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Sette indagati a Genova per scommesse clandestine e usura con tassi fino al 20% settimanale

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Scommesse e usura a Genova, sette persone nel mirino della polizia. - Unita.tv
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La procura di Genova ha chiuso le indagini su sette persone accusate di aver gestito un vasto giro di scommesse illegali e usura, operando attraverso chat online. Il caso riguarda figure già coinvolte in precedenti condanne per attività criminali legate al gioco d’azzardo clandestino. Le accuse precise, le modalità di gestione e il volume degli affari illeciti emergono da un’inchiesta durata mesi, con risvolti che coinvolgono centinaia di migliaia di euro.

La conclusione delle indagini e i soggetti coinvolti

A pochi giorni dalla notifica degli avvisi di chiusura delle indagini, firmati dal procuratore aggiunto Federico Manotti, sette persone risultano iscritte nel registro degli indagati a Genova. Questi soggetti, coinvolti a vario titolo, avrebbero promosso e tenuto attivo il meccanismo di scommesse non autorizzate e praticato usura sugli scommettitori. Il provvedimento arriva dopo che, circa un mese fa, i principali protagonisti del sistema sono stati già condannati in via definitiva: Roberto Sechi a sei anni e quattro mesi, Giovanni Bizzarro a otto anni e Fabio Praticò a tre anni di reclusione. I difensori, tra cui Alessandro Vaccaro e Stefano Sambugaro, avevano rappresentato i tre nei processi.

La chiusura delle indagini permette ai sette indagati di scegliere se avvalersi della facoltà di interrogatorio o meno. Nel dettaglio, questi soggetti sarebbero stati co-gestori delle chat dove venivano raccolte le puntate illegali e avevano in mano la contabilità dei prestiti a usura riconducibili al gruppo. L’azione di polizia giudiziaria e delle autorità ha perseguito con fermezza l’intera rete, anche oltre i vertici del gruppo originario.

Modalità operative e tassi usurai applicati agli scommettitori

Le indagini hanno svelato un sistema che operava con tassi d’interesse estremamente elevati. Gli arresti del 2024 avevano portato alla luce come il gruppo avesse sottratto denaro alle vittime con percentuali che oscillavano dal 10 al 20% mensile, ma in alcuni casi erano stati calcolati anche tassi del 20% a settimana. Le cifre, accumulate sul totale dei prestiti concessi, raggiungono centinaia di migliaia di euro. Le vittime del sistema erano spesso giocatori problematici, dipendenti dal gioco d’azzardo e in difficoltà economiche, che si affidavano ai criminali per coprire le perdite.

Gli elementi raccolti durante l’inchiesta evidenziano come il debito per gli scommettitori derivasse dalle somme puntate sulle partite sportive, trasposte in prestiti obbligatori verso il gruppo. Il meccanismo risultava così in grado di alimentare un circuito chiuso in cui i crediti e i debiti si alimentavano continuamente, mantenendo saldo il controllo da parte degli indagati.

Precedenti penali di alcuni indagati e legami mafiosi

Tra i soggetti protagonisti del giro illecito spicca Roberto Sechi, con precedenti penali rilevanti. È stato condannato nel 2006 con sentenza definitiva per cinque anni e quattro mesi per aver partecipato a un’associazione mafiosa riconosciuta a Genova, dominata dalla famiglia Fiandaca, con radici in Sicilia. Questo collegamento conferma come il fenomeno delle scommesse illegali sia intrecciato con strutture criminali consolidate che operano localmente da anni.

La gestione del giro di prestiti e scommesse clandestine risultava quindi non solo un’attività commerciale illecita, ma parte di un disegno criminale più ampio. La rete aveva come obiettivo l’arricchimento attraverso la pressione economica su giocatori spesso in difficoltà, utilizzando metodi violenti o intimidatori per imporre gli interessi usurari. I difensori degli indagati, inclusi gli avvocati Matteo Carpi, Pietro Bogliolo, Vittoria Garbarini e Gennaro Velle, seguono da vicino la situazione giudiziaria.

Il meccanismo delle chat e la gestione delle scommesse clandestine

La principale modalità per coordinare le scommesse illegali è stata l’uso di chat private, dove gli iscritti potevano piazzare puntate su eventi sportivi senza passare da bookmaker autorizzati. Questo sistema ha permesso di aggirare i controlli e facilitare un giro d’affari parallelo al mercato ufficiale. I sette indagati si occupavano di moderare queste chat, garantendo la continuità delle attività e assicurandosi che i debiti venissero contabilizzati con precisione.

La scelta di piattaforme digitali ha complicato le indagini, poiché gli scambi avvenivano in ambienti criptici e protetti. Gli investigatori hanno ricostruito l’intera rete grazie a intercettazioni e riscontri sul territorio, a seguito delle quali si è potuta definire la portata del crimine. L’effetto di questo sistema fu l’instaurazione di un circuito chiuso, dove chi perdeva doveva subito trovare risorse da prestiti usurari, alimentando così la spirale del debito.

La pressione sugli scommettitori assumeva anche profili di coercizione, soprattutto quando il mancato pagamento degli interessi provocava richieste insistenti e minacce. In diversi casi, la dipendenza dal gioco d’azzardo ha reso difficile la fuga dal giro, bloccando molte persone in una situazione di degrado economico e sociale.

L’operazione a Genova dimostra come la lotta contro il gioco illegale non possa limitarsi solo ai circuiti tradizionali, ma debba affrontare nuove realtà che utilizzano il web per espandere il controllo. Oltre l’ennesima indagine, questo caso segnala ancora una volta quanto sia urgente intervenire con strumenti specifici per tutelare le vittime e interrompere le reti criminali.

Ultimo aggiornamento il 5 Agosto 2025 da Luca Moretti

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Luca Moretti

Luca Moretti è un blogger e analista indipendente con un forte focus su politica e cronaca. Con uno stile incisivo e documentato, approfondisce temi di attualità nazionale e internazionale, offrendo ai lettori chiavi di lettura chiare e puntuali. Il suo lavoro è guidato da una costante ricerca della verità e da un impegno verso l’informazione libera e consapevole.

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