La vicenda che riguarda il centro sociale Leoncavallo di Milano si arricchisce di un nuovo capitolo legale e politico. Dopo la sentenza della corte d’appello che ha condannato il ministero dell’Interno a risarcire con tre milioni di euro la società immobiliare Orologio, proprietaria dell’area occupata dal centro sociale, arriva una richiesta di risarcimento rivolta a Marina Boer, presidente dell’associazione Mamme Antifasciste legata al Leoncavallo. La situazione si intreccia con la minaccia imminente dello sgombero e le tensioni tra istituzioni e attivisti.
Il risarcimento da tre milioni per mancato sgombero
Nel novembre scorso la corte d’appello di Milano ha stabilito che il Viminale dovesse pagare tre milioni alla società immobiliare Orologio, proprietà della famiglia Cabassi. Il motivo è riconducibile al mancato sgombero tempestivo del terreno dove sorge lo storico centro sociale Leoncavallo. Questa sentenza rappresenta un passaggio importante in una lunga disputa legale iniziata anni fa tra lo Stato e i proprietari dell’immobile.
Il pagamento è stato effettuato recentemente dallo Stato, riconoscendo così un danno economico causato dalla permanenza degli occupanti nell’area senza autorizzazione formale. L’immobiliare Orologio ha ottenuto quindi un indennizzo significativo per l’impossibilità di disporre liberamente dei propri spazi a causa della presenza del centro sociale.
Questa decisione giudiziaria segna però solo una tappa in una questione più complessa che coinvolge non solo aspetti giuridici ma anche sociali e politici nel contesto milanese.
La richiesta di risarcimento contro marina boer
Inaspettatamente dopo questo pagamento dello Stato all’immobiliare, l’avvocatura dello Stato ha notificato a Marina Boer, presidente delle Mamme Antifasciste collegate al Leoncavallo, una richiesta formale per ottenere da lei personalmente un risarcimento pari ai tre milioni versati all’Orologio. Si tratta dunque di un tentativo da parte del ministero degli Interni o dei suoi uffici legali per rivalersi su una singola persona invece che sull’associazione o sul collettivo.
Marina Boer rischia quindi il pignoramento dei suoi beni materiali se non riuscirà a far fronte alla somma chiesta dal Viminale. La notizia è stata resa pubblica dal Corriere della Sera sulle pagine locali ed è stata rilanciata direttamente dai canali social del Leoncavallo stesso.
Gli attivisti hanno immediatamente denunciato questa mossa come ingiusta e sproporzionata nei confronti della loro compagna storica definendola “una pressione personale” fuori luogo rispetto alle responsabilità collettive riguardo alla gestione dello spazio autogestito negli ultimi trent’anni.
Le tensioni verso lo sfratto previsto per luglio
Il rischio sfratto incombe ormai da tempo sulla sede storica in via Watteau dove opera il centro sociale leonardesco milanese noto come Leoncavallo. Il 15 luglio prossimo è fissato infatti un presidio antisfratto promosso dagli stessi attivisti proprio davanti all’edificio interessato dalla vicenda giudiziaria ed amministrativa.
Le autorità governative – Prefettura, Questura e Ministero – spingono affinché venga eseguito rapidamente lo sgombero forzoso mentre dall’altra parte c’è ancora resistenza politica e civile contro questa decisione definitiva senza soluzioni alternative concrete immediate offerte agli occupanti o alle associazioni coinvolte nel progetto culturale-sociale nato decenni fa nel quartiere milanese.
Il Comune si sarebbe detto disponibile ad agevolare uno spostamento verso San Dionigi ma quel sito appare tuttora inadatto perché contaminato dall’amianto; inoltre i tempi indicati sono ritenuti troppo stretti dagli interessati costretti ad abbandonare quello spazio considerato fondamentale sia sotto l’aspetto culturale sia sotto quello delle attività sociali svolte quotidianamente lì dentro.
Le reazioni degli attivisti: difendere leonca vallo come patrimonio collettivo
Dal gruppo collegato al Leoncavallo sono arrivate parole dure contro la scelta statale volta a colpire individualmente Marina Boer: “Non ci sono soldi nelle sue mani”, spiegano gli attivisti sottolineando quanto sia assurdo chiedere tutto quel denaro solo ad una persona quando invece tutta la città dovrebbe farsi carico della storia condivisa del luogo.
Leoncavallo viene descritto come uno spazio nato dalle lotte sociali, dalla musica indipendente, dall’accoglienza verso chi cerca rifugio o vuole partecipare ai progetti comunitari. È definito patrimonio vivo attraversato da centinaia se non migliaia persone negli anni, oggetto anche di critiche forti ma sempre riconosciuto come parte integrante della vita culturale milanese.
L’appello finale rivolto ai cittadini invita tutti coloro che vogliono sostenere questo percorso a presentarsi martedì 15 luglio dalle prime ore davanti alle mura in via Watteau. Una giornata destinata probabilmente allo scontro diretto con le forze dell’ordine chiamate ad eseguire uno sfratto molto contestato in città.
La questione rimane aperta fra diritti civili, proprietà privata, azioni politiche ed equilibri delicati fra istituzioni locali nazionali ed esperienze autonome nate dal basso nella metropoli lombarda.