la procura di catania presenta appello contro un’altra assoluzione per violenza sessuale su una donna
La procura di Catania presenta appello contro l’assoluzione di un militare accusato di violenza sessuale, maltrattamenti e stalking, dopo che il tribunale ha respinto la richiesta di condanna.

La procura di Catania ha fatto appello contro l’assoluzione di un militare accusato di violenza sessuale, maltrattamenti, stalking e lesioni, contestando la decisione del tribunale basata su prove ritenute insufficienti. - Unita.tv
La procura di catania ha deciso di presentare appello contro un’assoluzione emessa dallo stesso tribunale della città, riguardante un militare accusato di violenza sessuale, maltrattamenti, stalking e lesioni. La vicenda, complicata e articolata, ha visto il tribunale respingere la richiesta di condanna a nove anni di reclusione. La decisione, motivata in oltre 60 pagine, non ha convinto l’accusa che punta a ribaltare il giudizio. L’articolo ricostruisce i fatti e le ragioni di questa battaglia legale che coinvolge non solo la vittima ma anche questioni di prova e credibilità.
Le accuse mosse contro il militare e le richieste della procura
Il militare era stato accusato di una serie di violenze gravi che hanno segnato la vita di una donna e della sua famiglia. L’inchiesta ha raccolto varie testimonianze e documenti, tra cui un episodio che avrebbe messo a rischio la gravidanza della vittima durante una delle presunte aggressioni. Nel corso delle indagini sono emersi episodi di insulti e violenze ripetute che avrebbero avuto un forte impatto psico-fisico. La procura aveva richiesto una condanna severa, con una pena di nove anni, in considerazione della gravità delle accuse.
La donna ha denunciato soprattutto maltrattamenti e stalking, segnalando una convivenza segnata da continue tensioni che hanno portato a conseguenze fisiche e psicologiche importanti. Il figlio di quella relazione è nato nonostante i rischi di aborto legati agli episodi denunciati. Il quadro presentato dall’accusa descriveva una situazione di sopraffazione quotidiana, con effetti distruttivi sulla vittima e sull’ambiente familiare.
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Le motivazioni del tribunale e l’analisi delle prove
Nonostante le accuse, il tribunale di catania ha deciso di assolvere il militare. Nelle motivazioni si legge che il materiale probatorio non ha offerto una chiara prova della sistematica sopraffazione da parte dell’imputato. La ricostruzione della vicenda, scritta in oltre 60 pagine, ha evidenziato alcune incongruenze e lacune nel racconto della donna.
Un punto centrale per i giudici è stata la mancanza di una denuncia tempestiva: la vittima ha denunciato con un ritardo che ha fatto sorgere dubbi sull’attendibilità della sua versione. Il tribunale ha esaminato ogni elemento, dalle fotografie di un episodio del dicembre 2017 – che mostrano lividi e gonfiori – alle testimonianze, tra cui quella della madre della donna. Queste prove non sono state ritenute convincenti per dimostrare la violenza sistematica.
Inoltre, il tribunale ha osservato che nel 2018, quando un carabiniere ha visitato la casa per accertamenti e ha notato segni di arrossamento sul corpo della donna, lei non ha riferito abusi passati. Questo dato ha suscitato ulteriori perplessità, in particolare perché il cosiddetto codice rosso per la protezione delle vittime è sloggiato in vigore solo nel 2019.
Le testimonianze mediche e la complessità della ricostruzione
Tra gli elementi portati nel processo va segnalato un certificato medico del pronto soccorso risalente al marzo 2018. La documentazione descrive un trauma addominale causato da un tentativo di strangolamento, con diverse ecchimosi sulle braccia e il collo della donna. Per la prognosi sono stati indicati dieci giorni di cura.
Un dettaglio rilevante è la testimonianza del figlio maggiore della vittima, nato da un’altra relazione. Il ragazzo ha raccontato di aver sentito urla di aiuto provenire dalla madre, ma il tribunale ha aggiunto una nota sulle dichiarazioni della stessa vittima, che aveva spiegato di essere diventata afona, quindi incapace di gridare in alcune circostanze.
I giudici hanno espresso dubbi sulla natura delle urla e della presunta aggressione, lasciando aperta la possibilità che gli eventi siano stati il risultato di una colluttazione reciproca. Il tribunale ha sottolineato l’impossibilità di stabilire con certezza chi fosse l’aggressore e chi la vittima in diversi episodi, complicando la ricostruzione degli eventi.
La complessità del caso e la mancanza di prove chiare hanno portato a una sentenza che ha sollevato numerose reazioni, spingendo la procura a voler riportare la questione davanti a un giudice d’appello. Il procedimento seguirà ora un nuovo capitolo della vicenda giudiziaria, con attese e attenzione sulle prossime decisioni.