Il giubileo diocesano del mondo della comunicazione ha preso il via all’università cattolica di milano, con un messaggio che guarda oltre le tensioni di questi tempi. L’arcivescovo mario delpini ha incontrato giornalisti, studenti e comunicatori parrocchiali, richiamando un percorso che unisce speranza e impegno. Al centro, il richiamo alle parole del nuovo papa leone XIV e la riflessione sul ruolo della chiesa in un mondo che cambia. Qui, raccontiamo i passaggi principali e il dialogo che si è sviluppato intorno al tema della comunicazione ecclesiale oggi.
L’augurio di mario delpini: vedere i campi pronti per la mietitura
L’arcivescovo mario delpini ha aperto il giubileo citando un’immagine evangelica, quella dei campi che già biondeggiano per la mietitura. È un simbolo di speranza che contrasta con il clima di paura e incertezza che caratterizza il presente. Delpini ha ripreso il saluto di robert francis prevost, nuovo pontefice con il nome di leone XIV, che ha parlato di una “pace disarmata e disarmante”. Il messaggio indica un percorso non semplice, che richiede riflessione profonda e autocritica, ma promette frutti importanti.
L’arcivescovo ha esortato la chiesa a sostenere questo cammino, mettendo a frutto quella disponibilità alla pace e al dialogo che si attende da un momento storico così delicato. Il riferimento biblico serve a sottolineare che la scena mondiale non è irrimediabilmente segnata dall’angoscia ma può invece aprirsi a una nuova stagione. Sono parole che inquadrano il compito dei credenti e di tutta la comunità ecclesiale in un’ottica di responsabilità e attesa costruttiva.
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Delpini ha inoltre raccontato dell’origine americana di papa leone XIV, sottolineando però che il pontefice non è solo un papà statunitense. Essendo agostiniano, ha spiegato, oltrepassa i confini del suo paese. Il suo percorso l’ha portato a viaggiare assai più fuori dai confini nazionali che dentro, consolidando una visione globale della chiesa. Questo dato ha un rilievo particolare anche per via della lunga presenza degli agostiniani a milano, soprattutto nella parrocchia di santa rita, visita più volte da prevost quando era cardinale.
Comunicare la chiesa oltre gli stereotipi: il dialogo con mario calabresi e don stefano stimamiglio
Il giubileo ha incluso un confronto tra mario calabresi, giornalista di lungo corso, e don stefano stimamiglio, esperto di comunicazione ecclesiale. Durante l’incontro, delpini ha richiamato la forza comunicativa di papa francesco. Ha evidenziato come il pontificato abbia saputo coniare espressioni molto efficaci, capaci di sintetizzare messaggi profondi in formule che entrano nel linguaggio comune.
Espressioni come “la chiesa in uscita” oppure “la chiesa è un ospedale da campo” sono state citate come esempi di questa capacità. Non si tratta soltanto di slogan o battute, ma di proposte dalla grande portata, che orientano comportamenti e riflessioni di credenti e operatori. Queste parole sono diventate guide concrete nell’azione pastorale, aiutando a definire con chiarezza la missione della chiesa oggi.
Delpini ha anche commentato la reazione dei media in seguito alla morte improvvisa di papa bergoglio e al conclave. Ha definito la copertura “eccessiva”, frutto però di una attenzione planetaria che esprime una domanda profonda dell’umanità. Il pontificato è percepito come un punto di riferimento in tempi complessi, e questo ha giustificato la maratona mediatica, social compresi, che si è sviluppata intorno agli eventi degli ultimi giorni.
Un invito ai giornalisti: parole che nutrono e accendono
L’arcivescovo ha rivolto un messaggio specifico agli operatori della comunicazione. Ha sollecitato a cercare parole che non si limitino a coprire la realtà, ma che dissetino, che diano energia come un fuoco. L’attenzione va diretta verso un linguaggio capace di illuminare, di offrire senso e profondità a chi ascolta o legge.
Un momento significativo dell’incontro si è svolto nella basilica di sant’ambrogio, luogo storico e simbolico nel cuore di milano. Qui delpini ha consegnato una lettera agli operatori della comunicazione intitolata “da grande vorrei fare il giornalista”. La lettera si presenta come un dialogo ideale tra un giovane che sogna di lavorare nel giornalismo e diverse figure di riferimento: un professore, un direttore di testata, un sacerdote e infine il papa francesco.
Attraverso questo espediente narrativo il testo suggerisce una guida concreta, fatta di consigli pratici e riflessioni sincere su cosa significhi oggi raccontare storie e comunicare valori religiosi in un mondo complesso. La scelta di scrivere pensando a un giovane alle prime armi evidenzia l’attenzione per la formazione e per le nuove generazioni di comunicatori ecclesiastici.