L’Appennino centrale rinasce dopo il sisma del 2016 grazie a artigiani agricoltori e pmi dei borghi

A quasi dieci anni dal terremoto del 2016, l’Appennino centrale mostra segni di rinascita grazie a progetti che uniscono economia locale, cultura e turismo lento, sostenuti da iniziative come NextAppennino.
A quasi dieci anni dal terremoto del 2016, l’Appennino centrale si rilancia grazie a una ricostruzione integrata che unisce tutela del territorio, innovazione sociale, sostegno alle PMI e turismo lento, promossa anche dal programma NextAppennino e da iniziative locali come il Birrificio Happennino. - Unita.tv

A quasi dieci anni dal terremoto che ha colpito duramente l’Appennino centrale nel 2016, quest’area presenta segnali concreti di recupero e rilancio. Le strategie messe in campo hanno superato la semplice ricostruzione degli edifici, puntando a una rinascita più ampia, che coinvolge economia locale, cultura e ambiente. Le voci degli artigiani, degli agricoltori e delle piccole e medie imprese convivono ora con progetti che toccano turismo lento e innovazioni sociali, creando una rete di sostegno che sostiene la vita nei borghi.

Il ruolo del commissario straordinario guido castelli nella rinascita dell’Appennino

Il Commissario straordinario alla ricostruzione, Guido Castelli, ha svolto un ruolo cruciale nel rilancio dell’Appennino centrale, accompagnando la fase post-sisma con un piano che va oltre la semplice riparazione dei danni. Castelli ha promosso una visione che coniuga la messa in sicurezza degli abitati con la valorizzazione del territorio in senso ampio. L’obiettivo è stato rigenerare i borghi partendo da radici profonde, mettendo in campo strumenti digitali, interventi infrastrutturali, e supporto alle attività tradizionali.

Innovazione dolce per rafforzare le comunità

L’approccio di Castelli si basa su una “innovazione dolce”, che lascia intatti i segni della storia, ma apre strade nuove per chi vive e lavora in quelle zone. La ricostruzione è diventata un volano per rafforzare le comunità, con iniziative mirate a salvaguardare i manufatti storici, recuperare le antiche mulattiere e rilanciare mestieri artigianali legati al legno, al tessile e all’agricoltura. Il coinvolgimento diretto delle comunità locali e la valorizzazione dell’identità culturale contribuiscono a mantenere vivo quel senso di appartenenza e di continuità che rischiava di perdersi.

Castelli ha spesso sottolineato che il rilancio parte dalle persone: “dai giovani imprenditori agli anziani custodi della tradizione, tutti trovano spazio nelle politiche pubbliche”. L’intreccio tra recupero urbanistico e rigenerazione socio-culturale fa della ricostruzione un progetto globale, con una nuova attenzione verso i servizi e le opportunità lavorative. In pratica, il territorio non viene più visto solo come area da sistemare, ma come territorio da rivitalizzare con idee e progetti pragmatici.

Turismo lento e scoperta dei cammini: un nuovo motore economico

Tra i fattori che alimentano la ripartenza dell’Appennino centrale, il turismo lento emerge come elemento chiave. L’area montana offre infatti sentieri e cammini che attraversano paesaggi naturali ancora selvaggi e borghi medievali, inframezzati da una storia di resilienza che richiama sempre più visitatori in cerca di esperienze autentiche. Percorsi come quelli nei Monti Sibillini o sul Gran Sasso sono diventati luoghi ideali per chi vuole un viaggio diverso, fatto di piccoli passi, storie locali e incontri con artigiani e produttori.

Il turismo lento si basa su una rete di servizi che si è evoluta, integrando offerte tradizionali e strumenti digitali. Grazie anche ai fondi del programma NextAppennino, molte strutture ricettive e operatori culturali hanno riallacciato i fili con la realtà locale, offrendo accoglienza diffusa e attività previste per ogni tipo di viaggiatore. Le vie dei pastori, un tempo usate per la transumanza, sono state recuperate come itinerari tematici, con percorsi spirituali, trekking, biciclette.

Questo modello turistico si lega all’economia rurale e artigianale del territorio. I flussi di visitatori sostengono agricoltori, botteghe, guide locali e iniziative che tengono viva la memoria storica, senza sacrificare la natura. A differenza del turismo di massa, qui la presenza si fa partecipazione e scambio diretto tra ospiti e comunità. Questo rappresenta una risorsa concreta per mantenere attivi i borghi, attrarre investimenti e garantire lavoro stabile.

Nextappennino: fondi e interventi per sostenere imprese e territori

Il programma NextAppennino viene chiamato spesso come leva fondamentale nel processo di rilancio post-sisma. Con un finanziamento superiore a 1,78 miliardi di euro, garantito dal Fondo Complementare al PNRR, il piano sostiene progetti che spaziano dall’innovazione tecnologica alla sostenibilità ambientale, passando per il rafforzamento delle filiere produttive locali. L’attenzione è rivolta soprattutto alle PMI, vera spina dorsale dell’economia dell’Appennino.

Supporto alle piccole imprese agricole e artigianali

NextAppennino ha messo in campo bandi per sostenere soprattutto le piccole imprese agricole e artigianali, favorendo iniziative giovanili e migliorando la capacità di affrontare mercati nazionali e internazionali. Le microimprese funzionano come poli di rigenerazione, restituendo valore a produzioni tipiche legate al territorio. Il sostegno include anche investimenti per adeguare gli impianti produttivi, alfabetizzazione digitale e inserimento di tecnologie nuove, rispettose dell’ambiente.

Più di mille progetti di impresa hanno ottenuto finanziamenti oppure sono ancora in valutazione, con ricadute concrete sull’occupazione locale. La capacità di NextAppennino di collegare innovazione e tradizione ha dato forma a un modello replicabile in altre aree montane italiane. L’idea è quella di evitare la marginalizzazione favorendo ogni passo volto alla qualità dei prodotti e alla crescita sociale.

La testimonianza di fortunato demofonte: il birrificio happennino come esempio di resilienza e innovazione sociale

Il racconto di Fortunato Demofonte, proprietario del Birrificio Happennino, aiuta a comprendere il senso pratico di questa ricostruzione fatta di intrecci e sinergie locali. Nato ad Amatrice, nel cuore dell’Appennino centrale, il birrificio rappresenta un progetto che ha saputo trasformare i ritardi della ricostruzione in occasioni di collaborazione. Quando la sede definitiva non era pronta, Happennino ha avviato la produzione utilizzando impianti dell’Istituto Agrario Luigi di Savoia, a Rieti.

Questa collaborazione fra pubblico e privato non si limita a produrre birra ma si apre a una funzione educativa. Gli studenti dell’istituto partecipano ai processi produttivi, imparando competenze tecniche e imprenditoriali. Di fatto, la filiera brassicola diventa anche laboratorio formativo, coinvolgendo giovani in una realtà concreta e radicata nel territorio. Un esempio che unisce impresa, istruzione e comunità.

Fortunato evidenzia che il birrificio non è solo un’attività commerciale ma un progetto più ampio di rilancio territoriale. Le birre dell’Happennino utilizzano ingredienti locali come farro montano e miele dei Monti della Laga, fondendo tradizione e lavorazione artigianale. Questa scelta racchiude l’intenzione di costruire un’identità forte, capace di raccontare l’Appennino attraverso un prodotto che parla di genuinità e territorio.

Il birrificio vuole far parte di una rete che coinvolge enti, scuole, agricoltori e operatori turistici. L’idea di Fortunato è che le microimprese possono smuovere il contesto economico, se collaborano creando valore condiviso e sostenendo eventi culturali e ambientali. Non a caso, Happennino si inserisce in un percorso di turismo esperienziale, valorizzando gli spazi di Amatrice come luogo di esposizione delle eccellenze locali.

Quanto accaduto a Happennino dimostra che è possibile sviluppare una nuova economia anche dopo un terremoto, basta avere visione e radici ben piantate nella comunità. L’esperienza di Fortunato racconta di un territorio che non si ferma davanti alle difficoltà, ma sceglie di rinascere attraverso la forza delle relazioni e una visione collettiva.