Il tribunale di Genova ha emesso la sentenza per Gian Paolo Bregante, ex comandante di navi di 72 anni, ritenuto colpevole dell’omicidio della moglie avvenuto a settembre scorso a Sestri Levante. Il processo si è concluso con una condanna a 15 anni di reclusione, senza riconoscere l’attenuante della provocazione richiesta dalla difesa. La vicenda ha scosso il territorio ligure, con dettagli emersi nel corso dell’istruttoria che hanno mostrato le tensioni nella coppia e il drammatico epilogo.
Il processo e le richieste delle parti
La difesa di Bregante, affidata agli avvocati Federico Ricci e Paolo Scovazzi, ha sostenuto la tesi della totale infermità mentale dell’imputato, chiedendo il proscioglimento per incapacità di intendere e volere. In subordine era stata ipotizzata la diminuzione della responsabilità dovuta a una condizione di semi infermità. Il pubblico ministero Stefano Puppo ha invece chiesto una condanna a 12 anni, calcolando l’incidenza delle attenuanti generiche e negando che la provocazione potesse agire in modo significativo a favore dell’imputato.
Il pm ha tenuto conto anche del reato di femminicidio, ma ha sottolineato che alcune attenuanti avrebbero prevalso sull’aggravante attribuita. È stato inoltre previsto un risarcimento dei danni per il figlio della coppia, parte civile nel procedimento. Il giudice presidente Massimo Cusatti ha presieduto la Corte d’Assise e ha ascoltato le dichiarazioni spontanee rese da Bregante durante l’udienza.
Le dichiarazioni di Gian Paolo Bregante davanti alla corte
Durante l’udienza, Gian Paolo Bregante ha raccontato la sua versione dei fatti con toni confusi. Ha detto di aver provato in ogni modo a salvare la moglie e di essersi trovato in uno stato di confusione totale prima di sparare. «Ho tentato di salvarla in ogni modo – ha dichiarato – poi quel giorno non ho capito più niente e le ho sparato». La dinamica è stata ricostruita anche grazie a questa confessione spontanea, che mostra il momento di disorientamento completo dell’uomo.
Dopo l’atto, Bregante ha chiamato i carabinieri e ha riferito di aver ucciso la moglie perché lei si rifiutava di curare una depressione di cui soffriva. Secondo l’uomo, questa situazione aveva portato un progressivo deterioramento delle condizioni di vita domestica, provocando insofferenza e aggressività nella moglie. Le tensioni accumulate nel tempo sembrano quindi essere state alla base della drammatica esplosione.
Il contesto e le tensioni familiari emerse durante il processo
Le testimonianze raccolte in fase istruttoria hanno riportato uno stato di crisi nella coppia, legato in particolare alla malattia psicologica di Cristina Marini, la vittima dell’omicidio. Bregante ha inoltre ammesso che in passato non aveva mai pensato di uccidere la moglie, spiegando che al massimo, nell’ultimo anno, aveva avuto pensieri di frustrazione, forse fino a immaginare di darle uno schiaffo.
Poche ore dopo il fatto, la gip aveva parlato di un «raptus» come motivo principale, una reazione improvvisa che non era stata preceduta da intenzioni omicide. Questo quadro ha accompagnato la ricostruzione delle accuse e delle attenuanti, ma non è stato sufficiente per ridurre la pena nel giudizio finale.
Il caso di Sestri Levante resta una ferita aperta nel tessuto sociale del territorio. La condanna segna un passo nel processo giudiziario, ma lascia molte domande sulle dinamiche familiari e sociali che hanno portato a questa tragedia.
Ultimo aggiornamento il 17 Luglio 2025 da Matteo Bernardi