L’edipo re di sofocle torna in scena al teatro romano di ostia antica, inaugurando il festival estivo promosso dal teatro di roma. La regia firmata da luca de fusco propone una lettura che mescola il dramma antico con elementi visivi e psicologici contemporanei, dando nuova vita a uno dei testi più celebri del teatro greco. Lo spettacolo unisce interpreti riconosciuti, scenografie suggestive e musiche originali per immergere il pubblico nella tragedia senza tempo che ruota attorno a edipo e alla sua tragica scoperta.
La messa in scena: equilibrio tra antico e visivo moderno
Lo spettacolo si apre con un’immagine potente: sullo schermo ottagonale al centro del palco appare un tappeto umano fatto da corpi distesi, simbolo della peste che affligge tebè. L’ingresso di edipo avviene tra queste figure sofferenti mentre riflette sulla missione affidata a creonte per consultare apollo riguardo all’epidemia. Questo incipit suscita subito attenzione grazie all’impatto visivo forte ma sobrio.
Un bilanciamento tra tradizione e innovazione
La regia di de fusco gioca su un delicato bilanciamento fra la forza narrativa originaria del testo sofocleo e uno sguardo psicanalitico più moderno. Le scene richiamano spesso immagini care a magritte, creando un’atmosfera sospesa tra realtà onirica e drammaticità concreta. Il ricorso frequente agli inserti filmati arricchisce lo spettacolo offrendo diversi livelli interpretativi senza distrarre troppo dall’essenza della vicenda.
Gli attori principali sostengono questo impianto con prestazioni solide: luca lazzareschi interpreta edipo sfaccettandone i conflitti interiori; manuela mandracchia offre una giocasta intensa nel suo tormento; paolo serra dà corpo a creonte con sicurezza; completano il cast francesco biscione, paolo cresta e alessandro barletta in ruoli secondari ma ben delineati. Le musiche originali composte da ran bagno accompagnano i momenti chiave sottolineando tensione o malinconia.
Traduzione e linguaggio: una scelta moderna dalla vena psicanalitica
La versione proposta utilizza la traduzione curata da gianni garrera che si discosta dalla lingua classica per adottare toni colloquiali vicini al parlato quotidiano contemporaneo. Alcune scelte lessicali sorprendono come “geneticamente” o riferimenti ai sogni dove madri si fondono ai figli, segnalando chiaramente l’intenzione di leggere il testo attraverso la lente della psicanalisi.
Questa scelta linguistica rischia talvolta di far pendere lo stile verso un registro troppo vicino al dramma borghese ma nei momenti topici – come lo scontro fra edipo e giocasta – riesce invece a trasmettere una dolcezza dolorosa fatta anche d’intimità emotiva vera. Nel dialogo tormentato emergono dubbi profondi mentre le rivelazioni iniziano ad affiorare portando avanti la tensione narrativa fino alle sue conseguenze estreme.
Trama essenziale dell’edipo re nella versione teatrale attuale
edipo re racconta la storia dell’uomo chiamato a salvare tebè dalla peste consultando apollo tramite creonte. La verità nascosta dietro l’assassinio del re laiò emerge lentamente grazie all’indagine dello stesso edipo che non teme neppure quando intuisce quanto possa essere sconvolgente per lui scoprire le proprie origini reali: ha ucciso suo padre biologico senza saperlo; ha sposato sua madre ignaro delle vere relazioni familiari poiché era stato adottato dopo essere stato abbandonato neonate dai genitori naturali spaventati dal destino segnato su di lui fin dalla nascita.
Crisi e consapevolezza tragica
Questa tragica consapevolezza porta alla crisi estrema durante cui edipo assume anche i tratti dell’indovino tiresia rappresentandone dentro se stesso quel sapere inconscio che diventa inevitabile realtà oggettiva davanti agli occhi ciechi scelti poi simbolicamente mediante l’autoflagellazione finale usando le fibbie della cintura appartenuta alla madre suicida giocasta.
Simbolismi scenici controversi nelle scelte registiche
Alcuni dettagli sul piano scenografico appaiono meno chiari o spiegati nell’allestimento: tiresia è rinchiuso in una gabbia sospesa come fosse uccello prigioniero – elemento accompagnato dal canto degli uccelli – lasciando aperta ogni interpretazione sulla natura metaforica o funzionale dello spazio assegnatogli nello spettacolo.
Inoltre il servo pastore incaricato della rivelazione finale veste abiti modernissimi , inserendo così personaggi “magrittiani” simili alla gente comune presente sulle scene suggerendo forse uno straniamento voluto ma non sempre coerente col contesto storico originale. Questi dettagli convivono insieme ad altri elementi evocativi presenti nelle immagini proiettate sullo schermo come nuvole, cipressi, statue ispirate alle opere pittoriche citate.
I costumi firmati da marta crisolini maltesta offrono comunque linee efficaci capaci da soli quasi bastare allo sviluppo estetico richiesto dall’allestimento.
Accoglienza del pubblico ed appuntamenti futuri dello spettacolo
Nonostante qualche riserva sollevata dagli spettatori legata soprattutto alla presenza imponente dello schermo digitale nel cuore architettonico teatrale antico, lo spettacolo è stato accolto favorevolmente ottenendo lunghi applausi. La capacità evocativa delle scene unite alla recitazione intensa hanno conquistato buona parte degli spettatori rendendola esperienza coinvolgente pur mantenendosi fedele allo spirito originale pur riducendo alcune parti corali ormai spesso eliminate nelle produzioni moderne.
L’edizione resterà all’ostia antica festival fino al 6 luglio. Dopo sarà protagonista al campania teatro festival nei giorni 9-10 luglio; infine farà tappa internazionale partecipando dal 18 luglio alle giornate teatrali spagnole nel prestigioso festival internazionale di mérida.