L’inchiesta che coinvolgeva Giuseppe D’Anna, noto come il “re delle televendite”, e i suoi figli Ruben e Joanna Golabek, si è conclusa con una serie di proscioglimenti e assoluzioni. Dopo un iter giudiziario durato quasi un decennio, le accuse di associazione a delinquere e frode relative a pratiche commerciali fraudolente sono state archiviate. Il procedimento, segnato da numerosi rinvii e questioni procedurali, ha visto la prescrizione dei reati contestati e la caduta delle imputazioni per gli anni successivi al 2014.
Il lungo iter processuale e le accuse iniziali contro la famiglia D’Anna
Nel 2016, Giuseppe D’Anna e suo figlio Ruben erano stati arrestati per un’inchiesta che coinvolgeva l’acquisto e la vendita di gioielli scadenti spacciati per prodotti di valore durante trasmissioni di televendite. La procura aveva contestato un’associazione a delinquere, sostenendo che i D’Anna comprassero in Asia pezzi di bassa qualità, rivenduti in Italia a prezzi gonfiati. Secondo le perizie, il valore reale dei gioielli era inferiore del 30% rispetto a quello dichiarato negli spot televisivi. Oltre agli arresti, erano stati posti sotto sequestro beni per un valore di oltre 15 milioni di euro.
Durante l’istruttoria, i legali difensori – tra cui Nicola Scodnik, Paolo Costa, Ennio Pischedda e altri – erano riusciti a ottenere il dissequestro di quasi metà dei beni. Parallelamente, la procura aveva avanzato richieste diverse per gli imputati: il proscioglimento per D’Anna senior e pene detentive per i figli Ruben e Joanna .
Le vicende giudiziarie tra sospensioni e prescrizioni
Il processo si è protratto per quasi nove anni, caratterizzato da continui stop causati da questioni procedurali, con tre udienze preliminari rifatte per motivi tecnici. Nel frattempo, alcune delle accuse più gravi sono cadute per prescrizione, soprattutto quelle relative al periodo fino al 2014. Per i fatti successivi, invece, i giudici hanno stabilito che il reato non sussisteva o non era stato commesso.
Questo ha portato infine a una sentenza di assoluzione e proscioglimento per tutti gli imputati, che ha fatto cadere le ipotesi di reato contestate nella prima fase dell’indagine. Nonostante la parziale prescrizione, il procedimento ha avuto ripercussioni importanti sul patrimonio della famiglia D’Anna, con sequestri e misure cautelari applicate nel corso degli anni.
Le misure di prevenzione sui beni della famiglia D’Anna dopo il processo
Anche se il processo penale si è chiuso con l’assoluzione, la vicenda ha mantenuto conseguenze sui beni e le attività della famiglia D’Anna. Nel 2022, è stato confermato il passaggio in giudicato della confisca di numerosi immobili, conti correnti e società, per un valore complessivo vicino ai 10 milioni di euro. Questa confisca è stata disposta come misura di prevenzione, procedura parallela rispetto al processo penale.
I legali stanno ora valutando possibili azioni future, tra cui la richiesta di revisione delle misure di prevenzione una volta che la sentenza finale di proscioglimento diventerà definitiva. Questa fase potrà definire il destino degli asset confiscati e potrebbe riaprire il confronto pubblico e giudiziario sulle responsabilità e la gestione economica della famiglia D’Anna.
Il caso rappresenta un esempio delle difficoltà e della complessità delle indagini su frodi commerciali nel settore delle televendite, dove le procedure giudiziarie si sono prolungate a lungo e hanno imposto interventi cautelari, prima di giungere a una decisione definitiva sui fatti e sulle persone coinvolte.
Ultimo aggiornamento il 24 Luglio 2025 da Luca Moretti