazioni ingiuste rispetto ai cittadini stranieri.
Le critiche dal centrosinistra e i dubbi sulle nuove regole
Non tutti però hanno accolto il compromesso con favore. Il centrosinistra ha criticato con durezza la modifica, sia per il suo impatto sociale, che per la potenziale inefficacia. Carmela Rozza del Pd ha definito la norma «un imbroglio» e una «presa in giro». Secondo la consigliera regionale, chi già possiede una casa spesso ha un Isee troppo alto per accedere agli alloggi sociali riservati a chi vive in gravi condizioni economiche.
Rozza ha anche puntato il dito sulla modalità di calcolo dell’Isee: il mutuo ipotecario per acquistare un immobile, infatti, non viene incluso nella determinazione del reddito. In questo modo, una persona potrebbe comprare una casa magari per investimento, affittarla illegalmente, e allo stesso tempo richiedere un alloggio pubblico. Questo scenario, secondo la consigliera, rischia di favorire furbi o speculatori e a prolungare le liste d’attesa per chi ha davvero bisogno.
La capogruppo Pd ha replicato con forza anche sulla motivazione politica che secondo lei sta dietro il nuovo limite: «la destra vuole introdurre un criterio studiato per escludere gli stranieri, ma che finisce per penalizzare i lombardi» in difficoltà.
Questa fase di revisione normativa evidenzia le tensioni profonde sulle politiche abitative in Lombardia e le diverse visioni tra maggioranza e opposizione. Malgrado le divisioni, la nuova regola entrerà in vigore con l’obiettivo di riequilibrare alcune disparità nella concessione degli alloggi pubblici.