La tragica storia di Leo: il bullismo e l’assenza di intervento delle istituzioni

Il caso di Leo, il quindicenne di Senigallia che si è tolto la vita nell’ottobre 2024, riaccende il dibattito sul bullismo in Italia e l’inefficienza delle istituzioni nel prevenire tali tragedie.
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La tragica storia di Leo: il bullismo e l'assenza di intervento delle istituzioni - unita.tv

Il caso di Leo, il quindicenne di Senigallia che ha tragicamente deciso di porre fine alla sua vita lo scorso ottobre, riaccende il dibattito sul bullismo in Italia. La famiglia di Leo, attraverso il proprio avvocato, ha denunciato l’inefficienza delle istituzioni nel gestire e prevenire situazioni di bullismo, evidenziando una mancanza di normative adeguate e un atteggiamento di indifferenza da parte della scuola.

La denuncia della famiglia di Leo

L’avvocato della famiglia di Leo ha sottolineato l’importanza di affrontare il bullismo da più angolazioni, non limitandosi a considerarlo un problema esclusivamente familiare o scolastico. Secondo il legale, l’Italia si trova in una situazione di grande vulnerabilità, priva di leggi specifiche per la prevenzione e la punizione di atti di bullismo. Durante un collegamento in diretta, ha evidenziato come la scuola di Leo non abbia mostrato alcun segno di solidarietà nei confronti della famiglia, né abbia intrapreso azioni concrete per affrontare la situazione. Anzi, il preside dell’istituto aveva inizialmente proposto di punire gli studenti in base alle lamentele dei genitori, una decisione che è stata successivamente ritirata solo dopo che il caso ha attirato l’attenzione dei media.

L’assenza di supporto da parte della scuola

La scuola, secondo quanto dichiarato dall’avvocato, ha mantenuto un atteggiamento di chiusura e difensivo, negando qualsiasi responsabilità e cercando di proteggere la propria immagine. Non sono stati inviati messaggi di cordoglio ai genitori e non è stata offerta alcuna collaborazione per chiarire quanto accaduto. A novembre, l’avvocato ha richiesto il sequestro dei cellulari dei presunti bulli, ma la procura ha ritenuto opportuno attendere l’analisi del cellulare di Leo prima di procedere, un ritardo che ha suscitato indignazione.

Le rivelazioni dalla perizia informatica

Recentemente, la famiglia ha ricevuto una perizia informatica sul cellulare di Leo, che ha sollevato ulteriori interrogativi. Nelle conversazioni esaminate, sono emersi i nomi di quattro ragazzi, due maschi e due femmine, che avrebbero preso di mira Leo. Tre di questi nomi erano già stati identificati dalla famiglia. La perizia ha analizzato solo alcune chat, escludendo altre comunicazioni potenzialmente rilevanti. Tra queste, una conversazione con un amico che aveva difeso Leo e che, secondo quanto riportato, era stato aggredito da uno dei bulli, il quale gli aveva intimato di non rivelare il suo nome dopo la morte di Leo.

La testimonianza del padre di Leo

Il padre di Leo ha espresso il proprio dolore e la difficoltà di affrontare la situazione, sottolineando l’atteggiamento di omertà da parte della scuola. Ha dichiarato che i fatti di bullismo erano noti e che la mancanza di intervento ha contribuito a una situazione insostenibile. La madre ha aggiunto che molti testimoni avevano visto le aggressioni, ma non hanno avuto il coraggio di parlare. Entrambi i genitori hanno chiesto che chiunque fosse a conoscenza di quanto accaduto si faccia avanti, affinché le responsabilità vengano accertate.

La richiesta di maggiore attenzione e intervento

La famiglia di Leo ha chiesto un cambiamento radicale nell’approccio delle istituzioni nei confronti del bullismo. Hanno evidenziato la necessità di un intervento tempestivo e di una maggiore responsabilità da parte degli insegnanti, che dovrebbero non solo educare, ma anche monitorare il benessere degli studenti. L’avvocato ha concluso sottolineando che le ispezioni del ministero non sono state sufficienti per far emergere la verità, e che un’azione più incisiva sarebbe stata necessaria per prevenire tragedie simili in futuro.

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