Il collettivo autonomo lavoratori portuali di Genova ha annunciato di aver ottenuto, dopo mobilitazioni e con il supporto di una rete internazionale, il ritiro da parte della compagnia marittima Cosco di un carico contenente armi destinate a Israele. La vicenda dimostra come l’azione congiunta dei lavoratori portuali possa influenzare il transito di materiali militari attraverso i principali scali del Mediterraneo.
L’attivismo dei camalli genovesi contro il traffico di armamenti
Il Calp, gruppo storico dei portuali genovesi, ha mantenuto una presenza costante nelle iniziative contro il transito di materiali bellici nei porti civili italiani. In queste ultime settimane, il collettivo ha monitorato con attenzione la movimentazione di container sospetti destinati a Israele. Il ruolo del Calp si è rivelato cruciale nel coordinare una risposta che ha superato i confini nazionali, coinvolgendo gruppi simili in altri porti mediterranei. I camalli genovesi hanno agito con un approccio diretto, tracciando i movimenti delle navi e dei container, raccogliendo informazioni precise sul percorso previsto delle merci.
La collaborazione con i lavoratori portuali del Pireo ha rappresentato il primo freno all’operazione; questi ultimi hanno rifiutato di eseguire lo scarico dei container. Successivamente, la vicenda ha coinvolto i porti italiani di La Spezia e Genova, dove il Calp ha deciso di scendere in campo attivamente per impedire lo sbarco dei materiali militari. I portuali hanno effettuato tutte le verifiche possibili per individuare il terminal di attracco della nave Cosco, monitorando ogni attività a bordo. L’intervento è stato in effetti tempestivo, soprattutto considerando che la stessa imbarcazione avrebbe proseguito poi verso Marsiglia e Valencia, porti in cui la pressione internazionale ora potrebbe aumentare.
La rinuncia della Cosco al carico: un precedente inedito
L’annuncio della Cosco, riportato dalla rivista Shippingitaly, rappresenta un fatto senza precedenti: una compagnia marittima di tale dimensione ha deciso di rinunciare ufficialmente allo sbarco di armi, dopo una mobilitazione dei lavoratori portuali affiancata da una rete internazionale di coordinamenti. La gravità del carico e la destinazione militare hanno innescato una mobilitazione ampia, confermata dalle dichiarazioni del Calp, che evidenziano il carattere collettivo dell’iniziativa.
La decisione della compagnia non è stata casuale, ma il frutto di un’azione combinata di sciopero e pressione diretta. Tale evento apre un precedente importante per il controllo delle merci nei porti civili: l’attenzione dei lavoratori portuali, spesso sottovalutata, può condizionare significativamente le operazioni delle grandi compagnie navali. Il Calp ha confermato l’intenzione di proseguire la lotta per evitare che porti civili diventino snodi per traffici di armamenti, e nel contempo sostiene attivamente la popolazione palestinese chiedendo un cessate il fuoco immediato.
La vicenda segna un rafforzamento della voce dei portuali nella gestione dei carichi sensibili, dimostrando che azioni coordinate e scioperi mirati possono ottenere risultati concreti, anche contro interessi commerciali solidi.
Il ruolo del coordinamento internazionale nei porti mediterranei
Questa operazione, come spiega il Calp, è stata possibile solo grazie al coordinamento dei portuali in diversi porti del Mediterraneo. La collaborazione tra lavoratori portuali del Pireo, Genova, La Spezia, Marsiglia e Valencia ha permesso di individuare e isolare le merci militari, bloccando effettivamente il transito di armamenti.
La rete di comunicazione tra i porti coinvolge diverse realtà di lavoratori che condividono informazioni sulle navi sospette e sui flussi di merci. Questa pratica rafforza il controllo collettivo e consente di intervenire tempestivamente, bloccare carichi e protestare in modo coordinato. È una strategia che mette in crisi la normale operatività delle navi militari e commerciali con carichi di dubbia natura, soprattutto in un momento di conflitto come quello attuale.
L’esperienza dimostra inoltre che i porti civili possono essere presi di mira per l’ingresso di materiali militari senza che sempre si disponga di controlli efficaci. L’azione dei portuali si trasforma così in presidio necessario per impedire che merci di natura bellica transitino liberamente. Questo rafforza il loro ruolo, ponendoli al centro delle dinamiche legate alla sicurezza internazionale, almeno sul versante logistico-portuale.
Il coordinamento si conferma dunque una pratica fondamentale per far sentire il peso delle richieste di rispetto del diritto internazionale e della tutela delle popolazioni civili coinvolte nei conflitti. La vicenda della Cosco insegna che il potere dei lavoratori, quando agisce con unità e determinazione, può ottenere risultati che sono sfuggiti fino a oggi, mettendo un freno al traffico di armi.
Ultimo aggiornamento il 31 Luglio 2025 da Rosanna Ricci