Home Licenziata la maschera del teatro alla scala dopo il grido “palestina libera” durante il concerto di maggio 2025

Licenziata la maschera del teatro alla scala dopo il grido “palestina libera” durante il concerto di maggio 2025

Una maschera del teatro alla Scala di Milano è stata licenziata dopo aver urlato “Palestina libera” durante l’ingresso della presidente Giorgia Meloni a un concerto dell’Asian Development Bank.

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Una maschera del teatro alla Scala è stata licenziata dopo aver urlato "Palestina libera" durante un evento con la presenza della premier Meloni, scatenando tensioni politiche e sindacali sul diritto di espressione nel prestigioso teatro milanese. - Unita.tv

L’episodio è avvenuto il 4 maggio scorso, quando una maschera del teatro alla Scala di Milano ha urlato “Palestina libera” all’ingresso della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel palco reale durante un concerto organizzato dall’Asian Development Bank e dal ministero dell’Economia. A distanza di quasi un mese, la donna è stata licenziata dalla direzione del teatro, come ha annunciato il sindacato di base Cub Informazione&Spettacolo con un comunicato diffuso nella giornata del 29 maggio.

Il contesto dell’evento al teatro alla scala

Quel 4 maggio 2025, la Scala ha ospitato un concerto di rilievo promosso dall’Asian Development Bank in collaborazione con il ministero dell’Economia e delle Finanze. La presenza di Giorgia Meloni e del ministro Giancarlo Giorgetti ha conferito un alto profilo all’evento. La manifestazione musicale ha richiamato anche esponenti politici e rappresentanti istituzionali. Al momento dell’entrata della presidente del Consiglio nel palco reale, una delle maschere del teatro ha pronunciato ad alta voce la frase “Palestina libera”, attirando immediatamente l’attenzione degli ospiti e dello staff.

Quel grido ha scatenato una serie di reazioni che si sono propagate fino al licenziamento della stessa lavoratrice di sala. La Scala, considerata un simbolo culturale e istituzionale, si è trovata al centro di una vicenda che ha intrecciato politica, diritti civili e pressioni interne legate all’ordine pubblico durante eventi ufficiali con alta presenza governativa.

Le motivazioni del licenziamento e la posizione della direzione

La direzione del teatro ha reagito definendo l’episodio come una grave violazione degli ordini di servizio affidati al personale di sala. Nel provvedimento di licenziamento, firmato dal sovrintendente Fortunato Ortombina, si sottolinea come la maschera abbia tradito la fiducia dell’istituzione, comportandosi in modo non consono e disobbedendo ai regolamenti interni. Il licenziamento è stato così giustificato da motivi disciplinari, in relazione alla condotta tenuta durante il concerto.

In una nota diffusa dal sindacato Cub Informazione&Spettacolo, si fa riferimento a questo come a un “verdetto ghigliottina” imposto dalla direzione, sottolineando il clima di tensione che questo genere di provvedimenti può generare in ambienti di lavoro sensibili e esposti a pressioni politiche. Il sindacato ha annunciato l’intenzione di mettere in campo azioni a tutela della lavoratrice licenziata, definendola “coraggiosa” per aver pronunciato quelle parole.

Le reazioni del mondo sindacale e le implicazioni politiche della vicenda

Il sindacato Cub ha evidenziato che la decisione di licenziare non può essere letta come un fatto isolato, ma come parte di una riduzione degli spazi di espressione all’interno di un teatro che, nella sua storia, ha sempre rappresentato un luogo aperto al dibattito culturale e politico. Secondo Cub, la direzione ha reagito duramente per non turbare interessi politici, in particolare considerando il contesto della presenza governativa durante l’evento.

Da parte del sindacato, la posizione è chiara: esprimere solidarietà verso la causa palestinese e la denuncia contro i fatti di Gaza è un gesto diffuso e condiviso da milioni di giovani in diverse parti del mondo. Cub accusa l’amministrazione del teatro di aver sacrificato la lavoratrice per compiacere il governo guidato da Giorgia Meloni, considerato responsabile di un presunto silenzio “complice” in relazione allo scenario nel Medio Oriente.

Questo episodio ha inoltre richiamato l’attenzione sul decreto sicurezza varato dal governo, che il sindacato ritiene possa contribuire a limitare le libertà individuali e gli spazi democratici, anche in luoghi tradizionalmente deputati alla libera espressione come appunto il teatro alla Scala.

L’impatto sull’ambiente culturale e la vita del teatro alla scala

La Scala rappresenta da sempre un punto di riferimento della cultura italiana e internazionale, luogo dove teatro, musica e politica si intrecciano. L’allontanamento di una maschera per una manifesta protesta politica scuote gli equilibri di un’istituzione chiamata a gestire eventi di portata nazionale e internazionale.

L’episodio ha suscitato dibattiti all’interno del mondo dello spettacolo e tra gli addetti ai lavori, che si interrogano sulle condizioni di lavoro e sulle limitazioni alla libertà di espressione. Molti sottolineano come la Scala abbia faticato a mantenere un equilibrio tra la propria autonomia culturale e la pressione esercitata dal rango degli ospiti, in questo caso la massima carica del governo italiano.

La direzione del teatro, pur cercando di garantire l’ordine e il rispetto delle regole durante un evento pubblico di rilievo, si ritrova a navigare in un mare di tensioni che coinvolgono differenti livelli: politico, sindacale e culturale. A emergere è una macchina istituzionale chiamata a difendere un’immagine internazionale, mentre si scontrano forze che chiedono più trasparenza e apertura verso le istanze sociali manifestate anche in contesti storicamente poco politicizzati come la Scala.