L’industria siderurgica italiana punta forte sui forni elettrici per rilanciare la produzione di acciaio. Ma la strada è tutt’altro che semplice. A frenare ci sono soprattutto la difficoltà a reperire materie prime e il caro energia. Nel dibattito tornano così le esigenze di investimenti importanti per tenere viva una siderurgia che sia al tempo stesso competitiva e sostenibile. Intanto, il caso di Taranto e gli altri grandi progetti industriali tengono alta l’attenzione sul futuro del settore nel nostro Paese.
Forni elettrici: il cuore della produzione italiana
In Italia i forni elettrici sono già protagonisti con circa 20 milioni di tonnellate d’acciaio all’anno. Rappresentano l’85% della produzione nazionale e sono tra le tecnologie più avanzate al mondo. Offrono un vantaggio importante: riducono le emissioni e rendono il processo più pulito rispetto ai metodi tradizionali. Però per crescere servono materie prime certe e soprattutto un’energia elettrica stabile e non troppo costosa.
Antonio Gozzi, presidente di Duferco e Federacciai, ha messo in guardia recentemente a Genova: “aumentare il numero di forni senza prima risolvere questi nodi rischia di essere un azzardo.” Il settore dà lavoro a 75 mila persone e deve rimanere competitivo senza contare troppo sugli aiuti pubblici. La scommessa è puntare su investimenti privati e innovazione tecnologica. L’Italia è l’unico Paese europeo con una quota così alta di acciaio prodotto con forni elettrici. La sfida è far crescere questo sistema senza perdere i suoi punti di forza.
Taranto e gli investimenti da decine di miliardi
Il rilancio della siderurgia passa soprattutto da Taranto. Qui non si parla solo di aumentare la produzione, ma di trasformare l’impianto per abbattere le emissioni. Un progetto da miliardi, che punta a rendere lo stabilimento più green. Il piano prevede investimenti per 3,6 miliardi, ma finora è stato stanziato solo un miliardo.
Si punta molto anche su tre nuovi forni elettrici, che richiederanno almeno un altro miliardo e mezzo. A questo si aggiunge il progetto di Piombino, con circa 2,5 miliardi, modello che si vorrebbe replicare a Genova. In tutto, per rinnovare la siderurgia italiana servono quasi 10 miliardi. Il problema è trovare chi abbia la disponibilità economica per sostenere un piano così ambizioso in un momento difficile.
Energia: il tallone d’Achille dei forni elettrici
Uno dei problemi più grossi è il consumo di energia. I forni elettrici sono molto energivori, molto più degli impianti tradizionali. Collegarli alla rete non è un problema tecnico, ma il costo dell’energia pesa come un macigno.
L’Italia ha il record europeo del prezzo più alto dell’elettricità. Questo rende complicato sostenere nuovi investimenti basati sui forni elettrici senza un serio piano per abbassare i costi. Gozzi ha espresso dubbi sulla possibilità di installare cinque nuovi forni nel nostro Paese, proprio per via del caro energia. La questione energetica resta il nodo principale per capire se la siderurgia italiana potrà davvero crescere.
Il futuro della siderurgia italiana tra sfide e opportunità
Il settore siderurgico italiano deve fare i conti con due grandi sfide: cambiare tecnologia per ridurre l’impatto ambientale e trovare i soldi per gli investimenti necessari. Il modello italiano, basato sui forni elettrici, ha già dimostrato di poter conquistare una fetta di mercato importante senza aiuti pubblici.
Rimangono però problemi sul piano organizzativo e finanziario, soprattutto legati ai costi dell’energia. In Europa la competitività dipenderà non solo dalle nuove tecnologie, ma anche dalle scelte politiche su energia e finanziamenti.
Il futuro della siderurgia in Italia si giocherà su più fronti: sostenere gli impianti che ci sono, modernizzare quelli in crisi e soprattutto gestire la spesa energetica. Saranno questi i fattori decisivi per capire quale ruolo potrà avere il nostro Paese nel mercato globale nei prossimi anni.
Ultimo aggiornamento il 22 Luglio 2025 da Matteo Bernardi