Ogni anno, con la chiusura delle scuole e di altri centri diurni durante l’estate, si ripresenta la stessa difficoltà per molti educatori assunti da cooperative sociali. In particolare in Lombardia, ma non solo, migliaia di lavoratori si trovano senza retribuzione per diversi mesi, spesso con salari già bassi. La questione ha richiamato l’attenzione ieri con una manifestazione davanti al Pirellone, sede del Consiglio regionale di Milano. I lavoratori, rappresentati dal sindacato Usb, chiedono un’immediata soluzione per avere continuità nel reddito e una stabilizzazione dei loro rapporti di lavoro.
L’impatto delle chiusure estive sugli stipendi degli educatori
In Lombardia e in gran parte d’Italia, circa 70mila lavoratori impegnati nel supporto educativo presso cooperative sociali rischiano di rimanere senza stipendio durante i mesi in cui scuole e centri dedicati a persone con disabilità o minori chiudono. Questi lavoratori, spesso con retribuzioni al di sotto dei mille euro mensili, dipendono fortemente da un salario stabile per far fronte alle spese quotidiane. La sospensione dello stipendio si traduce in un periodo di forte precarietà economica e difficoltà a mantenere un equilibrio finanziario.
Servizi essenziali ma senza protezione economica
Il fenomeno riguarda soprattutto chi opera in servizi considerati essenziali per il benessere sociale, ma esternalizzati e affidati a cooperative. La mancanza di una forma di tutela che garantisca una compensazione economica anche quando le attività didattiche o assistenziali sono interrotte crea un gap nel reddito. La richiesta più pressante di questo gruppo è l’internalizzazione del lavoro, ovvero il passaggio diretto al Ministero dell’Istruzione, che garantirebbe una gestione più diretta e continua del rapporto di lavoro e delle retribuzioni.
La protesta davanti al pirellone e l’attenzione delle istituzioni regionali
L’azione organizzata ieri a Milano nei pressi del Pirellone ha portato a confrontarsi con l’assessora regionale all’Istruzione, Simona Tironi. È stata un’occasione per mettere in luce un problema che trascende la regione e coinvolge migliaia di lavoratori invisibili, con cartelli che richiamavano “diritti e salari invisibili”. L’incontro ha coinvolto rappresentanti di diverse forze politiche, sia di maggioranza che di opposizione, che hanno espresso solidarietà ai manifestanti.
Un primo passo per riconoscere il ruolo degli educatori
La presenza di Simona Tironi ha rappresentato un passo avanti nell’intenzione di riconoscere il ruolo di questi educatori nel sistema pubblico. Il confronto ha sottolineato la necessità di approcci nuovi, studiati per assicurare che durante le pause estive non si interrompa anche il supporto economico ai lavoratori. Si è ipotizzata la possibile introduzione di strumenti finanziari o meccanismi di copertura da parte della Regione Lombardia come primo tentativo di mitigare il problema.
Le richieste sindacali e gli scenari nazionali sul reddito dei lavoratori sociali
Il sindacato Usb ha rilanciato le criticità più urgenti: l’assenza di continuità salariale, il mancato accesso alla Naspi e la sospensione del sussidio Inps, che rappresentava una boccata d’ossigeno per chi rimane senza lavoro per alcuni mesi. Elena Lott, sindacalista Usb, ha spiegato che senza tutele adeguate questi educatori rischiano un aggravamento della loro condizione economica.
Modelli locali e mobilitazioni nazionali
L’ipotesi di far partire dalla Lombardia un modello che copra i mesi di inattività è stata avanzata per rompere questo circolo negativo. A livello nazionale, la mobilitazione ha preceduto uno sciopero generale delle cooperative sociali tenuto a maggio, segno di un malcontento diffuso e condiviso. A breve è prevista anche una manifestazione dei lavoratori somministrati dal Ministero dell’Interno impegnati nei servizi di immigrazione, molti dei quali a rischio licenziamento a Milano per l’interruzione del servizio. Le sigle sindacali coinvolte hanno annunciato un presidio davanti all’agenzia Randstad per sollevare un altro conflitto legato alla precarietà.
Gli educatori delle cooperative sociali restano, dunque, al centro di una tensione sociale che riflette i limiti di un sistema di appalti esterni, incapace di offrire certezze nel lavoro e nel reddito soprattutto nei periodi di pausa delle attività istituzionali.